Resoconti

Presentazione 8°cd su Sorrisi

“LA VITA E’ ADESSO”(IL SOGNO E’ SEMPRE)

Sebbene il titolo sia così centrato, l’album che Sorrisi e Canzoni presenta questa settimana, avrebbe dovuto chiamarsi in tutt’altro modo. Il titolo originale, infatti, era”Un bar sulla città”, in omaggio ad uno dei più noti locali della capitale: lo “Zodiaco”, un bar che svetta sulla collina di Monte Mario e dal quale si può godere un panorama mozzafiato della Città Eterna. Fu proprio ad uno dei tavolini dello “Zodiaco”, infatti che Baglioni scrisse praticamente tutti i testi dei dieci brani di quello che resta uno dei suoi album più amati e fortunati. “La vita è adesso”, infatti, rimase in classifica per più di un anno (56 settimane); anno nel quale vendette oltre un milione e mezzo di copie. Ma le curiosità non si esauriscono qui. Il bellissimo panorama di Roma visibile all’interno della copertina, ad esempio, non è quello che si può ammirare dallo “Zodiaco”. Lo scatto (opera di Tony Thorimbert, ritrattista, fotografo di moda, reporter e art director tra i più quotati a livello internazionale) venne, in realtà, preso dal roof garden dell’Hotel Cavalieri Hilton, che, in linea d’aria, dista poche decine di metri, dallo “Zodiaco”. Un’immagine straordinaria in un unico scatto (diviso in tre parti per esigenze di confezionamento del disco) che – ricorda Baglioni – “malgrado l’apparente semplicità, necessitò di lunghissimi tempi di posa in attesa della luce giusta”.L’osservazione dall’alto dell’universo visibile dal “bar sulla città”, non fornì, però, ispirazione per le storie narrate nell’album. Fu, piuttosto, lo scenario che suggerì l’idea di un’umanità simile ad un’orchestra, nella quale nessuna individualità prevale sulle altre:ogni storia si equivale per valore, dignità e significato ed equilibri e squilibri, in qualche modo, finiscono col compensarsi. Anche “La vita è adesso”,come già era accaduto per “Strada facendo” e (come accadrà, poi, per tutti gli album che seguiranno), ha un sottotitolo: “Il sogno è sempre”. Ed è proprio il tema del doppio binario vita/sogno, realtà/irrealtà il filo conduttore che accompagna parole e musica nella riflessione intorno a questo “carpe diem” universale al quale il titolo dell’album fa riferimento.”La vita è adesso” fu un album molto atteso. Non solo perché giungeva a distanza di quattro lunghi anni dal precedente, ma anche perché pochi mesi prima “Questo piccolo grande amore” era stata votata “Canzone del Secolo” e il suo autore (per la prima volta con i capelli corti!) l’aveva riproposta dal palcoscenico del Festival di San Remo, in una trascinante versione live che aveva fatto scalpore (non bisogna dimenticare che stiamo parlando dell’epoca d’oro del “full playback” televisivo). L’apparizione tv contribuì a rendere ancora più caldo il clima dell’attesa, tanto che, quando (agli inizi dell’estate 1985) finalmente il disco uscì, molti negozi esponevano cartelli con la scritta: “IL NUOVO DISCO DI BAGLIONI E’ ARRIVATO!”.L’album ebbe una vita così lunga e fortunata da generare addirittura due giri di concerti, entrambi ambientati nei grandi stadi. Due tour, uniti da un clamoroso successo di pubblico, ma profondamente diversi tra loro. Mentre, infatti, “Notti di note” (questo il nome del primo tour, ispirato dal pezzo più aperto ed etereo dell’album) era basato su una struttura ideativa più tradizionale, con Baglioni accompagnato dalla sua band, “Assolo” era (e ancora oggi resta) un progetto decisamente rivoluzionario, probabilmente unico nel suo genere, anche a livello internazionale. In questo secondo, sorprendente tour, infatti, il musicista romano si esibiva da solo, suonando contemporaneamente più strumenti. Il tutto grazie alle opportunità offerte da un sistema, decisamente innovativo per quegli anni: l’interfaccia MIDI (“Musical Instrument Digital Interface), un protocollo digitale che, per la prima volta, consentiva di collegare