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Baglioni: 22 Settembre 2011

A tutti coloro che si sentono di Lampedusa e Linosa

Quando le pietre provano a rubare il posto alle parole è difficile riuscire a trovare parole più forti delle pietre.

Molto difficile, ma bisogna tentare.

Perché le pietre sono dure e cieche e sorde.

Non guardano in faccia a nessuno e non ascoltano nessuno.

Colpiscono tutti e feriscono tutti.

E, quando la furia cessa,

hanno perso tutti e sulla strada non resta alcun vincitore.

Le pietre possono abbattere le persone, ma non i problemi.

Le ferite diventano ancora più grandi e dolorose e sulla scena rimangono solo sconfitti.

Conosco le ragioni della vostra rabbia.

Le ascolto, le capisco, le condivido.

E’ la rabbia di chi, giorno dopo giorno, assiste, impotente, al proprio paradiso che si trasforma in inferno, mentre quasi tutto il resto del mondo sta a guardare o – peggio – si volta dall’altra parte, senza far niente.

E’ la rabbia di chi, da troppo tempo,

aspetta risposte che chissà se arrivano, se arrivano tardi o non arrivano mai.

Ma, per quanto la rabbia possa essere grande e giustificata, non saranno le pietre a portare quelle risposte.

La rabbia ha molte ragioni ma quasi mai ha ragione.

Le pietre seppelliranno ancora di più quelle risposte.

Non solo: esse forniranno un alibi solido a chi

– in Italia, in Europa, nel Mondo –

non ha molto tempo per rispondere alla vostra richiesta di aiuto, non ha tanta preoccupazione di garantire il vostro diritto alla giustizia, non ha tutta quell’attenzione a considerarvi per ciò che realmente siete:

cittadini italiani,

con gli stessi diritti di chi vive a Roma, a Firenze o a Milano, e cittadini europei, con gli stessi diritti di chi vive a Parigi, a Berlino o a Londra.

Vi daranno retta per un po’.

Finché agiterete pietre e bastoni.

Ma potrà durare per sempre?

A un certo punto finirà.

E “loro” potranno e dovranno dedicarsi a qualcos’altro.

E quello che è successo non sarebbe servito all’isola e a voi.

Sarebbe piuttosto un danno.

Irrimediabile. Insanabile.

Pietre, bastoni e cariche alla lunga non farebbero altro che offuscare quel tratto straordinario e paziente che avete mostrato in tutti questi anni.

E, dopo il danno, la beffa:

venire derisi, sfottuti, umiliati per essere passati dai battimani e le urla di giubilo per il campo di golf, il casinò, le fioriere alle pratiche della rivolta più dura e feroce.

Le immagini degli ultimi scontri

che, purtroppo, sono state trasmesse ovunque, potrebbero cancellare anche l’incredibile lezione di civiltà, umanità e solidarietà che, fino a oggi, le isole hanno dato a tutto il mondo.

E che l’opinione pubblica aveva applaudito.

Gesti e comportamenti di grande valore.

Di cui mai pentirsi.

Di cui essere fieri.

Pochi ricorderebbero più quel difficile e nobile esempio.

Tutti gli altri, invece, conserverebbero queste immagini.

Così come pochi ricordano le immagini di quel vostro mare unico al mondo, ma moltissimi hanno spesso davanti agli occhi le drammatiche riprese dei recuperi chiamati erroneamente sbarchi e le desolanti fotografie dei centri di accoglienza.

Pietre, bastoni e cariche

potrebbero far sì che la ragione venga confusa con il torto, che i “buoni” vengano scambiati per “cattivi”; e le vittime vengano messe sullo stesso piano dei colpevoli.

Non solo: la storia dei vostri territori

– così duramente colpiti dallo stillicidio quotidiano dei media – rimarrebbe sfregiata per sempre.

E, agli occhi del mondo, il paradiso diventerebbe inferno.

Lampedusa, Linosa, le Pelagie non meritano questo.

Questa non è la vostra storia e certo non può finire così.

Cerchiamo di scrivere un altro capitolo.

Un differente finale.

Usiamo pietre e bastoni per ricostruire la casa del domani e ricostruire noi stessi con una carica e un’energia nuova.

La prossima settimana dovrebbe iniziare O’Scia’.

E anche per questa pressione le autorità competenti hanno accelerato le misure di trasferimento degli immigrati.

Tantissimi sono pronti da tempo per venire a vivere questo incontro.

Che non è solo una festa, come qualcuno crede o cerca di far credere.

Anche perché non c’è niente da festeggiare banalmente e inutilmente.

Semmai preparare e darsi appuntamento

per prossime occasioni di riunione, di gioia e di serenità.

Alla Guitgia non si viene per suonare e cantare alla faccia delle vostre difficoltà o della tragedia dei viaggi migratori.

Alla Guitgia, spiaggia dell’approdo,

ci ritroviamo tutti – isolani, turisti, artisti – per darci respiro uno con l’altro e per gridare insieme così forte che il mondo si giri da questa parte e ci veda per quello che siamo:

viaggiatori della vita.

