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Recensione di CON VOI

dj.bidrjpkv.170x170-75Con Voi 18-5-2013, la prima canzone del progetto

La prima canzone del progetto appare subito come una canzone non scontata. Il primo ascolto emoziona, soprattutto i fan, se si pensa che nel cuore si porta una lunga attesa durata dieci anni. La scelta della tematica, che si discosta subito a partire dai primi versi dal tema d’amore, fa sospirare i fan del Baglioni più moderno: forse può essere un buon brano.

L’ascolto ci rapisce subito, non ci sembra di ascoltare una canzone dalla durata di sei minuti, dal testo molto lungo e articolato. Si è subito colpiti dalle parole e dalla melodia del ritornello, anche se pare un po’ troppo urlato da Baglioni, che pure è in ottima forma vocale. Il ritornello ci porta ai ritornelli degli ultimi singoli apripista di album (“Dagli il via”, “Io sono qui”, “Sono io” e “Cuore d’aliante”), e paradossalmente l’intento tematico del brano è proprio identico a questi precedenti: tracciare un punto della situazione della vita e delle sensazioni dell’artista fino a quel momento. Questo leitmotiv di  tutti i singoli di lancio ritorna in di nuovo in questo singolo.

Il tema non è quello che ci si attendeva.

Il brano contrappone la vita dell’artista fino a questo momento, toccandone tre sfere tematiche (la propria arte, il tempo che si è speso, e i propri amori), al ruolo che nella sua vita hanno avuto i “voi”.

Con “voi” si intende chiaramente il pubblico. La struttura è piuttosto articolata.

La canzone metricamente si può dividere in due differenti strofe, un ritornello e un ponte.

La prima strofa è un ottava formata da un ottonario seguito da un decasillabo, e da una serie di tre ottonari alternati a tre endecasillabi, di cui il secondo e il quarto sono tronchi, con sineresi finale in -ia, con schema rimico ABCDABCD. A questa strofa ne segue una seconda con schema differente: una quartina di versi composti, con un verso soprannumerario dopo il terzo verso. Ogni verso è formato da due emistichi: un quinario tronco o piano e un novenario sempre tronco. Ogni verso della quartina rima con gli altri della strofa, riprendendola rima dell’endecasillabo tronco del quarto e ottavo verso dell’ottava. Il verso soprannumerario è un quinario tronco, che riprende esattamente il primo quinario della strofa, creando rima identica e interna. Successivamente si ripetono due strofe che ricalcano lo schema rimico e metrico di queste due, prima di sfociare nel ritornello. Il ritornello muta ancora struttura metrica, presentandosi come un’ottava formata da distici: il primo verso è composto da un quadrisillabo e un endecasillabo tronco, il secondo è un ottonario tronco. Da notare che gli ottonari tronchi non terminano con parole tronche nella lingua, ma per c’è una diastole in ogni parola finale del verso con spostamento della tonica sull’ultima sillaba, decisamente marcata nel cantato di Baglioni. Il ritornello presenta una rima baciata con schema EFEFEFEF. Al ritornello segue un ponte formato da due distici: due versi liberi alternati a un novenario e ad un decasillabo. La canzone riprende con due strofe con schema uguale alle due precedenti (l’ottava e la quartina), a cui segue un ritornello, identico nel testo, e un ponte, che segue lo schema del ponte precedente. Dopo l’assolo di chitarra, la canzone è conclusa da un altro ritornello identico, e dal ponte finale, con stesso schema dei due precedenti.

Uno schema di questo tipo è decisamente atipico: i versi liberi e composti, tipici della metrica barbara, sono tipici anche di gran parte della canzone d’autore, ma la divisione in stanze è sicuramente originale. Baglioni da “Questo piccolo grande amore” ci ha abituato a brani senza un’autentica alternanza strofa-ritornello tipica della canzone italiana, ne a livello musicale ne a livello metrico. In questo caso è presente un ritornello, sia a livello testuale che a livello musicale, marcata come di consueto dalla potenza dell’arrangiamento, e dalla crescita della melodia, verso note decisamente impegnative. Da segnalare a questo proposito che il secondo e il terzo ritornello presentano una sillaba soprannumeraria all’inizio della seconda quartina dell’ottava: l’aggiunta di una vocale “e”all’inizio del verso consente alla voce di Baglioni di innalzarsi in un poderoso falsetto che carica vocalmente l’attacco della seconda parte del ritornello.

