Tanti sì per i Lampedusani
Un riconoscimento dovuto a chi, rimboccandosi le maniche, dimostra con i fatti il significato di concetti come ‘accoglienza’ e ‘dignità umana’. È un coro di consensi alla proposta di candidare al Nobel per la pace la gente di Lampedusa, avanzata ieri sul nostro giornale e rilanciata da Berlusconi in visita sull’isola. Un ok unanime si leva dal mondo dell’associazionismo e dei movimenti cattolici. La stessa convinzione ribadita ora da Claudio Baglioni che già il 31 gennaio 2009 aveva lanciato la proposta perché quest’isola «insegna al mondo il significato delle parole civiltà e sacrificio». Lo dice il presidente dell’Azione cattolica Franco Miano. «Al di là delle appropriazioni politiche – afferma – è un segnale culturale e morale che sottolinea il valore dell’accoglienza. C’è un’Italia che lo custodisce e lo vive, che non può essere rappresentata da chi si fa portavoce di forme di chiusura egoistica ». Per l’Ac «quella dei Lampedusani è anche una grande provocazione, alla politica nazionale incapace di accogliere e a quella internazionale ancora priva di organismi in grado di agire, se non con le armi».
Entusiasta anche Carlo Costalli, presidente di Mcl : «Sarebbe la prima volta di un Nobel per la pace a gente comune, rispetto alle assegnazioni a capi di stato, perfino in anticipo. Il popolo spesso dà esempi virtuosi alla classe politica, che strumentalizza, da entrambi le parti, perfino il dramma dei migranti. Noi italiani di fronte alle emergenze, ieri a L’Aquila, oggi a Lampedusa, sappiano darci da fare».
Plaude Andrea Olivero, presidente delle Acli: «Abbiamo un enorme bisogno di mettere in luce le concrete iniziative di accoglienza, rispetto ai discorsi salottieri dei benpensanti. I lampedusani, pur in condizioni precarie, non chiudono il loro cuore a questi uomini. Prima di ‘definirli’ in base al loro status, dobbiamo rispondere al loro bisogno. Poi andrà valutata la loro condizione». Per Olivero «Lampedusa ci ricorda che bisogna riconoscere la dignità di ciascuno, violata due volte: quella dei migranti come quella degli isolani, non messi in condizione di accoglierli decentemente».
Totale sintonia anche da Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito, e siciliano, che annuncia per lunedì prossimo «proprio a Lampedusa una nostra veglia di preghiera, aperta a tutti, con l’arcivescovo Francesco Montenegro, cui si uniranno spiritualmente i nostri 1.900 gruppi in tutta Italia». Per Martinez «il Nobel i lampedusani lo hanno già vinto quando, di fronte alla debolissima coscienza d’Europa, hanno affermato il primato della convivenza pacifica dei popoli. Ci mostrano l’accoglienza operosa e la testimonianza di carità verso questi uomini, clandestini o rifugiati che siano. È l’ispirazione cristiana che permea il Sud, che afferma la cultura della pace contro chi lancia slogan vuoti e pericolosi. Un raro esempio di carità evangelica: perché lo straniero, il profugo, la vedova sono sacri dinanzi a Dio».
Anche per Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv, i lampedusani «lo meriterebbero davvero, più di altri assegnati in precedenza come quello a Obama. Un Nobel collettivo finora è stato proposto solo per le donne d’Africa. Lampedusa isola oggi è il paradigma di tutte quelle aree del mondo che si trovano a riparare, come comunità e senza protagonismi, i danni di chi pensa di risolvere i problemi con la violenza e la repressione».
Venato di amaro il commento di Flavio Lotti, portavoce della Tavola della pace: «Il primo premio ai Lampedusani sarebbe quello di risparmiare loro questa situazione. Lampedusa il Nobel lo merita davvero, come Brindisi che accolse in tre giorni 25 mila albanesi. Non si tratta di bontà, ma di riconoscere l’umanità delle persone. Mi ha colpito la tenerezza dei migranti che hanno ringraziato chi li aiutava. S’è riattivato il dialogo tra esseri umani».