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Baglioni, la radio mi portò alla musica

messL’intervento

Baglioni: così la radio mi fece scoprire la musica

di Claudio Baglioni

C’è un filo rosso, invisibile ma forte come nient’altro, che lega questa II edizione di Dieci Dita (gli incontri ravvicinati di musica e parole prima al Parco della Musica di Roma e poi al Teatro degli Arcimboldi a Milano) a un cd come Un piccolo Natale in più, dove la grande musica – classica, tradizionale, popolare – ricorda l’incredibile storia di un piccolo che è riuscito là dove tutti quelli che abbiamo chiamato grandi hanno fallito: cambiare, per sempre, la storia degli uomini.

E’ un filo rosso che parte da lontano: una vetrina della periferia romana della metà degli anni 50. Passando di lì, i miei erano rimasti folgorati, come pastori davanti alla grotta. «E’ bellissima!», aveva sentenziato mio padre, che era uomo e sapeva le cose.

«Ma come faremo a permettercela? », aveva risposto mia madre, che era donna e sapeva la vita.

Dopo un anno di risparmi, una grande radio a valvole faceva l’ingresso trionfale in casa. Da allora, per me, è stata lei la voce e lo spirito del Natale. Più ancora del presepe e dell’albero, che pure ho sempre amato tantissimo e che non ho mai smesso di fare.

Non vedevo l’ora che la scuola finisse, per restare solo con lei. Ci rimanevo incollato ore. Era il mio cane, la stufa, lo scatolone dei giochi. E, soprattutto, la chiave che apriva la porta dell’infinito.

Mi ci addormentavo sopra e i miei mi staccavano e mi mettevano a letto così com’ero. Emetteva ruggiti, fischi, sibili, rantoli, grappoli di note e mozziconi di parole in lingue sconosciute.

IL MIRACOLO

All’improvviso, quando indovinavo la sintonia, l’oblò (che si chiamava occhio magico e magico era davvero) si illuminava.

Sembrava una cometa, che indicava il punto e il momento esatti nei quali il miracolo si sarebbe compiuto.

Eil miracolo era la musica. E lo è ancora. Casa, cuore e pensieri venivano inondati di suoni fantastici: sinfonie di orchestre, cantanti con voci possenti, inni trionfanti, pezzi classici, cori di bambini, dindondan di campane, timpani e ottoni, canti di chiesa, canne d’organo, zampogne. Melodie che non sapevo, da ogni angolo del globo. A poco a poco, persino quelle parlate straniere e incomprensibili diventavano familiari e riuscivano quasi a darsi un senso.

Un giorno, mi dicevo, imparerò che cosa dicono.

Se, oggi, in Un piccolo Natale in più ho voluto tradurre in italiano alcuni dei grandi classici dello straordinario repertorio natalizio anglosassone degli anni 30 e 40, l’ho fatto per mantenere fede a quella promessa. Un anno, sotto l’albero trovai anche un pianino di legno: dieci tasti da suonare con un dito. Suonavano, si fa per dire (sembrava più una chitarra scordata che un piano), solo i tasti bianchi. Quelli neri erano dipinti. E, per quanto le mie dita fossero piccine, faticavano a non premere più di un tasto alla volta.

LA NOSTALGIA

Ancora oggi, in questi Dieci Dita nei quali il teatro si fa casa e tremila persone siedono intorno a me per dividere musica, parole ed emozioni, ogni volta che pizzico le corde di una chitarra o sfioro i tasti di un piano, mi ritrovo bambino, davanti a quel pianino di plastica, a cercare di mettere nell’ordine giusto le note sublimi che la radio mi aveva versato nel cuore.

Ma c’è un’altra cosa che lega, in profondità, lo spirito di questi concerti alle tre anime musicali di questo nuovo disco: la nostalgia.

Non la nostalgia del passato, però. Quello l’ho avuto e l’ho vissuto. E’ ancora con me e con me resterà sempre, perché il passato ha questo di bello: non passa mai. Mi riferisco a una nostalgia diversa: la nostalgia del futuro. Di un altro futuro, voglio dire. Di quello che il tempo avrebbe potuto essere e non è stato. Di quel tempo che non è continuato così come avremmo voluto. Che non è stato come lo abbiamo sognato, sperato, pregato. Non ancora,
almeno, visto che – anche se a volte ci sembra che sia così – non tutto è perduto. C’è ancora tempo per dare al tempo il senso che vogliamo noi. Questo disco è un album in cerca di quel tempo: un mondo interiore messo da parte, forse e forse inascoltato, ma mai dimenticato.Undisco in cerca di un certo senso di casa e di un Paese ingenuo, onesto e speranzoso, quale era, appunto, l’Italia degli anni 50. Ma quel mondo è dentro di noi. Tutti noi: chi c’era, maanche chi è venuto dopo, perché ingenuità, onestà e speranza appartengono alle persone e non alle cose. E ci saranno finché ci saranno persone disposte a incarnarle.

Sono le persone che danno qualità al tempo. E’ lui che somiglia a noi, non viceversa. Se sorridiamo, sorride e se seminiamo valori, raccoglieremo valori. Evalori divideremo. Mentre scrivo mi rendo conto di una cosa alla quale non avevo mai pensato: se sono qui, oggi, a lavorare quegli stessi ingredienti – parole e note – che uscivano da quello scatolone che mio padre fece entrare nella nostra casa di Centocelle più di 50 anni fa, lo devo proprio al Natale. E’ stato lui a farmi il regalo più prezioso e importante di sempre: la musica. Attraverso quella radio la musica è entrata nella mia vita e, grazie al Natale, la mia vita è diventata musica. Davvero, allora, questa nascita ci cambia. E, dato che avviene ogni anno, è più di una nascita: è una rinascita. L’augurio, allora – soprattutto in un momento difficile come questo – è che questo tempo ci ricordi che rinascere è davvero possibile.

Tutti abbiamo dieci dita per dare vita, con la materia che abbiamo imparato a plasmare, al presente e fare in modo che ci somigli ogni giorno di più. Perché una cosa è certa: se saremo degni di lui, lui sarà degno di noi. E se la salita si fa un po’ più dura, il passo si appesantisce e il fiato manca, non dimentichiamo che ci saranno sempre una radio e un piccolo Natale in più a indicarci la strada e a darci la forza di ricominciare.

Claudio Baglioni

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Articolo de IL MESSAGGERO del giorno 23 Dicembre 2012 a pagina 25

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

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