Baglioni è adesso
Dall’evento lampedusano che da anni mobilita artisti nel nome delle problematiche dell’isola fino ai concerti natalizi a Roma del prossimo dicembre. Nel mezzo un pezzo importante di storia (della musica) italiana. Ovvero: Claudio Baglioni
Sessant’anni sono un bel traguardo. Soprattutto se cadono, come piume, dopo una vita alimentata ad adrenalina pura, figlia di un’intelligenza compositiva che è numeri, fantasia e talento. Una vita da architetto, insomma. Claudio Baglioni, nato a Roma, quartiere Montesacro il 16 maggio del 1951 («Un giorno forse gradito agli dei dello spettacolo visto che, oltre al sottoscritto, festeggiano il compleanno Laura Pausini, Fiorello, Niccolò Fabi…» ci racconta sorridendo quando il mare di Lampedusa. alle spalle, diventa una tavola dorata), ha un vantaggio rispetto a tanti suoi colleghi: in architettura è laureato per davvero e dispone di una dose unica di autoironia. Dote rara e impensabile se si pensa alla timidezza soffusa che traspira dalle sue canzoni. Quelle di ieri, di quando era ragazzo e veniva chiamato “Agonia” dagli amici per gli occhiali neri da vista e lo sguardo serio e sofferente. E quelle di oggi, generate dal talento di un uomo che non si sente affatto pronto ad affrontare la tanto temuta strategia della pensione (artistica).
Ieri e oggi: il suo mondo, il nostro mondo. Baglioni ama riannodare il film della memoria, pescando aneddoti di anni passati, storie di concerti andati e perduti, incidenti di percorso, successi clamorosi, dischi fatti e rifatti, idee nate per caso a colazione, in un bar, e poi le vicende di buffi colleghi – dei quali cita tutto meno che il nome – e strani epigrammi che si mescolano a giochi di parole. Claudione, soprannome che ha preso simpaticamente il posto di “Agonia”, è vintage quanto basta. Anche quando ricorda le sue ultime esperienze professionali, la penultima delle quali legata all’enciclopedica opera “QPGA”, l’acronimo di “Questo Piccolo Grande Amore”: «Tre anni fa mi misi in testa di riprendere l’idea del concept-disco, cioè di un album che raccontasse una storia. Quel vinile del 1973 narrava una vicenda amorosa che ho ritenuto adattissima a trasformarsi in fouiletton. Così ho reinciso il disco, gli ho aggiunto canzoni inedite, poi ho persino ambientato un libro su quella storia. Disco e libro sono diventati un film e, alla fine, anche un tour teatrale». Per sciacquare i panni in Arno, poi, in attesa dei fatidici Sessanta (anni), Baglioni ha fatto una delle cose più vintage della sua vita: un giro del mondo. Ma non per vacanza: work-alcoholic come è (e come siamo tutti), ha realizzato uno dei tour più belli della sua quarantennale carriera: una serie di concerti in tutti i luoghi più prestigiosi del pianeta. Da Tokyo a New York, da Londra a Bruxelles, da Monaco a Sidney. Dal Brasile al Costarica. Una serie di concerti antologici nei quali ha cantato tutte le sue canzoni più acclamate, infilate poi in “Per il mondo”, disco-live che racconta la suggestiva performance alla londinese Royal Albert Hall. «Dopo questa esperienza straordinaria mi sono chiuso in me stesso, ho pensato finalmente a un disco di inediti che dovrebbe uscire a fine anno. Un lavoro come si faceva una volta, dieci canzoni o poco più, con i testi sdraiati su un giusto tappeto musicale. E sono ripartito da qui, da Lampedusa, per ricercare le note e le parole. L’italiano è una lingua meravigliosa ma non così semplice quando si deve scrivere una canzone».
E da Lampedusa ripartirà, in autunno, per preparare la nuova sfida natalizia: “Dieci dita”, ovvero i sette concerti che, a fine dicembre, terrà all’Auditorium Parco della Musica e che vedranno Claudio impegnato in un’avvincente sfida, un altro momento fondamentale della sua fantastica carriera. Dieci dita sono quelle che scorrono sui tasti del pianoforte e toccano le corde della chitarra e rappresentano altrettanti modi per raccontare un’avventura da “architetto” della musica.
Claudio, perché Lampedusa? Tu hai celebrato l’amore nei tuoi anni vintage e lo hai fatto in tutte le salse. Ora che nel tuo cuore c’è posto soltanto per Rossella (Barattolo, la presidentessa della Fondazione O’Scià), ci racconti il secondo tempo della tua esperienza professionale, della tua vita?