Ad ogni tipo di stanza, Baglioni assegna un tema ben preciso da affrontare, creando una canzone decisamente rigida nello schema. Alla prima strofa dà il compito di parlare di se. Siamo nel singolo apripista del progetto: da sempre, come già avevo evidenziato, Baglioni tende in questi singoli a fare il punto della situazione della sua vita. Qui siamo a dieci anni di distanza dall’autoritratto di “Sono io”. In questo brano non fa autoritratti, ma affronta in un climax abbastanza marcato i tre temi più cari del repertorio, nonché della sua vita: musica, tempo e amore. Temi che non sono dissociati ma che spesso sono tra loro correlati (si pensi a“Cuore d’aliante”: “A combattere il tempo come si fa / Lo puoi battere solo a tempo di musica”, non a caso altro singolo di lancio di un album). La descrizione del tema, la presa di coscienza del punto a cui si è arrivati avviene attraverso uno stile completamente metaforico. C’è un forte distacco dallo stile narrativo di “Sono io”, il linguaggio sembra tornare indietro negli anni, anche se le metafore sono molto più limpide di quelle della trilogia: “se ti perdi una stella/il cielo on sarà mai più sereno”, “le mie stagioni più matte/son quelle che ho bruciato prima”. La seconda strofa appare meno organica e più sconnessa della prima, e c’è un virata del punto di vista, si passa dall’io al “voi”. La strofa è sempre introdotta dall’anafora avversativa del“però”, quasi a siglare in modo ancora più brusco la virata. Dietro questa avversativa c’è il più volte espresso desiderio di Baglioni di chiudere la carriera, desiderio che negli ultimi mesi aveva spesso preso il sopravvento, nel ruolo del “voi”, che può facilmente essere ricondotto al pubblico, Baglioni ha ritrovato il desiderio di ritornare a combattere con la sua musica sia il suo tempo che il suo amore. Il linguaggio per raccontare il rapporto con i fan avviene per immagini metaforiche mescolate a metonimie, alcune ardite e molto suggestive, con sapore sinestetico come “baciarsi in bocca una bellissima bugia”. Interessante al verso 24 la citazione di “Acqua dalla luna”: “buttarsi in gioco nell’aria di un’acrobazia” che fa a pari con “far sulla corda salti da capogiro”, così come al verso 23 l’immagine del fuoco sembra ripresa da “Fianco a fianco” (“ci bruciarono così l’ultima pelle”). E’ usanza del Baglioni a partire da “Sono io” (non  caso album definito da Baglioni come “Un’antologia di inediti”, usanza confermata nei brani di questo progetto. E’ necessaria una piccola riflessione su “Fianco a fianco”, altro brano che Baglioni espressamente ha dedicato al suo pubblico. Il brano, tratto da “Sono io”, descrive in modo quasi allegorico la situazione di un fan che si ritrova probabilmente allo stadio ad assistere ad un concerto del suo beniamino, in questo caso di Baglioni stesso. Le metafore sono iperboliche e irreali, sembra decisamente che si stia parlando di qualche cos’altro, c’è un grosso distacco dalla realtà. In questo “Con voi” invece la poetica di Baglioni è estremamente reale. Le figure retoriche di significato come la metonimia e la sinestesia rendono aderente alla realtà ogni metafora, creando un effetto poetico molto suggestivo nell’ascoltatore.

