Lampedusa si affida al divo Claudio
Si spera che le manifestazioni di spettacolo possano salvare una stagione compromessa. Dallo Stato debole risposta «Gli interventi annunciati non colmano i danni subiti dall’isola»
100 milioni di euro l’anno, era il fatturato dell’industria turismo a Lampedusa fino allo scorso anno
7-8 mila posti letto, la capacità alberghiera fino allo scorso anno
Giorgio Petta
Lampedusa. Giugno è alle spalle ed è stato un disastro. Le prenotazioni negli alberghi, secondo alcuni, sono diminuite del 90% rispetto allo scorso anno. E non c’è differenza sostanziale rispetto a chi sostiene invece che il calo è stato di circa il 70%. I conti al millesimo si faranno a fine stagione, mentre si fa affidamento alla buona sorte per luglio – che è già iniziato senza segnare grandi cambiamenti – e agosto. Magari puntando alla cultura con manifestazioni come «Lampedusain festival» in programma nell’isola dal 19 al 23 luglio, musica e cinema per parlare di immigrazione e ambiente. Oppure, a settembre, con l’evento musicale «O Scià» ideato da Claudio Baglioni che per l’edizione di quest’anno invita il presidente Silvio Berlusconi nella veste di “chansonnier” e il ministro dell’Interno Roberto Maroni con la sua band Distretto 51.
Le idee non mancano, ma non bastano a cancellare dalle memoria della collettività nazionale ed europea le immagini della «collina del disonore», brulicante di migliaia di immigrati abbandonati al sole e alla pioggia da cui tentavano di difendersi con tende di fortuna realizzate con stracci di plastica. E non è neppure salutare – per il già disastrato turismo isolano – il risultato del sondaggio della Confesercenti-Swg di una decina di giorni addietro, secondo cui il 29% degli italiani non andrebbe a Lampedusa neanche gratis nonostante la crisi economica che ne costringerà 3 su 10 (nel 2010 erano 2 su 10) a restare a casa. Una mazzata che non riesce a lenire il dato che quasi un italiano su 2 (il 49%) a Lampedusa ci andrebbe gratis e senza problemi, mentre il 22% ci andrebbe con qualche preoccupazione.
Dati che lasciano senza fiato i lampedusani. «Siamo disposti a rimborsare i turisti se incontrano per strada un solo migrante», dice Antonino Martello, presidente del consorzio albergatori. «La situazione – spiega – è persino migliore rispetto agli scorsi anni. Adesso, infatti, c’è sempre una nave presente in rada, pronta a salpare con gli extracomunitari poche ore dopo il loro arrivo. L’emergenza dei mesi scorsi è del tutto rientrata e bisogna dare atto al Governo di avere messo a punto un sistema che funziona perfettamente. Non c’è alcuna ragione di avere paura e questo la stampa dovrebbe evidenziarlo».
Neppure gli spot pubblicitari lanciati dal ministro del Turismo Maria Vittoria Brambilla sulle bellezze incontaminate di Lampedusa riescono ad ottenere risultati. E neppure le offerte e i «pacchetti» studiati dagli albergatori lampedusani per i propri, purtroppo improbabili finora, clienti.
«Diciamocelo: la stagione è compromessa», osserva con amarezza Pietro Busetta, lampedusano Doc e assessore comunale al Turismo della Giunta De Rubeis nonché docente alla facoltà di Economia dell’Università di Palermo e presidente della Fondazione “Curella”. «La realtà nell’isola – aggiunge – è assolutamente tranquilla. Però, nella mente del probabile turista, finisce per prevalere l’immagine di Lampedusa invasa dagli immigrati. È un fatto psicologico che non coincide con la realtà. Gli effetti delle immagini della “collina del disonore” diffuse dai mass media non sono ancora rientrati».
La crisi ha effetti devastanti per Lampedusa che fattura, con il turismo, 100 milioni di euro l’anno. La capacità è di 7-8 mila posti e fino allo scorso anno si registravano, sugli arrivi settimanali, un milione di presenze l’anno che permettevano alla provincia di Agrigento di superare, per quanto riguarda il turismo, quella di Siracusa. «Per questo motivo – continua Busetta – sostengo che lo Stato, con i suoi annunciati 26 milioni di euro destinati alle infrastrutture, sta pagando in modo insufficiente i danni subiti da Lampedusa. Non solo, ma con questi soldi sta solo colmando il diritto, finora negato ai lampedusani, alle fognature e alla rete idrica. Né ritengo basteranno, per sollevare la situazione, la zona franca urbana e la sospensione di tasse e contributi fino al 30 giugno 2012, sempre che queste agevolazioni ricevino l’ok da parte dell’Unione europea. Sono solo dei contentini. Così come mi desta preoccupazione la circostanza che sia andata deserta la gara per l’assegnazione della gestione annuale delle cosiddette “tratte sociali”, i collegamenti aerei con Lampedusa e Pantelleria, anche se sono stati assicurati in proroga fino ad ottobre. E ancora: che fine a fatto il Casinò? Perché non se ne parla più? Quali poteri forti hanno finito per prevalere?».
E allora? «Lo Stato – risponde Busetta – deve cambiare la sua strategia nei confronti dell’immigrazione, che è e resterà un fenomeno epocale che non sarà fermato neppure dalla fine della guerra di Libia e tanto meno dall’arrivo della democrazia in tutto il Nord Africa che non permetterà più accordi come quelli siglati con Gheddafi. L’umanità è in movimento, come i vasi comunicanti, verso il benessere. Per questo sostengo che lo Stato deve cambiare filosofia nei confronti di Lampedusa che non può diventare la piattaforma dei recuperi di immigrati in tutto il Mediterraneo e i cui costi ricadranno prevalentemente sui miei concittadini. Così si distrugge il lavoro degli ultimi 50 anni che ha trasformato Lampedusa in un’isola che vive del suo, che ha cultura di impresa, che attrae 600 rumeni e altre centinaia di lavoratori dalla provincia di Agrigento, che non registra emigrazione ed anzi aumenta, unica isola d’Italia, il numero dei propri residenti. È strano che l’Italia e l’Ue incentivino l’impresa privata e poi i risultati ottenuti siano buttati a mare».
Dunque è stata imboccata una via senza ritorno? «Non ancora – risponde Busetta – se i lampedusani avranno la capacità di opporsi a questa logica che punta a cambiare l’economia dell’isola fondandola sul business dell’accoglienza e non, come è stato finora, sul turismo. Un’economia assistita che chiede a mamma-Stato aiuti e fondi per sopravvivere. I piccoli vantaggi di alcuni che diventano professionisti dell’accoglienza non devono prevalere sul lavoro di albergatori, ristoratori, commercianti e titolari di varie agenzie di locazione che hanno costruito un’economia vera e libera. In realtà bisogna pensare ad una soluzione che non faccia più passare gli immigrati per Lampedusa. Le soluzioni ci sono se l’Italia lo vuole per davvero. Lampedusa e la Sicilia per la sua parte non possono pagare un costo così alto. Ma il tema dello sottosviluppo riguarda la classe dirigente locale incapace di reagire a fenomeni di questo genere. Ci si accontenta delle briciole. Altro che grandi opportunità».