tra loro più strumenti e di suonare e controllare, con un unico “master” – tastiera o chitarra che fosse – una serie di strumenti in “rete” e memorizzare sequenze su computer. Anima ideativa di questo progetto, oltre naturalmente allo stesso Baglioni, quel Pasquale Minieri (musicista, produttore, ingegnere del suono, esperto di nuove tecnologie) che, per tutti gli anni Novanta, sarà uno dei più stretti e creativi collaboratori di Baglioni.Lo straordinario favore con cui “La vita è adesso” venne accolto, colse di sorpresa il suo stesso autore. Al termine della lavorazione,infatti,Baglioni temeva di aver dato vita ad un album troppo complesso e di non facile assimilazione. Preoccupazione probabilmente derivata dall’imponente lavoro di costruzione che il disco aveva richiesto, oltre che dal fatto che, per la prima volta, la “parola cantata” sembrava aver acquisito un ruolo predominante rispetto alle melodie. In effetti, non solo “La vita è adesso” è uno dei dischi più densi di parole dell’intera produzione del musicista, ma nessun brano ospita nemmeno una riga di testo ripetuta. Per una precisa esigenza creativa, salta, così, la forma tradizionale della canzone, che di solito prevede un “ritornello” ricorrente, e la struttura dei brani diviene, inevitabilmente, asimmetrica e più difficile da “memorizzare”. Assenza di ripetizioni, ricchezza, complessità e lunghezza dei testi constrinsero, inoltre, Baglioni a intervenire su molte delle melodie (tra gli esempi: “Tutto il calcio minuto per minuto”, “Uomini persi”, “Amori in corso”), modificandole e, spesso, arricchendole di nuove note/sillabe e cadenze. In qualche caso (“E adesso la pubblicità”) si rese, addirittura, necessario un lavoro di “asciugatura”, per evitare che il pezzo risultasse eccessivamente articolato e complesso. Quel lavoro di costruzione, dcostruzione e ricostruzione degli “spunti” melodici che era stato avviato con “Strada facendo”, diviene, qui, sistematico, al punto che si può dire che “La vita è adesso” è il primo album di Baglioni per il quale il termine “composizione” può essere praticamente assunto nella sua accezione letterale. Ancor più che per “Strada facendo”, colpisce che – a dispetto del lento, minuzioso e accuratissimo lavoro di costruzione e arricchimento delle intuizioni melodiche (quasi tutte raccolte nella casa romana del “Nuovo Salario”), della lunghezza di molte frasi, della complessità di certe soluzioni armoniche o del tradizionale gioco di modulazioni e cambi di tonalità – le melodie riescono a fare ugualmente centro al primo ascolto. Ancora una volta, quindi, il risultato finale appare fresco, leggero e immediato e perfettamente in grado di nascondere il grande lavoro di tessitura che lo ha prodotto. Ne esce fuori un album ancora più ricco di idee, più “grasso” e “polposo” di “Strada Facendo”, anche se non mancano alcuni apparentamenti musicali con l’album precedente, sia dal punto di vista del gusto per certe “asimmetrie” nella struttura dei brani (“Strada facendo”/”L’amico e domani”), sia per talune soluzioni compositive (come il ricorso al “pedale armonico”: “I vecchi”/”Uomini persi”) o per la scelta di certe sonorità e la scrittura di alcuni arrangiamenti.Dopo l’esperienza, indubbiamente intensa ma a tratti complessa, con l’inglese Geoff Westley, per gli arrangiamenti e la realizzazione Baglioni si affida al bolognese Celso Valli (compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra tra i più apprezzati del panorama italiano, che diventerà prezioso punto di riferimento per molti grandi artisti: Bocelli, Celentano, Pausini, Ramazzotti, Rossi, ecc.). Di Valli, Baglioni apprezzava in modo particolare la qualità della scrittura e la “pulizia” delle idee realizzative; mentre al musicista bolognese erano piaciuti molto “mood” e sonorità dell’album “Strada facendo”. Sintesi ideale, visto che l’assunto progettuale era quello di riprendere il “testimone” musicale