Alla Guitgia ci si è ritrovati tutti insieme, come donne e uomini della luce, per evitare che i riflettori si spegnessero e che Lampedusa e Linosa venissero dimenticate, abbandonate al proprio destino, peggio ancora di un barcone di disperati che nessun porto vuole accogliere.

Alla Guitgia ci si è ritrovati tutti insieme anche per chiedere a chi doveva intervenire di farlo; di smetterla con questo indegno scarica barile delle decisioni e che ciascuno si assumesse, una buona volta, le proprie responsabilità.

Alla Guitgia ci si è ritrovati tutti insieme anche per dire basta alle bugie, alle false promesse, a parole vuote che non valgono nemmeno l’aria con cui sono dette.

Alla Guitgia, isolani, turisti e artisti, si sono ritrovati tutti insieme per provare emozioni senza scordare le coscienze a casa.

Senza dimenticare che forse le migrazioni non si fermeranno ma la grande questione dei flussi non si aggiusta da sola e che è un problema di tutti, che tutti devono contribuire a risolvere.

E la lotta e la contestazione non è verso l’immigrazione ma quanto verso le politiche e gli strumenti con i quali si affronta.

Alla Guitgia ci si ritrova, ancora una volta, per affermare che Lampedusa e Linosa non sono solo quello che si è dato a vedere ma sono anche, soprattutto, prima di tutto, questo:

Odori, Suoni, Colori d’Isole d’Altomare.

Le piscine di Dio.

L’altra faccia della luna.

Per questo ci si ritrova sulla spiaggia della Guitgia.

Lo facciamo recitando, suonando e cantando, perché siamo artisti, attori e musicisti e recitare, suonare e cantare è ciò che sappiamo e possiamo fare.

E noi siamo qui, da dieci anni, mentre alcuni altri – quelli che potrebbero fare molto più di noi – spesso non ci sono e si guardano bene dal venire o passano il tempo di un comizio, d’una conferenza stampa e di un servizio di telegiornale e spariscono per sempre.

Noi, invece, non siamo mai andati via.

Ogni volta torniamo.

E continueremo a farlo.

In questo tempo è nata, cresciuta e diventata grande O’Scia’

una manifestazione che non ha eguali

nell’intero panorama artistico e mediatico.

Un progetto che ha riversato sulle Pelagie un altissimo interesse positivo, dei mezzi di comunicazione e della società italiana; che ha stimolato un arrivo formidabile di nuovi osservatori, visitatori, frequentatori, amatori; che ha procurato diverse e cospicue risorse pubbliche e private per le finanze amministrative comunali e per le singole economie degli abitanti, lavoratori e imprenditori.

Un’iniziativa conosciuta in tutto il mondo.

Con mostre, rassegne, laboratori

perfino in Sudamerica, Australia e Giappone.

Speciale, unica, inimitabile, inconfondibile.

Tutti i paesi e le città d’Italia

hanno una festa, una sagra, una rassegna, un festival.

O’Scia’ ce l’ha soltanto Lampedusa e Linosa.

Tante altre località, altre comunità la vorrebbero.

Un vanto, un motivo di orgoglio.

Che sia lì, solo lì, sempre lì.

Quest’anno non c’erano i mezzi per organizzare O’Scia’.

E avevamo già fatto la tre giorni di Lampedusa Sùsiti.

La crisi ha tagliato ogni finanziamento, ogni risorsa.

Moltiplicando sforzi e sacrifici,

abbiamo deciso ugualmente di venire

per non abbandonare l’isola e la sua gente.

Per dire che la battaglia per un presente e un futuro degni di questo nome è anche la nostra battaglia;

che la battaglia per costringere chi deve intervenire, a farlo; chi ha garantito, a mantenerlo, è anche la nostra battaglia;

che la battaglia per mostrare al mondo la vera faccia di quest’arcipelago e del suo popolo, che vuole tornare a essere normalmente felice e guardato per quello che è veramente, è anche la nostra battaglia.

Per dire che noi non ci rassegniamo.

E in tutti modi restiamo con voi.

Per questo, malgrado mille difficoltà, siamo riusciti ugualmente ad organizzare addirittura cinque giorni. Forse sei.

Perciò anche quest’anno,

dopo i trecento ospiti degli anni passati, sessanta grandi nomi della musica, della cultura e dello spettacolo hanno deciso di mettere la loro testimonianza, la loro presenza, la loro arte, la loro generosità al servizio della causa, per un omaggio alle isole, per unire il loro fiato al vostro e al nostro e gridare, tutti insieme, ancora più in alto.

Perché l’ultimo ricordo di una stagione così travagliata, l’ultima immagine che deve restare negli occhi del mondo intero sia una nota di bellezza, di armonia, di tanta, tanta gente che è arrivata, che è lì, proprio lì, per passare giorni indimenticabili su terre bellissime, vive, magiche e quiete.

Tra musica e parole.

Perché, se non ci apriranno per farci entrare,

ci apriranno per farci smettere di suonare.

Dal Facebook Ufficiale di Claudio Baglioni

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

Un Commento

  1. Con te, Claudio, sempre!
    Arriveremo anche da Roma numerosi e, stavolta, il nostro grido sarà ancora più forte. Un grido, un fiato….d’amore e speranza.
    O’ Scià, Poeta

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