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Articolo Claudio Baglioni su Trova Roma

La Repubblica - Trova Roma 2 giugno 2022

IL CANTASTORIE DEI NOSTRI GIORNI
IL DIVO CLAUDIO SI CELEBRA CON DODICI CONCERTI SUL PALCOSCENICO DI CARACALLA
IL DEBUTTO È IN CARTELLONE VENERDÌ 3, SI REPLICA FINO AL 19 GIUGNO

di GINO CASTALDO

Strano destino quello dei cantanti, in quest’epoca di liquide incertezze e conflitti laceranti. A volte sembrano essere l’unica certezza in un mare privo di bussole, proprio loro che a disposizione hanno il più fragile degli strumenti, qualcosa che non si può neanche toccare.

Le canzoni non esistono, non hanno consistenza materiale, e proprio per questo sono le migliori compagne di vita, garantiscono complicità emotive impareggiabili.

Lo sa bene Claudio Baglioni il quale, attraversando svariati decenni di biografia musicale, si carica di un destino ancora più sorprendente: essere un testimone unico, un narratore in grado di mettere in scena una intera vita cadenzata da canzoni.

Il primo singolo pubblicato risale addirittura al 1969 e già a dirlo sembra strano, come se parlassimo di un’altra era, e di fatto è un’altra era considerando come il mondo sia stato completamente ridisegnato negli ultimi dieci quindici anni, eppure si vede una stretta continuità tra i primi album, con quei titoli ingenui e disarmanti come “Un cantastorie dei nostri giorni”, “Questo piccolo grande amore”, “Gira che ri rigira amore bello”, e gli anni successivi, sempre più sofisticati, complessi, perchè la progressione racconta esattamente quello che oggi il pubblico che affollerà le dodici date dei concerti romani vuole vedere, ovvero la storia di una vita, con la sua evoluzione, con i suoi ripensamenti, gli amori, i pensieri, gli struggimenti, le riflessioni e i paesaggi, tutto compreso, senza tralasciare nulla.

È anche questo il potere delle canzoni, e quando si viene da così lontano si deve obbedire alla dolce autoinflitta condanna di mettere fuori tutto quello che si ha, senza limiti. Baglioni su questo terreno non è secondo a nessuno, torna a Roma, dopo averla già percorsa, esplorata, suonata in tutti i modi possibili, dopo aver riempito piazze e stadi (anche questo certamente un record di varietà e presenze) e si ritrova in un luogo magico che nel tempo si è legato alla musica in modi sorprendenti fin dal 1937, quando fu inaugurata la prima stagione operistica con la Lucia di Lammermoor e la Tosca. Uno scenario ideale, il meglio che la città possa offrire per un racconto di canzoni che rappresentano quanto di più simile possiamo immaginare oggi al melodramma, se non altro nell’ambizione di usare tutti i mezzi a disposizione del palco, musica, canto, movimenti di danza, immagini.

Saranno dodici concerti, distribuiti tra il 3 e il 19 giugno e sul palco ad accompagnare il protagonista ci saranno ben 123 tra musicisti, coristi e performer, sotto la direzione artistica di Giuliano Peparini che da tempo collabora con Baglioni per “illustrare” al meglio le sue canzoni. Possiamo immaginarlo come una specie di teatro musicale, più che un semplice concerto, un modo come un altro per rinnovare di continuo un repertorio che resiste da decenni e che atterra gloriosamente in uno dei luoghi più affascinanti della città per ricordarci che una differenza col presente c’è ed è piuttosto netta.

L’arte di fare canzoni “senza scadenza” sembra tramontata, probabilmente per volontà effimera degli stessi protagonisti della scena attuale. I cantautori come Baglioni invece quel segreto del tempo ce l’avevano in mano, forse senza neanche rendersene conto, ma oggi sono ancora lì, a raccontarlo.

PARLA BAGLIONI

“LA MIA PRIMA VOLTA NELL’ARENA ARCHEOLOGICA”
L’ARTISTA RICORDA DI AVER SUONATO PRATICAMENTE IN OGNI SPAZIO DI ROMA
DAL COLOSSEO AL TEATRO DELL’OPERA, TRANNE CHE A CARACALLA

Il sito di Caracalla porta con sé memorie antiche di musica, un tempo legate esclusivamente all’idea del melodramma, che era quasi un sinonimo, un abbinamento proverbiale a altamente turistico. Poi il prestigioso scenario fu messo a disposizione del resto delle musiche, come ricorda lo stesso Baglioni: “Come spesso succede, uno gira tutto il mondo e magari ignora molte delle meraviglie della sua città. Ho visitato il sito di Caracalla, per la prima volta, nel 1989, quando Vangelis, che se n’è andato pochi giorni fa, tenne un suo concerto nell’enorme cavea che, ogni estate, viene allestita nel complesso archeologico per ospitare opere e balletti”.

E Vangelis che, lo ricordiamo, terminò l’esibizione con una versione elettronica di “O sole mio”, era una sua vecchia conoscenza:

“Avevo lavorato con lui, sedici anni prima a Parigi, alla realizzazione dell’album “E Tu”. Poi c’eravamo incontrati di nuovo a Londra e finalmente ci ritrovavamo a Roma. Da allora ho fatto tanti progetti per salire su quel palcoscenico e altrettanti rimandi”

ma alla fine succede a partire da venerdì 3 giugno, a completare un percorso di attraversamanto della città:

“Ho cantato e suonato in cento luoghi della città. Dal balcone della casa di Centocelle a via dei Fori Imperiali, davanti al Colosseo e accanto all’Altare della Patria. Dal Palaeur al Teatro dell’Opera. Dall’Auditorium alla Sala Nervi. Dalle piazze di quartiere a piazza San Pietro. Dallo Stadio dei Marmi allo Stadio del Tennis. Sulla scalinata di Trinità dei Monti e su un camion a Ostia. Dallo Stadio Flaminio allo Stadio Olimpico. E ora mi capiterà d’esibirmi lì per dodici sere, come non è mai successo a nessun artista che non appartenga alla musica operistica o alla danza. In quello spazio unico al mondo. In quel teatro millenario che si apre verso il futuro per correre una nuova avventura tra suoni e luci, sogni e voci»

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