nel punto nel quale la coppia Baglioni – Westley l’aveva lasciato e portarlo il più avanti possibile, cercando, naturalmente, non solo di interpretare la voce del diapason intorno al quale il mondo pop allora gravitava, ma di anticipare alcune delle linee espressive verso le quali la musica popolare internazionale si sarebbe indirizzata negli anni successivi. Ascoltando “La vita è adesso” ci si rende subito conto che entrambi gli obiettivi vennero centrati in pieno. Dopo un brevissimo periodo (una settimana) di “pre – produzione” presso gli studi Fonoprint di Bologna, la base operativa venne, ancora una volta, stabilita in Inghilterra, presso gli studi (“The Manor”, nell’Oxfordshire e “Town House” a Londra) che avevano visto nascere “Strada facendo”. Registrato e mixato da Owen Davies, l’album sarebbe poi stato trasferito su disco da Ian Cooper (che aveva curato anche il transfer del disco precedente). Ancora una volta il cast di musicisti fu di livello internazionale, con alcuni ritorni di prestigio, (come Phil Palmer, Paul Keogh e Ray Russell alle chitarre, Pete Van Hooke e Stuart Elliot alla batteria, Frank Ricotti alle percussioni), ma anche molte interessantissime “new entry”: Mo Foster e Felix Krish al basso, Brett Morgan alla batteria, Trevor Bastow e Jess Bailey al piano, Derek Austen e Nick Glennie Smith alle tastiere, il grande Hans Zimmer (compositore tedesco: un Oscar 1995 per “Il Re Leone” e due nomination: “Rain Main” – 1988 – e “Il gladiatore” – 2000 che gli valse anche un “Golden Globe”) e Steve Rance al “mitico” Fairlight (considerato il primo “campionatore digitale”: progettato in Australia alla fine degli anni settanta, consentiva di memorizzare, modificare, miscelare e suonare i timbri degli strumenti acustici tradizionali). I bellissimi archi di “Uomini persi”, “Tutto il calcio minuto per minuto” e “Amori in corso”, scritti da Celso Valli e affidati alla potente e inconfondobile voce della London Symphony Orchestra, vennero diretti da Carl Davis (compositore e direttore d’orchestra, americano di nascita, ma inglese di adozione, specializzato in colonne sonore e musica per la televisione, che ha tra l’altro collaborato con Paul Mc Cartney per l’orchestrazione dei suoi lavori sinfonici) e registrati nel leggendario studio 1 di Abbey Road. Studio passato alla storia del pop (e del costume) per essere stato per anni la “casa” sonora dei Beatles. Inutile dire che, durante la registrazioni, neanche Baglioni perse l’occasione per una foto ricordo sulle strisce pedonali immortalate sulla copertina dell’ultima fatica discografica dei “Fab Four”.Come spesso era accaduto in passato (uno degli esempi più clamorosi era stata la title track di “E tu come stai?”, il brano “simbolo” del disco, quello che avrebbe dato titolo e senso all’intero progetto, venne registrato per ultimo e quasi “fuori tempo massimo”: “cotto e mangiato” all’ultimo istante. Ciò che, invece, pochissimi sanno è che la prima uscita in pubblico di “La vita è adesso” (a Montecatini, come sigla della trasmissione televisiva “Serata d’onore” condotta su Raiuno da Pippo Baudo) avvenne sotto la direzione di uno dei più grandi musicisti e direttori d’orchestra contemporanei: il grande Lorin Maazel (incredibile talento naturale che, a soli undici anni, diresse la NBC Orchestra su invito del grandissimo Arturo Toscanini, il quale, dopo aver ascoltato il giovane Maazel, pare abbia detto:”God bless you”. Ma quella di Maazel non è l’unica firma prestigiosa legata ad debutto de “La vita è adesso”, dato che il videoclip della title – track porta la firma di un grande regista e sceneggiatore italiano, quel Gabriele Salvatores, che quattro anni prima (1991) con il suo “Mediterraneo” aveva conquistato l’Oscar per il miglior film straniero.

Trascrizione a cura di Sabrina Panfili, in esclusiva per doremifasol.org e saltasullavita.com

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