Baglioni NotebookIn evidenza

Baglioni: 14 Dicembre 2011

Non credo ai miei occhi.
Un tramonto così
non lo vedevo da tanto.
Nuvole come grandi grondaie
dipinte di rosso
scaldate di arancio
gonfie di grigio.
Tante, giganti, in formazione.
Una flotta aerea nell’aria asciugata del cielo.
La pioggia era tutta per terra.
Le nubi stavano lì appese, senza peso.
Un magnifico affresco leggero come la bellezza.
La mente volava più in alto senza zavorra.
Quando hai troppi pensieri
hai poche parole.
E tutto si schiaccia, si strozza, si chiude in uno spazio da niente.
In un tempo da poco.
Quello che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo.
Un’epoca piccola piccola.
Non c’è stata abbastanza democrazia.
Libertà di pensiero, sì.
Esercizio della critica, sì.
Della satira, sì.
Ma scarsa condivisione.
Nessuna vigilanza e crisi della rappresentanza.
E chi ha deciso
sono stati pochi.
I “poteri forti”. E chiusi.
Però “potere” da verbo meraviglioso
è diventato sostantivo arrogante.
Così sostanzioso da stimolare l’appetito di alcuni autoreferenti.
Non impiegati al nobile servizio dello Stato. Quindi di tutti.
Ma padroni altezzosi. Oligarchi. Pochi. Sempre gli stessi.
I ladri di futuro.
I borseggiatori di presente.
I ricettatori di passato.
Noi gente potremmo vivere molto meglio.
Il tempo ci chiede solo di accompagnarlo.
Non penso più che sia un avversario.
Un nemico.
L’eterno vincitore.
Ci tiene, invece, compagnia.
Ci indica cosa siamo diventati.
Come siamo cresciuti.
È uno specchio.
Che ci dà solo buoni consigli.
Che ci avvisa. Sul pericolo del ridicolo.
Del diventare fantocci. Pupazzi. Bambole impagliate. Mummie.
Che ci segnala la trappola del voler restare sempre quelli di prima.
Non è il ritratto di Dorian Gray.
Il tempo ci indica il tempo.
È il metronomo per suonare con la giusta velocità la partitura della
nostra vita.
L’orologio per arrivare puntuali agli appuntamenti con l’esistenza.
La sveglia per ridestarsi all’alba di ogni cambiamento.
Il calendario per scoprire l’avvicinarsi delle stagioni.
Il ciclo delle mutazioni. La rotazione delle ere.
Senza di lui non avremmo tempo.
Niente crescerebbe. Le piante. Gli alberi. I mari. Le coscienze.
Intanto in tv dicono le solite cose.
La recessione, la crescita zero.
Butto uno sguardo di fuori.
Beata la luna che cresce e decresce e se ne sbatte di tutto.
Qui sotto, al contrario, comanda il mercato.
Ma il modello è degenerato. Fors’anche fallito.
Cosa siamo diventati?
Liberisti ma non liberali.
Libertini ma non tanto libertari.
Liberati ma non del tutto liberi.
Incredibilmente ostaggi riverenti,
osservatori indulgenti,
discepoli assoggettati da una classe dirigente egoista e insipiente e
che si ritiene indispensabile.
Nessuno, però, è più qualificato del pensiero che esprime.
L’idea è più grande dell’ideatore.
L’ideologia è più longeva dell’ideologo.
Nessuno dei secondi vince sulle prime.
Una fondazione sopravvive al suo fondatore.
Perché tutto va avanti.
Anche con l’inesorabile lentezza complessiva degli istanti.
Il futuro ha bisogno di tempo.
Il giorno nuovo ha bisogno di un sole nascente.
Ormai è sera inoltrata.
Intanto in tv i politicanti si danno sulla voce con la triste polemica
di chi non ha argomenti e gioca sporco solo sull’ultima battuta o
specula su una storia di cento anni fa.
Ognuno porta acqua al proprio mulino
ma forse nemmeno:
al massimo la porta al proprio bidet.
Allora la soluzione qual è?
La rivoluzione è non mettere più se stessi al centro dell’universo.
L’intuizione di Copernico.
Noi, terra, non siamo il fulcro.
Il sole è il nostro primo riferimento. E poi tutti gli altri soli.
Anche quando le altre galassie ci creano troppe distanze e domande.
Una rivoluzione è un rovesciamento di ordini.
Un ribaltamento di priorità.
La rivoluzione è sempre violenta?
Sempre colorata? Chitarre e tamburelli?
Maschere e balletti?
Mah? Senza un ideale, dove si va?
Si gioca alla guerra. Virtuale.
Un videogame trasferito nella realtà.
I guerrieri: un gruppetto che terrorizza cassonetti, vetrine e bancomat.
E qualche macchina parcheggiata.
Che affronta con sprezzo del pericolo, in cinquanta, un carabiniere da solo.
Che lancia eroicamente sampietrini e bastoni contro un mucchietto di
poveri cristi in divisa comandati confusamente a riceverli.
Che zompa come una scimmia drogata davanti a una camionetta che va a fuoco.
Che è contro chi? Il regime, il mondo, il sistema?
Il sistema reale sa essere molto più crudele con chi è solo stupidamente feroce.
E il metodo non sa applicarsi a niente di nuovo.
Ma l’insieme si rannicchia su una procedura tradizionale e debole.
E il settimo, potente Paese del mondo invoca, nervosamente, leggi speciali.
Dopo una bravata da tifoseria teppista all’uscita da uno stadio.
Dove sta il sacrificio. il merito, il lavoro?
Quello che non vogliamo più fare
e lo fanno gli stranieri immigrati
e noi ci arrabbiamo con loro
perché ci rubano il posto.
Che non possiamo più avere come certo.
Questione culturale + Educazione occidentale ci hanno confuso le
incerte certezze.
Insieme a Televisione, Pubblicità, Quiz a premi, Reality.
E ancora parliamo di vecchia obsoleta politica:
destra e sinistra, comunisti e fascisti.
Conservatori e progressisti.
Nel frattempo, chi comanda il mondo sono dieci società finanziarie.
E in special modo il mercato ingiusto. La speculazione immorale.
E proliferano il gioco. Il poker. Le lotterie. Le scommesse.
Invece di costruirci un destino, tentiamo la sorte.
E lo slogan subdolo “Lavora-Produci-Compra-Indébitati-Consuma-Ricomincia”.
Se prendi quel volantino e lo leggi,
sei stregato per sempre.
E impari a contare fino a cifre fantastiche anche se conti niente
nell’urna immensa del superglobo.
Ma va da sempre così.
E tutti ruotiamo racchiusi in un bussolotto.
Eppure, malgrado il poco che ognuno di noi è, i soli possibili
cambiamenti si fanno su piccoli numeri.
Ripenso a un me di tanti anni fa.
Confuso e occhialuto nei cortei.
Ora come allora faccio fatica a capire.
Quanti errori abbiamo fatto nel progetto della casa comune.
Non c’è spazio abbastanza. E tutti soffriamo di claustrofobia.
Non c’è aria. E spesso sentiamo un senso di soffocamento.
È pure un po’ buia. E ancora cerchiamo la luce.
Un ultimo grido di sole si aggrappa sul bordo dell’orizzonte.
Un fuoco stremato a tenere lontane le belve dell’inverno.
È uno strano momento.
Anche se uniti più da una necessità che da un’idea restiamo vicini.
E se, in qualche punto della notte, tu mi leggi io non sono solo.
Posso ascoltare il tuo stesso silenzio.

