Baglioni Notebook

04/10/2016 Nota di Claudio Baglioni 

L’isola è piatta sotto le nuvole.

Samuele gira intorno al pino invecchiato

squadrandolo attento.

Quindi s’arrampica e sale sull’albero

per tagliargli una parte di ramo.

Gli servirà per farsi una fionda.

‘Un pezzo di legno seccato così

non lo piega neanche la mano di Dio”

dice al suo amico

mentre affiancati si finiscono l’arma

con una fettuccia di elastico giallo.

Stanno spesso insieme a fare battaglie

con un gesto curioso del braccio

alzandolo da giù a su per caricarlo

mentre con la bocca fanno gli spari.

Ai grandi radioricevitori a levante

arriva un appello di voce di donna:

“Stiamo affondando.

Siamo in tanti. Donne e bambini.

Vi prego. Dateci aiuto”

La radio dell’isola sta diffondendo

‘E vui durmiti ancora’

tra i pensili della cucina economica

di una casa di Lampedusa.

Una donna ascolta notizie di naufraghi

e commenta “Povera gente”.

Samuele e l’amico vanno tra nidi notturni

a caccia di uccelli

ma la mira non è tanto buona

e quelli grandi volano via.

Nel porto arrivano visi e polsi smagriti.

Il pescatore guarda le foto della sua vita

passata nei mari di mezzo mondo.

Perfino in Corea “ma non è un bel vivere.”

Il medico Pietro Bartòlo

è al Centro di Pronto Soccorso

e fa un’ecografia a una donna sbarcata.

È incinta di due gemelli che stanno bene

malgrado il viaggio e gli sbattimenti.

Si scorgono i tratti, le fronti, le nuche.

Samuele e il suo amico con i coltellini

fanno gli occhi e la bocca

alle foglie carnose dei fichidindia

e poi giocano contro di loro alla guerra

con le fionde e le miccette esplosive.

Il subacqueo respira in iperventilazione

e si tuffa in apnea in un bassofondo.

Samuele legge una rivista in inglese

e la nonna gli narra di un tempo lontano

in cui gli uomini andavano a pesca

e le donne gli davano il pane a portare

“Era notte, c’era paura e tempesta.

Durante la guerra il mare si faceva rosso.

C’era come fuoco a mare.”

Le navi della Marina perlustrano intorno

e Samuele dalla costiera prova a colpirle.

Lo speaker alla radio trasmette dediche

“Se c’è tempo cattivo non si può uscire.

E ora ascoltiamo Fuoco a Mare.”

L’oculista misura la vista a Samuele.

Ha un occhio pigro e non vede bene.

Per stimolarlo dovrà portare una benda

su quello buono.

I migranti ancora intontiti e zuppi di nafta

son perquisiti e fotografati col numero.

Occhi bassi, persi, svuotati. Riconoscenti.

Alcuni cantano un brano tradizionale

e uno in inglese ci fa sopra un racconto.

Un controcanto ritmico come un hip hop.

Parla del lungo viaggio per arrivare

“La vita è un rischio e bisogna rischiare.

Dio, non farci morire nel deserto.”

Samuele e il pescatore escono a calamari.

Il mare è agitato e gli viene da vomitare.

Il pescatore la sera, nel silenzio della cena

rotto dal sibilo degli spaghetti succhiati,

gli dice di andare sul pontile quand’è risacca

e abituare lo stomaco a non stare male.

Pietro rivede al computer scene di sbarchi.

“C’è prima, seconda e terza classe

anche sopra un barcone.

Quelli che pagano meno li mettono in stiva.

Finiscono mezzi ustionati dal carburante.

Il dovere di ogni uomo che sia un uomo

è aiutarli”.

Passano ancora altre foto e altri strazi.

“I miei colleghi di posti diversi mi ripetono

‘ormai ti sarai abituato…’

Ma come si fa ad abituarsi ai bambini morti?

Alle donne incinte con il cordone ombelicale

ancora attaccato

che poi bisogna pure, per accertarne le morti,

tagliargli un dito. Un orecchio.