«Una sera, dopo un concerto a Palermo, io e Fabio Fazio scegliemmo Lampedusa per una breve vacanza. Doveva essere un periodo di relax e, invece, quella scelta si è trasformata nell’inizio di un’avventura fantastica. Così è nato il progetto O’Scià, acronimo che nella lingua dell’isola significa Odori, Suoni, Colori d’Incontri d’Arte. Era l’estate 2003 quando tenni, da solo, una prima serata di musica sulla spiaggia della Guitgia. L’idea di dare il via a un appuntamento annuale con altri artisti per sensibilizzare il mondo delle problematiche dell’isola è venuta di conseguenza e la realtà attuale, quasi drammatica per i continui sbarchi degli immigrati, ha reso questa iniziativa quanto mai attuale. Negli ultimi 8 anni, a fine settembre, O’Scià ha visto convenire sull’isola più di trecento big della scena musicale e artistica italiana e internazionale che hanno offerto il contributo delle loro idee e il valore della loro capacità di regalare emozioni, appassionare, e, soprattutto, far riflettere. Serate indimenticabili di musica e buone intenzioni», riflette Baglioni. La lista dei colleghi pronti ad accettare il suo invito per O’Scià e protagonisti di duetti epici, è infinita: Giovanni Allevi, Biagio Antonacci, Renzo Arbore, Giovanni Baglioni, Luca Barbarossa, Loredana Bertè, Paolo Bonolis, Franco Califano, Raffaella Carrà, Cochi e Renato, Gigi D’Alessio, Ilaria D’Amico, Maria De Filippi, Francesco De Gregori, Giorgio Faletti, Fabio Fazio, Rosario Fiorello, Bob Geldof, Ligabue, Fiorella Mannoia, Enrico Montesano, Morgan, Ennio Morricone, Gianna Nannini, Nomadi, P.F.M., Giorgio Panariello, Laura Pausini, Massimo Ranieri, Francesco Renga, Ornella Vanoni, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Carlo Verdone, Edoardo Vianello, Zucchero e mille altri.
Sotto le stelle di Lampedusa è sfilato l’intero mondo dello spettacolo italiano. «Il bello che non hanno voluto un euro per venire qui. Li ringrazio infinitamente», precisa Rossella Barattolo, la numero uno della Fondazione O’Scià nata nel dicembre di cinque anni fa.
Baglioni ricorda: «Un anno siamo andati persino a Malta, per un O’Scià d’esportazione. Io, Gianni Morandi e Riccardo Cocciante abbiamo tenuto un concerto a tre del quale, purtroppo, non sono rimaste testimonianze dirette. Ma che reputo uno dei momenti più belli della mia vita artistica. L’atmosfera di quella sera fu magica».
Ancora la Barattolo: «In pochi anni, grazie al sorprendente successo di pubblico, alla massiccia attenzione dei media, al riconoscimento delle più importanti Istituzioni nazionali ed europee e al sostegno ideale delle più prestigiose organizzazioni internazionali, O’Scia’ è diventata la più importante rassegna artistico-musicale a sfondo sociale».
Pareva tutto finito, un paio di stagioni fa, quando i fondi governativi e quelli della Regione Sicilia, necessari per far vivere O’Scià, vennero meno. Ma tra mille difficoltà Baglioni e la Fondazione sono andati avanti lo stesso e sono riusciti a mettere in scena dapprima un gustoso antipasto, a inizio giugno, denominato “Sùsiti”, che nell’idioma dell’isola significa “Rialzati”. Un chiaro invito a dimenticarsi delle condizioni drammatiche nelle quali Lampedusa è precipitata per i continui sbarchi. Quindi è stata definita la nona edizione di O’Scià, in cartellone da 27 settembre all’1 ottobre prossimi. «Sùsiti ha visto la nazionale cantanti giocare una partita di beneficenza e mettere in piedi una serie di concerti itineranti lungo i punti salienti dell’isola», ci spiega Baglioni, ideatore e promotore della manifestazione. «O’Scià di quest’anno sarà un’edizione se possibile ancora più appassionata e intensa delle precedenti, con la quale cercheremo di ribadire l’accoglienza ai profughi, la riconoscenza ai soccorritori ma anche la solidarietà agli isolani che vivono una delle stagioni più difficili della loro non facile storia, tra il cronico abbandono del passato, la drammatica minaccia della guerra in Libia e la grave crisi in cui versa l’unico comparto su cui si fonda la fragile economia isolana: il turismo».
Questo è, anche, l’architetto e musicista Claudio Baglioni. Un viaggiatore che, strada facendo, è sceso dal suo cielo mago e ha trovato un’isola che c’è. Lampedusa, appunto.
Grazie a Maria Palma