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Faccia a Faccia al Corriere

“Faccia a Faccia” con Claudio Baglioni
di Andrea Laffranchi

Descrizione: ”Faccia a Faccia” esclusivo con Baglioni, riservato ai lettori che si saranno prenotati con il coupon pubblicato su ViviMilano in edicola il 30 aprile.

Un disco e due tour. In pochi mesi Claudio Baglioni, classe 1951, ha pubblicato il nuovo album «ConVoi» e si è messo on the road per due serie di concerti: il recital teatrale «DieciDita», un progetto che lo vede da solo sul palco, e il «ConVoiLive», il tour nei palazzetti che si chiude proprio a Milano, al Forum il 6 e il 7 maggio. Alla vigilia, lunedì 5, i lettori di «ViviMilano» hanno l’opportunità di incontrare Baglioni dal vivo, in esclusiva, in un «Faccia a faccia» nella Sala Buzzati del Corriere della Sera.

Per fortuna che pochi mesi fa avevi detto di aver pensato a uno stop definitivo per la tua carriera…
«Ci avevo pensato seriamente. Mi sembrava che tante cose fossero compiute e che andare avanti sarebbe stato in un certo senso una forma di accanimento terapeutico. Poi ci sono delle gratificazioni, come quelle che arrivano da questo “giro”, di cui non puoi non tenere conto e che ti fanno dire che vale la pena andare avanti».

Sottotitolo del tour: «Tutta un’altra musica». Che volevi dire?
«Che la musica torna al centro della scena. E infatti con me sul palco ci sono 13 polistrumentisti (2 batterie, 2 chitarre, basso, 3 tastiere, 5 vocalist ndr). Il finale di molti brani è legato all’intro di quello successivo come in un convoglio. Tutto è suonato dal vivo e molte canzoni sono presentate in modi diversi. Ci divertiamo noi per primi sul palco… Del resto in inglese, francese e tedesco, si usa la stessa parola per i temini suonare e giocare: play, jouer, spielen. Insomma, sentivo l’esigenza di novità: non solo un cambiare tanto per cambiare».

La scenografia evoca un cantiere in evoluzione e in un paio di momenti vi mettete pure il caschetto da muratore…
«Sono tornato nei palazzetti e nelle arene indoor dopo 8 anni. All’inizio ero perplesso non solo perché in quegli spazi il suono è difficile da gestire, ma perché fare un popshow o un rockshow mi sembrava ormai un qualcosa fuori dai tempi. Così ci è venuta l’idea di non avere un palco ma di farlo immaginare al pubblico. Poi c’è anche un legame con la musica che in fondo è un architettura senza edificio e di quel mondo usa anche la terminologia. E infine c’è un richiamo alla situazione del nostro Paese chiamato a scrollarsi la polvere di dosso. Un cantiere evoca qualcosa che deve salire».

Tre ore di concerto. Ci sarà tutto?
«Sarà un concerto antologico, ci sono i passaggi più riconosciuti dal pubblico ma anche sei brani dell’ultimo lavoro e delle canzoni che definirei meno convenzionali. L’intenzione è quella di attraversare la mia carriera: 45 anni se consideriamo il mio primo disco, 50 anni se partiamo dalla prima esibizione pubblica a un concorso per voci nuove a Centocelle nel 1964».

Ricordi di allora, di quella prima volta?
«Andai con un amico che cercavo di emulare. Era la festa del patrono, san Felice da Cantalice. C’è la parola canta… “nomen omen”… Da quel momento mio padre cominciò a crederci».

Tre ore sul palco (e 33 canzoni): come ti prepari fisicamente?
«Sul palco mi muovo molto: siamo quasi al confine con il recital, il musical o la rappresentazione teatrale, anche se parlo pochissimo. Nell’85, per la riapertura dello stadio Flaminio a Roma, feci un esperimento con l’Istituto di Medicina dello sport. Durante il concerto ero sotto controllo medico: nascosti dagli abiti avevo gli elettrodi per l’elettrocardiogramma e ogni 4-5 pezzi andavo dietro le quinte per soffiare in uno spirometro. Venne fuori che lo sforzo fisico per affrontare un concerto era paragonabile a quello di una mezza maratona. Quindi ci vuole una buona preparazione fisica. Col tempo poi si impara anche a mettere le canzoni in scaletta in un certo ordine, ma alla fine ho scoperto che l’adrenalina fa miracoli e ti inonda anche quando non sei in perfetta forma».

Poche parole in concerto, ma all’incontro coi lettori sarà il contrario: nudo, senza la musica a proteggerti…
«Mi fa piacere. Non vorrei che a un certo punto della mia vita la musica diventasse un cappotto. Questi incontri sono interessanti perché parli di musica, ma musica vista come quel legante che ti mette assieme ad altre persone. Il successo spesso viene misurato in termini di popolarità e con i numeri e i soldi… Ma da un certo punto in poi, eliminati gli aspetti del divismo, il successo è anche un segnale del motivo per cui vivi nel mondo e ti rapporti agli altri».

Cosa c’è dopo questo tour?
«Lo spettacolo di Milano dovrebbe essere l’ultima data ma proprio in questi giorni stiamo decidendo se ripartire ancora per questa che è un’avventura in divenire. Sto valutando l’incastro con i tempi e le scadenze di altri progetti. Sono in tour con una chitarra da viaggio e una chitarra silente, così posso suonare e lavorare anche di notte in albergo senza disturbare nessuno. Da qualche anno scrivo così in movimento. Sono tornato a quando ero studente, che giravo senza sosta attorno alla scrivania>.

Ci sono già nuove canzoni, quindi?
«In questi ultimi 4-5 anni ho preso tanti appunti, sia musicali sia letterari. Quindi sono andato a rivisitare questo grande magazzino di carta. Ho scritto tutto su un librone ufficiale con le pagine stampate col pentagramma e su foglietti volanti. Non avevo registrato nulla per non farmi influenzare dal fatto che una volta canti meglio di un’altra.

Fonte

redazione

La redazione di doremifasol.org e saltasullavita.com è composta da tanti amici ed appassionati della musica di Claudio Baglioni, coordinati dal fondatore e amministratore Tony Assante. Un grazie a loro per il lavoro e l'aiuto apportato a questo portale - Per scrivere alla redazione usare wop@doremifasol.org

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