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

7 Commenti

  1. ………………………………………………..”È uno strano momento.
    Anche se uniti più da una necessità che da un’idea restiamo vicini.
    E se, in qualche punto della notte, tu mi leggi io non sono solo.
    Posso ascoltare il tuo stesso silenzio.”(Claudio Baglioni)
    CLAUDIO,
    ANCHE PER ME QUESTO E’ UNO STRANO MOMENTO, anch’io so di nn essere sola quando ti cerco e quando ti leggo, mentre quando ti vedo nn riesco a parlarti e resto ad ascoltare il mio stesso silenzio,
    ti adoro
    LALLAPOP

  2. Mamma mia!! Ma cosa sei Claudio!!?? Un vulcano di parole, un fiume in piena, un oceano limpido nel quale vorremmo tuffarci per raggiungerti. Pendiamo dalle tue labbra. Ci hai stregato. E’ vero quello che dici : siamo le loro pedine e sempre dovremo fare il loro gioco. In un governo o in un altro. Ti sono fedele da sempre per quello che sei, uomo e artista, ciao

  3. … non sei solo Claudio!
    noi siamo tutti qui a condividere con te i tuoi pensieri … in silenzio.
    Restiamo vicini… e forse insieme saremo anche veramente liberi.
    Liberi di pensare, come i nostri padri ci hanno insegnato, che il
    futuro si costruisce con il lavoro e non con la lotteria.

    Andiamo avanti e … PATAPAN…
    UN ABBRACCIO
    Mirca di Cesena

    1. condivido andiamo avanti… non stiamo in silenzio… io no.. tu fai bene .. sei un poeta e ti capisco e comrpendo … insieme ma anche insieme a te saremo più forti e in grado di rialzarci…. come i nostri padri ci hanno insegnato…

  4. Poeta, hai detto tutto tu. Come al solito, ci ritroviamo nelle tue parole.
    Sai dar voce ai nostri pensieri con la sensibilità, la coerenza, l’onestà e la grazia che ti rendono Unico e Speciale. Grazie, perchè riesci a farci sentire che sei sempre “l’uomo della storia accanto”..
    Beatrice

  5. Caro Claudio,
    oggi più che mai un fiume in piena: parole, pensieri, concetti, sempre coerenti ed appropriati, accumunati da uno stile inconfondibile. Grazie di condividere con noi tutto questo e tranquillo…solo non lo sarai mai…,come noi d’altronde. Noi abbiamo te, grande immenso amico e tu hai noi piccoli, ma innumerevoli e devoti amici senza volto…
    E con tutto l’amore che posso ti dico: Grazie

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio