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Dieci dita, venti ore della mia vita

Una volta il Natale era per me attesa per i regali, non grandi cose, ma cose desiderate che portavano in sè un simbolo di una strada percorsa con una correttezza bambina che portava appunto al Natale.

Ancora una volta ero stato bravo e ancora una volta era regalo e non carbone.

Erano occhi sbarrati a guardare in su se si vedeva qualche strano personaggio passare, erano giorni in cui ti veniva concesso qualche cosa in più.

Oggi non ho più molto da festeggiare, direi praticamente niente e per me il Natale è diventata una festa non festa, dove si deve festeggiare per forza qualcosa che trova un senso solo nei ricordi di tante occasioni passate in tempi ormai lontani.

La magia aveva cominciato ad incrinarsi un giorno in cui nascosto in un armadio avevo trovato l’aereo chiesto per regalo, ma i miei genitori erano riusciti a farmi passare la cosa come una consuetudine di Babbo Natale nel farsi aiutare dai genitori a portare i regali per i troppi bimbi del mondo, avevo voluto credergli, come spezzare un incanto che allora andava ancora al di là del semplice regalo e abbracciava tutta un’atmosfera che per noi bimbi era densa di dolcezze e di attenzioni da parte degli adulti?

Poi il tempo è passato, la situazione si è invertita, eravamo noi diventati genitori a dover far rivivere la favola del Natale, lo facevamo sapendo che presto si sarebbe scoperta per quello che era e allora cercavamo di stare attenti a dare risalto più all’atmosfera che alla consuetudine dei regali, al senso della festa che in gran parte si racchiudeva nello stare insieme, nel ritrovarci, nella nuova partenza di una speranza buona che quel giorno racchiudeva in sè.

Oggi siamo tutti cresciuti, sono passate vicende dolorose e le persone che abbiamo ancora intorno sono cresciute con noi, con i loro problemi e le loro preoccupazioni, sopratutto però con vicende della vita nelle quali non sempre si trova speranza e leggerezza nel guardarci dentro e nel guardare avanti.

Così per me Natale è diventato un gioco strano, un gioco che dura un giorno solo, dove si cerca di lasciare fuori dal cerchio in cui ci ha racchiuso la vita, tutti i problemi, ma poi ti accorgi che anche questa effimera pace costa fatica, impegno, difficoltà e incomprensioni con gli altri e il gioco si fa di volta in volta meno bello, meno spensierato e più pesante da affrontare, al punto che rimane soltanto il peso di essere felici per un attimo, o almeno di fingere di esserlo, se non per noi, per qualcuno che abbiamo accanto e che quella magia ha ragioni e diritti per viverla ancora.

Quest’anno però un regalo vero l’ho ricevuto, abbiamo sempre bisogno anche noi di regali, ma di regali diversi, non cose più o meno futili, ma regali che danno energia e nuove voglie, che liberano le nostre emozioni e non ci facciano mai perdere il gusto per il bello, il bello inteso così, in senso assoluto, quello che riempie l’anima e ci da modo di guardare la vita con altri occhi, magari un pò più bambini, certamente un poco più aperti…

Quest’anno nello scorrere dei giorni si è sistemata questa occasione di liberare pensieri ed emozioni, un’occasione che ha portato i cuori a battere un ritmo più alto della tranquilla routine di giorni esausti di consuetudini, di buone intenzioni prefabbricate.

Quest’anno c’era Claudio che ci offriva una occasione nuova che avremmo potuto giocarci al meglio dei nostri desideri…

Due giorni che avrebbero potuto essere poesia, avrebbero potuto essere incanto, grande musica e parole che spingono pensieri nuovi a creare nuovi orizzonti, oasi azzurra nei pensieri grigi, tempo da riempire di amicizie e di nuovi valori.

Avrebbe potuto essere tutto questo o solo qualcosa in particolare, avrebbe potuto essere senso e ragione, avrebbe potuto essere solamente l’incontro che affascina, o che rinnova il piacere di incontrare qualcuno che senti come un vecchio o nuovo amico.

Io ho voluto lasciar scorrere questa nuova opportunità per lasciare che l’arte di quest’uomo mi passasse dentro, senza chiedermi cosa ne avrei ricevuto, ma pronto a riceverne più che potevo.

Per me sono stati due concerti in due giorni consecutivi, per cui i miei ricordi salteranno un pò da uno all’altro, forse anche uno nell’altro, ma voglio lasciarmi andare così come mi verrà, non voletemene se qualche volta vi sembrerò un pò confuso, ma sono stati due giorni nei quali alcune cose si sono confuse e integrate fra loro e, quando potrò farlo, vorrei raccontarle come se fossero un solo giorno.

Se il primo giorno nel preconcerto è stato sopratutto attesa di un’amica che avrebbe condiviso con me il concerto all’auditorium, un’attesa riempita da incontri più o meno inaspettati e di tempo passato fra il bar e la libreria, il secondo è cominciato molto prima, nel pomeriggio.

Solo una cosa chiedevo quel pomeriggio in cui sono uscito di casa, solo una cosa in più a quel giorno rispetto a ciò che avrei di certo ricevuto da Claudio… da Claudio sapevo che avrei ricevuto arte ed emozioni da gustare poco per volta fino in fondo, fino a che ce n’era nella mia capacità di coglierle… ma a quel giorno chiedevo di vivere al meglio una mia nuova amicizia, un’amica conosciuta non molto tempo addietro e con la quale condividevo angoli di cuore che avevano trovato assonanze nel dolore, ritmicità nelle gioie, melodie nelle speranze, un’amica nuova per arricchire la mia vita.

Il navigatore ha un’anima e si può rivelare un vero amico pronto ad aiutarti, basta metterlo in condizione di poterlo fare e io purtroppo non l’ho fatto fino in fondo, ma lui ha fatto del suo meglio e in quella via dal nome così strano e così tanto Romano in qualche modo mi ci ha portato, via delle Sette Chiese.

Mi ci ha portato passando da un dedalo di viuzze a senso unico, attraversando una piazzetta con una stretta curva che evitava di farmi passare sotto un arco che dava in una parte del quartiere che aveva un senso ancora più raccolto, invitava ad andarci quell’arco, a passarci sotto per vedere quale città si nascondeva dall’altra parte tanto sembrava ancora più diversa da quanto già mi sembrava Roma da questa parte, ma tant’è, il navigatore indicava un’altra via e nell’altra via sono andato.

A dire il vero mi ha portato nelle vicinanze della mia meta e a piedi mi sono incamminato verso il luogo di incontro. Una Roma davvero inconsueta, un quartiere con un’anima tutta sua un pò come il quartiere di Casalbertone, dove abitano i miei parenti, un quartiere che rivendica una sua autonomia dal nucleo storico cittadino, ma che non dimentica di essere parte di Roma con le sue case a mattoncini e il dialetto romanesco che curva seguendo gli angoli dei palazzi per risuonare intorno a te.

Chiedo a una signora se sono nella direzione giusta e lei mi risponde chiedendomi chi cerco, abitava dove dovevo andare io e incurante della possibilità di sentirsi curiosa, si intrufolava in quell’angolo di vita che stavo inseguendo quel giorno. “Una persona che è qui di passaggio” gli rispondo e finalmente, mi conferma di essere sulla strada giusta.

E la mia nuova amica era là… dall’altra parte dell’etere al telefono con me… vedo il suo sorriso mentre mi viene incontro e già capisco che sarà una giornata speciale.

La macchina per un pò diventa il nostro nido, un posto nostro che attraversa Roma per portarci dove ci sarà più facile sognare, fluiscono le parole… aspettative e timori per quella che sarà la serata, ma servono a conoscerci e a farci capire che sarà facile condividere il tempo che verrà.

Ponte Milvio si raggiunge facilmente, cerchiamo il Tevere che sarà il nostro accompagnatore per un pò e lo troviamo subito, perchè lui scorre perchè la gente lo veda, perchè lui scorre per raccogliere sguardi e restituire immagini di storie romane ascoltate o fantasticate da noi che lo stiamo a guardare.

L’acqua scorre, ma non troppo lenta lenta, immagino il barcarolo in piedi sulla prua della sua barca e nella mia immagine lo vedo come un antico gondoliere veneziano, in piedi e teso a domare i flutti con il suo remo, per portare un carico, qualsiasi cosa sia, vitale per la sua vita.

Penso che il barcarolo avrà una sua storia da raccontare, avrà momenti da ricordare e pensieri che sono corsi dietro gli argini del fiume inseguendo sogni magari senza pretese, ma nonostante tutto sempre più grandi di lui… perchè i sogni sono sempre più grandi di noi, altrimenti come potremmo crescere inseguendo i nostri sogni?

Quanti sogni avrà visto finire fra quelle onde, quante volte si sarà sputato nelle mani e avrà ripreso il suo remo per proseguire, mentre qualche lacrima si confondeva con quelle del fiume, quante volte avrà lasciato al vento che percorre il letto del fiume i suoi pensieri, quante volte avrà finito e quante volte avrà ricominciato a vivere?

E il barcarolo è ancora là, anche se non lo vediamo e un pò lo siamo anche noi figli di quel fiume, almeno per un momento, per quel momento in cui ne percorriamo l’argine e facciamo compagnia con lo scorrere dei nostri pensieri allo scorrere delle sue onde.

Credo sia proprio giusto che sia li, sul ponte Milvio, sopra quel tratto di fiume,che i ragazzi lasciano i lucchetti come pegno d’amore. E’ giusto perchè credo sia li che il vento si porta via la loro promessa per portarla dove nessuno la può trovare e la può sciogliere, un vento che scorre nella strada del fiume e prende la sua rincorsa per volare, come appunto le promesse di quei ragazzi, come le loro speranze… lo, sò, non sempre quelle storie finiscono bene, anche il vento qualche volta si perde, ma quei minuti, quei giorni, quegli anni belli vissuti, vorrei che possano rimanere come un patrimonio di vita da ritirare fuori quando non si crede più che sia possibile incontrare ancora quell’emozione, quando non si crede più che siamo capaci di amare, perchè anche se un amore finisce, per un attimo amore lo è stato, magari cieco, magari senza speranza, ma per un attimo almeno o per ciò che è stato e sarà, è stato e sarà Amore.

E io sono convinto che almeno un attimo d’amore, uno per un bimbo, uno per un vecchio, uno per la vita, uno per la natura, uno per noi stessi, uno per una persona che vorremmo accanto, uno per ognuno di questi attimi d’amore vorrei che nella vita lo vivessimo tutti.

E magari per ognuno di questi amori potremmo metterci un lucchetto, perchè no?

L’amore è quello che tutti noi vogliamo, magari ce ne vergogniamo di questo sentimento, ma anche se facciamo finta di non vederlo, anche se lo nascondiamo accuratamente a noi stessi, anche se lo camuffiamo, è lui che cerchiamo.

E’ stato bello avere accanto quell’amica su quell’argine, è stato bello condividere la stessa meraviglia per questa Roma che si abbandonava ai riti del tramonto. Non è proprio un argine, è un camminamento ciclo pedonabile quello che percorriamo dal piazzale di ponte Milvio verso il ponte di corso Francia, si fa sempre più buio e l’orizzonte si colora di nuovi colori serali, c’è un pò di sabbia sotto i nostri piedi e lì, in mezzo ai quattro venti e allo spazio che ci circonda, si intuisce un pò di mare.

Il mare si sente molto a Roma anche se è non è li ad accarezzare le sue strade, anche se è un posto da raggiungere, ha una storia da raccontare e ce la racconta qualche volta con il maestrale, altre con il ponentino, lo fa dialogando con il fiume che a sua volta porta al mare le storie raccolte a Roma.

Monte Mario è una collina scura che scompare contro un cielo sempre più notturno, Roma, regina delle nostre vite, si mette la sua corona rossa, le luci di Monte Mario sembrano aver invidia delle stelle, ma non è invidia, è la voglia di farci sentire il cielo più vicino mentre noi perdiamo i nostri sguardi in cerca della nostra stella, di quella che non smette mai di guidarci e che noi non smettiamo mai di cercare.

Ci accoglie un bar-pasticceria già frequentato da me in altre occasioni, vado con la gioia di vedere chissà quali piaceri che rendono dolce il palato, ma la vetrina delle torte è vuota,o piena, a metà. Rimango un pò deluso e ci abbandoniamo al mio cappuccino e a una tisana, ma anche in quello purtroppo la  richiesta della mia amica di una tisana d’erbe viene disattesa e la tisana è abbastanza banale, non rimangono che i pasticcini, che sono buoni e mi tolgono un pò d’amarezza per quel poco di delusione che il posto mi ha lasciato… ma ci sono affezionato a quel posto, mi ricorda altre giornate baglionare.

A questo punto si fa largo nei nostri pensieri che sarà Claudio a farci continuare la serata e tutto comincia a ruotare attorno a lui.

L’Auditorium diventa il miraggio e si materializza ben presto dopo aver spostato l’auto e ritirato i biglietti… che bello stringere quei biglietti in mano,  ecco, con questi si entra, ci siamo.

Alcune amiche scorrono nel film della serata, volti che rivedo volentieri con i quali si scambiano le prime emozioni dell’attesa, con alcune di loro ho condiviso molti concerti e rivederle mi fa molto piacere. E ci sono i nostri posti, e c’è un’auditorium che va pian piano riempiendosi facendo sparire il rosso delle poltrone per una varietà variegata di colori nuovi di cuori e di vestiti.

Non mi sembra vero, essere li, sapere che fra poco ci sarà Claudio, sapere che fra poco le note di Claudio ci attraverseranno perchè Claudio saprà spingersi nei pensieri aprendoci nuovi orizzonti.

La luce si spegne, una volta, poi un’altra, ma perchè non arrivano qualche minuto prima queste persone? Perchè devono venire a rompere le scatole e disturbare i palloncini ai quali ci stiamo aggrappando? Poveri, magari non è colpa loro, ma a me che già sono li e già mi sto caricando di attese, un pò mi infastidisce questo via vai di gente davanti, accanto e dietro di noi, gente che mi domando come abbiano fatto ad aspettare l’ultimo istante per ritrovarsi in quel tempio della musica, ma non sentivano da prima l’attesa?

Ed è la sua voce, e le mani stringono forte i braccioli delle poltrone e delle sedie, luci blu sul palco e in platea fanno risaltare le persone vestite di bianco, trasformando il bianco in uno strano violetto… e gli occhi brillano un pò di più mentre sembra ci fosse un’aria che sa di umido e fresco ad accarezzarli.

Ed è Claudio che scherza felice di essere li, lo è con molta evidenza e la sua felicità si tramuta in battute spontanee che manterranno la loro spontaneità anche nei giorni seguenti, perchè Claudio è così, un po nuovo ogni volta, come se anche per lui fosse sempre la prima volta. E il povero Salzano se ne becca di tutti i colori e sentirà un poco di sollievo quando Claudio si mette al pianoforte per cantare… e dalla voce e dalle mani di Claudio cominciano a uscire melodie e voli di parole che impregnano subito l’aria di una magia che ti avvolge e ti culla, che ti scuote e aiuta a ritrovare dentro di te energie mentali inaspettate… e con quest’ultime anche tu cominci a volare.

Ad iniziare il concerto il primo giorno è stato :”Tutto l’amore che posso”, mentre il secondo giorno è “Solo” per Claudio e con Claudio al pianoforte per iniziare due scalette che di certo non ricorderò, ma Claudio non è solo, è dentro ad una miriade di cuori, mani, voci che lo coccolano con il pensiero e come possono, lo coccolano felici di restituire tanti momenti di azzurro che ci ha aiutato a strappare al grigiore, restituire momenti che riavremo in un eterno dare-avere di emotività e di nuove speranze da accarezzare, da coltivare.

Dicevo che la scaletta non la ricordo, ma ricordo il fluido magico che mi attraversava addentrandomi nel concerto, inframmezzato da siparietti carini, Claudio crescendo è diventato un pò più monello nel suo modo di esprimersi, ma lo fa con simpatia rendendo la cosa leggera e divertente, addentrandomi nel concerto sembrava impossibile che la tensione emotiva potesse continuare a salire, ma era praticamente impossibile frenarla, tali e tante erano le canzoni incredibilmente gradite che Claudio mi spingeva nel cuore.

Solo un signore dall’aria un pò anziana con una ragazza molto giovane, adolescente, forse la figlia, vicini a me assistono tranquilli senza proferire troppe emozioni.

Con tutto l’amore che posso, Ora che ho te, Tamburi lontani… per citarne qualcuna che avevo particolarmente voglia di sentire, ma potrei citarne tante altre e intanto l’emozione che ci assaliva ci rendeva quasi isolati dal mondo, Ed il mondo per un pò credo ci abbia ascoltato, per un pò credo sia rimasto davvero fuori di noi per lasciarci alla nostra emozione,  in un gioco infinito di cuori che si rincorrevano sulle onde della musica.

Stupisce che Claudio riesca sempre a stupire, la sua voce è sempre semplicemente meravigliosa e sembra non sentire più di tanto il passare del tempo, riempie l’aria di suoni melodiosi che sposano perfettamente i suoni che escono dagli strumenti e sentirlo così, ridotto all’essenziale della voce e di uno strumento, uno qualsiasi di quelli che ha usato, è davvero qualcosa di toccante, qualcosa che ti entra dentro e ti fa immaginare le mille scene dei suoi brani, come fossero un film, con i contorni della sua capacità di interpretare più che cantare le sue canzoni.

Vedrai vedrai e il signore vicino a me finalmente applaude, forse non è un fans di Claudio, certamente conosceva Tenco, ma certamente è uno che ama la grande musica e si rende conto che per quanto magari non sia un suo idolo, Claudio ne è grande interprete.

Reginella, Io dal mare, continuano le perle con cui Claudio sta infilando una bellissima collana e per legarle insieme ci racconta aneddoti, storielle, anche semplici battute divertenti, ma è davvero stupendo nell’omaggiare una signora incinta, dolcissimo e un pò “monello” nel sollevare un poco la gonna per “mostrar le calze che sembrano un addobbo di Natale” di un’altra ragazza, esilarante nella storiella del nome del figlio…

E infatti c’è anche Giovanni, incredibilmente bravo come sempre nel gareggiare in virtuosismi mai fine a sè stessi con la voce del padre, ne esce una cosa stupenda e travolgente sul tema di “via”, i suoni particolari della chitarra di Giovanni sposano perfettamente le variazioni vocali di un Claudio che sembra cantare spinto dall’orgoglio di mostrare a tutti un simile figlio tanto geniale.

Il pubblico in piedi e Claudio divertendo e divertendosi: ” ma come? Io canto da due ore e ora arrivi tu, fai una canzone e tutti si alzano per applaudire!” Ma sono certo che anche se era già in piedi, anche lui si era alzato un poco, magari sui tacchi, per applaudire.

E poi per me quella che è stata la chicca della serata, forse non è nemmeno giusto dire così vista l’eccellenza complessiva della serata, ma questa canzone è inaspettata, è inaspettato l’arrangiamento di Giovanni, è inaspettata a mio parere la performance vocale di Claudio che davvero supera sè stesso… l’ultimo omino… l’ultimo omino che è quello di Giovanni mentre gioca con i videogiochi e al quale lascia la sua speranza di vittoria o almeno di sopravvivenza, ma l’ultimo omino  in quel momento era anche Claudio perchè dopo la sua perfezione nell’esecuzione, di questa come di altre, ma di questa in particolare, credo che non ci sia altro e altri, oltre, nel campo della musica pop.

E poi Giovanni da solo, e poi Giovanni ancora con suo papà in un finale travolgente sulla musica di Vivi.

Claudio si è spesso spinto fra il pubblico con generosità, vagava di qua e di la fra il pubblico del palco e sembrava cercare visi conosciuti, alcune volte mi è passato vicino e guardare il suo viso sereno era rassicurante anche per noi, confesso che avrei voluto che si fermasse un poco dall’amica che avevo accanto che, come sempre, viveva appassionata e tranquilla il suo momento con Claudio, non lo ha fatto, pazienza!

Si è poi spinto in platea e sembrava galleggiare su un pubblico che tutto sommato mi è sembrato piuttosto corretto, tanta passione si, tanta ricerca di vicinanza, ma nessuna scena poco edificante e credo che Claudio sia stato contento di tutto questo. Si era lamentato che una delle sere precedenti il pubblico non era stato al meglio come comportamento, ma ora credo si sia ricreduto e abbia dimenticato gli eccessi di una sera. Può essere contento, credo, di noi.

Galleggiava dicevo, sopra un mare di affetto e sopra onde di un mare invisibile agli occhi, ma visibile al cuore, che lui stesso ha creato con la sua musica, galleggiava e navigava fra i corridoi, approdando ora da una persona ora da un’altra, scoprendo le terre nascoste delle emozioni della gente incredule davanti ad un simile regalo, Claudio che viene da noi, invece che quello che succede di solito e cioè, noi che andiamo da lui.

L’ultimo gruppo di canzoni, l’ultimo medley, si vorrebbe che non finisse mai, si guardano gli orologi con la speranza che il tempo si sia fermato ad ascoltare e che si sia dimenticato di scorrere, almeno li dentro, almeno in quel bellissimo teatro che davvero accoglie la musica come meglio non si può pensare che possa accadere. E’ un bellissimo colpo d’occhio, Claudio piccolo ed enorme in mezzo al pubblico che lo cinge da tutte le parti, il rosso è il colore che predomina, ma non è il rosso il colore della passione? E qual’è quello dell’emozione? E stiamo li, ormai tutti in piedi a guardare Claudio che passa da uno strumento all’altro regalando le ultime perle, felice ed entusiasta e forse un pò incredulo esso stesso di tanto affetto intorno, è bastato darci la possibilità di manifestarglielo e la nostra voglia di gratificarlo per tutto ciò che ha dato alle nostre vite è esplosa.

Anche il signore e la ragazzina vicini a me, prima tanto seri e compassati, ora sono in piedi ed applaudono convinti.

Rimane strada facendo, canzone con la quale Claudio chiude il gancio della sua collana di perle.

Si esce, la prima sera il saluto con chi ha condiviso con me il tempo è stato necessariamente veloce, non poteva essere altrimenti purtroppo, si incontrano altre persone, un’amica che è riuscita a trascinare qui dentro il suo scettico fidanzato, un’altra con la quale si rimpiange il poco tempo a disposizione per confrontare le nostre emozioni, Sabrina e Tony, cuore e polmoni di Doremifasol, l’ultimo saluto ad un’amica alla quale avevo procurato il biglietto insieme ad una sua amica, lo facciamo indugiando davanti all’auditorium come se davvero non ce ne volessimo andare mai.

E poi le strade di Roma di notte con il navigatore al quale abbiamo affidate le speranze di ritrovare la via di casa, strade che man mano si allontanano dall’auditorium si svuotano di gente e di traffico, strade fra una Roma bellissima con le sue penombre dalle quali sbuca fuori San Pietro, il Castel Sant’Angelo, i viali del Lungotevere attorno a Trastevere e all’Isola Tiberina… tutto sembra addormentato, tutto sembra avere un sorriso, tutto sembra felice di aver vissuto un giorno bello da incorniciare.

E credo sia vero, credo che questa città sia felice di questo suo grande figlio e di chi tanto lo ammira facendo strade e incontrando a volte disagi per incontrarlo, pensando a questo ci regala la sua benevolenza e lo fa come può, mostrandosi più bella possibile e sorridendoci con i suoi muri, con le facciate dei suoi palazzi, con la bellezza dei suoi ambienti.

Una prima meta della prima sera è un albergo da trovare, poi un’altro, la mia macchina saluta l’allegria e la partecipazione delle mie compagne di quel breve viaggio, breve ma intenso di parole e d’amicizia, la seconda sera per meta ha il quartiere da dove siamo partiti, questa volta al navigatore ho dato notizie più precise e mi porta a destinazione con sicurezza, attraverso quella piazzetta tanto poco romana, con quella strana curva dove è molto difficile non salire sul marciapiede con la ruota posteriore, vedo quell’arco ormai divenuto famigliare che porta in un angolo ancora più nascosto del quartiere, ed ecco il nostro approdo.

La mia amica se ne va con il tuo passo svelto…  perchè si deve arrivare per ripartire nuovamente lungo le strade del domani, strade di sogno che in loro vorrebbero  percorrere oasi azzurre e radure verdi di serenità e di speranze nuove.

Ora sono solo nel rientrare a Casalbertone, ma con una gioia seduta accanto.

Renato

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

4 Commenti

  1. Grazie per gli apprezzamenti, mi fa piacere riceverli sopratutto pensando alla mia paura di essere troppo prolisso nello scrivere, ma quando lo faccio non riesco a trovare niente che non ci debba essere e finisco tutte le volte per dilungarmi troppo, comunque, grazie ancora.

  2. Grazie, Renato! Chi ama il Poeta ha sensibilità ed intensità. Saper aprire il cuore e comunicare emozioni non è da tutti!! Grazie, per il dono che ci hai fatto.
    Beatrice

  3. Grazie Renato.
    Parole bellissime le tue ….
    mi hai dato tante emozioni …
    io non ho partecipato a questi concerti, ma attraverso le tue parole è come se fossi stata lì.
    Complimenti davvero per il tuo modo di scrivere .. vorrei esserne capace anch’io.
    Ciao.

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