Un altro oltraggio.

Un incubo che mi sveglia la notte.

Mi viene una rabbia…

Come un buco dentro.”

I migranti fanno partitelle a pallone

nel cortile del centro di registrazione.

Siria contro Somalia.

Nigeria contro Eritrea.

Gridano e si stringono al gol.

Samuele ha gli occhiali e il bendaggio

e si cimenta a tirare di fionda

per capire come vanno i suoi occhi.

“Prima male male male.

Adesso ci vedo soltanto un po’ male”.

il sub si toglie gli stivali di gomma

e solitario, muta e cappuccio

e pinne torcia e boccaglio,

torna a gettarsi verso il relitto e dintorni.

Dalla radio una canzone struggente

dedicata ‘con tanto tanto amore’

entra nella cucina e nei caffè silenziosi

di Maria e Giacomino.

Samuele seduto sul banco di scuola

prova a tradurre l’aggettivo dell’insegnante.

“Felice contento depresso geloso

scioccato spaventato…”

Poi è nel bacino del porto sopra un barchino

e voga e va per imparare a remare.

“A Lampedusa sono tutti dei marinai.”

Ma s’infila tra le cime delle motovedette.

Un compagno più grande lo aiuta ad uscirne.

Altri migranti scendono sul cemento del molo.

Sopra le spalle le termocoperte lucideoro.

Pietro è nel suo studiolo e visita Samuele.

Lo ausculta con attenzione.

Gli piazza lo stetoscopio sul torace minuscolo

a controllargli i lunghi soffiati respiri.

In altomare la nave portaelicottero.

Una carretta stracolma di esseri umani

viene avvistata, raggiunta e avvicinata.

Con un gommone i soccorritori

nelle tute bianche, i guanti blu e le mascherine

prendono su quelli conciati peggio.

I collassati. Gli assiderati. I disidratati.

Gli altri con i rossi colletti di salvataggio

aspettano ipnotizzati che sia il loro turno.

Nel cassone scrostato di sotto

corpi abbracciati, accatastati, senza più vita.

Donne nere e mediorientali che piangono asciutto.

La grande nave torna sul mare di nuovo tranquillo.

A sopracoperta una fila ordinata di sacchi neri

legati come tanti pacchetti regalo.

Una luna rotonda morsicata a ponente

corre dietro un velo di nubi.

Samuele accarezza con una paglietta

il piccolo petto piumoso di un passerotto

che resta lì senza timore e senza scappare.

La donna rifà il letto e sistema bene il lenzuolo

baciando la foto in cornice che sta sul comodino

dietro alla fiammella di una candelina

e dalla radio fuoriesce un coro che prega.

Sul pontile oscillante, tutto solo Samuele

carica e scarica il suo braccio a fucile

e lo punta verso il cielo livido e annuvolato

che sta, giorno e notte, sopra l’isola piatta.

Fuocoammare.

Max Sott

Uno dei tanti Amici che condivide la propria passione CON-VOI!

4 Commenti

  1. Un sogno da incubo mi ha tormentato tutta la notte,l Europa del Nord sommersa dal mare,quella centrale devastatata dai terremoti.e tutti a scappare verso l africa,e loro che ci aiutavano a braccia tese cancellando i confini disegnati da politici e dall indifferenza di chi si sente in una posizione migliore.io ho visto cose che solo voi umani potevate fare.

  2. Questa immane tragedia dei migranti dura ormai da troppo tempo…. I discorsi dei politici e le loro promesse campate in aria non servono a nulla… occorre darsi da fare, ognuno come può e con quel che può….
    Chi ha un cuore e una coscienza non può rimanere indifferente di fronte al dolore e alla disperazione di tutta questa gente….
    “Il dovere di ogni uomo che sia un uomo è aiutarli…”
    Tu lo stai facendo da tanti anni Claudio…. grazie!
    Un abbraccio!

  3. oggi il mio cucciolo nero come il colore della pelle di queste povere anime compie due mesi un bacio claudio

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