La concatenazione di immagini inmodo particolare nella prima, nella terza e nella quinta strofa è parzialmente sconnessa, richiama quello scorrere di immagini da “flusso di coscienza” che era il filo conduttore di tutto “Oltre”, mentre più organica ma molto più metaforica è la successione delle immagini della seconda, quarta e sesta strofa. Nella terza strofa Baglioni si diverte anche a citare Oscar Wilde (“in purgatorio ne ho fatte/ in Paradiso è stato meglio il clima”). Ma è nel ritornello che l’ascoltatore viene scosso: il ritornello rompe l’incedere metaforico e il susseguirsi di immagini, intromettendosi con un forte stile sentenzioso. L’anafora “Questo è il tempo”, ripetuta due volte in ogni ritornello, sembra di sapore quasi profetico. Baglioni cala il mantello del suo intimismo della prima strofa, smette di confessare l’amore infinito per il suo pubblico, e si erge a ruolo di profeta, di guida, di faro per il suo pubblico. Il ritornello profetico ha però diverse valenze: non è diretto esclusivamente al suo pubblico, ma credo sia diretto a tutti gli italiani. Più volte Baglioni parlando della professione del cantautore, o meglio, del cantante Pop, ha riflettuto sul rischio di diventare profeti, di sentirsi addirittura “sacerdoti che benedicono le folle al termine dei concerti”. Qui il cantautore romano rientra perfettamente in questa categoria, compiendo quasi un’omelia, con forma molto sentenziosa, sul come comportarsi in questo nostro contorto tempo. Ma è interessante sviscerare il contenuto di questo ritornello, tanto semplice nel linguaggio tanto quanto carico emotivamente e semanticamente.

Il ritmo serrato e crescente è dato da due serie di infiniti, la prima di verbi transitivi, la seconda diverbi intransitivi, sapientemente alternati, e in contrasto semantico l’uno con l’altro: trovare/diventare, cercare/restare, guardare/tornare, salvare/morire. L’ultimo stride chiaramente all’orecchio, nell’espressione “morire giovani”: infinito dal valore metaforico, sembra quasi una litote: non bisogna morire giovani, ma dentro di se bisogna arrivare alla morte come se si fosse sempre giovani. E’ la lotta del Baglioni che cerca di sconfiggere il pressante incedere del tempo (tema affrontato in questo progetto anche in “E chi ci ammazza”). E proprio nel settenario “di morire giovani” che siamo preparati al punto focale del brano, il ponte. Infatti tutti e tre i ponti possono essere letti di fila, riassumendo il significato più profondo del brano. Andiamo a riassumerne i contenuti.

Nel primo ponte c’è un invito a non fermarsi a metà strada, alludendo al fatto che ogni vita abbia il suo mistero, e Baglioni ribadisce al ruolo fondamentale che ha avuto il pubblico nel corso della sua vita: “Ho capito chi ero io da voi”. Il pubblico diventa vero protagonista del brano, e non più semplice interlocutore confidenziale. Nel secondo ponte ritroviamo una parola molto cara a Baglioni, “cammino”. Questo tema viene richiamato nel nono brano dal titolo appunto “In cammino”, ma è in realtà il tema caro a Baglioni da “Strada facendo”, e a questo brano l’autoresi riallaccia: è grazie al pubblico che ha trovato quel “gancio in mezzo al cielo”, quella sensazione di “non esser più da solo”, e sempre grazie al pubblico ha ritrovato la forza di camminare in questo nuovo progetto di canzoni e parallelamente in questo nuovo cammino di vita. Il tono confidenziale e diretto del linguaggio (“quello che sarà il cammino ancora non lo so”) è segno della vicinanza del Baglioni col suo pubblico, e del ritorno ad un linguaggio poco poetico ma molto confidenziale: sembra veramente che l’autore voglia ringraziare al suo pubblico con una sbalordante sincerità. L’ultimo ponte è sicuramente quello più interessante: “se c’è un fine in questo viaggio non c’è fine mai”. Un verso costruito con una costruzione chiastica della parola “fine”, costruita con antanaclasi marcata, artificio retorico amato da Baglioni, in modo particolare in questo progetto (anzi, spesso anche abusato, o mescolato adiafore, bisticci e paronomasie). Il tema dell’ultimo ponte è vastissimo, e meriterebbe probabilmente una canzone a parte. Ritorna il viaggio, tema portante di ogni singolo di lancio (si ricordi “e si torna a scendere in pista un altro viaggio”), quel viaggio che sembrava finito, ma che in realtà va avanti, perché ha il fine del cammino da vivere insieme, e di cercare in questo cammino una nuova prospettiva (quella espressa dal ritornello, fino all’esasperazione di “morire giovani”). Un nuovo chiasmo tiene in piedi il verso successivo: “il sogno è morto, viva il sogno”. Un verso che sembra proprio un pugno in faccia al lettore/ascoltatore, un verso che si distacca completamente dal tono di tutto il brano. Ancora una volta una citazione, “Il sogno è sempre”, che a sua volta era il proseguo de “La vita è adesso”. Ma questa volta il sogno “è morto” e contemporaneamente è “vivo”. Un ossimoro forte di ardua interpretazione: questo non è il più il tempo di sognare, ma è il tempo di agire, ci sembra dire l’artista. Una contraddizione forte, visto che sul sogno ha costruito gran parte della sua poetica. Sicuramente il dolore è più forte del sogno: già in “Patapan” il sogno del nuovo incontro con suo padre dopo la morte veniva bruscamente interrotto dal ritorno alla realtà, e così è in questo brano. E’ il dolore a farci ritornare prepotentemente all’interno della realtà, all’interno della corruzione di questa vita. Allora il ruolo del sogno può essere quello di vivere con tutte le potenzialità questa vita, pur sapendo che il sogno finisce, anzi, che il sogno è morto in partenza. Il sogno di cui parla Baglioni è esattamente quello di fermare il tempo, quello di morire giovani, quello di trovare un’altra immensità: il sogno è stato possibile, perché si è sognato insieme al proprio pubblico. Infatti l’ultimo distico assume un tono epico, dato dalla parola “eroi”. Anche qui, la citazione di “Fianco a fianco”: “ritorno di eroi”. Tutta la canzone, con questo finale, ci mostra quindi come la carriera del Baglioni cantante sia in realtà una metafora della vita di ciascuno di noi: trovare nuovi sentieri per sentirsi liberi, sognare e svegliarsi continuamente grazie alle persone che nonostante tutto ti hanno amato, in una vera e propria lotta epica che è la vita.

Le immagini sono molte, i temi sono tutti quelli cari a Baglioni, ma sono raccontati con una freschezza che sa di libertà e di desiderio di comunicare. E in questo brano la penna di Baglioni non si smentisce nel costruire un vivace canto sulla vita e i sentimenti di un uomo di 62 anni, pur non creando un brano nuovo nei contenuti.

Luca Bertoloni

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

6 Commenti

  1. Mi associo ai complimenti,ottimo lavoro ed estremamente interessante che penso piacerebbe molto pure a Claudio. Attendiamo le prossime!

  2. Una recensione interessantissima, che mette, ancora una volta, in evidenza la bravura ed il calibro di un artista immenso, dalla voce straordinaria, musicista, compositore e grande poeta di notevole spessore, che continua a stupirci con le sue poderose OPERE , degne di essere studiate, con dei veri e propri corsi monografici, a livello universitario! COMPLIMENTI davvero per questa recensione e mi piacerebbe tantissimo che se ne facessero delle altre, se non proprio per tutti i nuovi testi, almeno per “DIECI DITA”, “E CHI CI AMMAZZA”, “Va tutto bene” ed all’irrinunciabile interpretazione di “IN UN’ALTRA VITA”! Grazie !

    1. Ciao! Sono l’autore della recensione, grazie per i complimenti! Questa recensione è la prima bozza di un capitolo che sto dedicando ad uno studio personale su tutto il progetto “CON VOI” di Baglioni, che comprende analisi di ogni brano, analisi delle motivazioni del progetto, della presentazione, del tour (ovviamente dopo che avrò visto il concerto) e anche del disco che uscirà.
      Quindi, si, analizzerò tutti i brani! 🙂
      La recensione sarà un pochino più articolata, e più corretta grammaticalmente: questa ripeto è la prima bozza, ringrazio tony di averla pubblicata, così mi permette di capire, in caso di giudizi positivi, se vale la pena portare avanti questo progetto di analisi!
      Ps, sono uno studente di lettere moderne, non so se si nota! 😉
      ciao e grazie di nuovo!

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