Baglioni, mezzo secolo di musica
Baglioni, mezzo secolo di musica. “Ma non sono fatto per il successo, sono uno schivo”
Il popolare cantautore festeggia 50 anni di canzoni e 45 anni di dischi con la ripresa del tour e un insolito concerto jazz a Ischia
ROMA – Cinquant’anni fa, nel quartiere romano di Centocelle, per la festa del Santo Patrono, San Felice da Cantalice, Ottorino Valentini decise di organizzare un piccolo concorso canoro, con tanto di festa in piazza. È lì che inizia l’avventura di Claudio Baglioni nel mondo della musica.
Baglioni, come se la ricorda oggi quella serata?
«Be’, che nulla era previsto. Non c’era nell’aria il segno che avrei dovuto fare quella strada, non c’era nessuna tradizione familiare. Abitavo nella periferia romana, a Centocelle. Venni a sapere che uno degli amici che vivevano nel mio palazzo si era iscritto a quel concorso. Per non essere da meno, lo feci anch’io. Mia madre mi confezionò un meraviglioso insieme di camicia rosa e pantaloni celesti, e mio padre fece da direttore artistico, scelse la canzone, un pezzo che era andato a Sanremo, scritto da Robi Ferrante e cantato da Paul Anka, Ogni volta. Provai per una settimana le mosse davanti allo specchio, ne avevo anche inventata una con la gamba un po’ da urlatore, e mi presentai. Non vinsi. Ma lo feci l’anno successivo, con grande soddisfazione di tutti».
Ma poi come continuò?
«Un maestro di musica andò da mio padre e gli disse che non ero male, allora i miei mi iscrissero ad un corso di musica e mi comprarono la chitarra».
Se dovesse trarre un bilancio di questi cinquant’anni, a parte il successo, quali sono le cose essenziali della sua carriera?
«Innanzitutto che sia durata così tanto. Non avrei mai pensato che sarei arrivato a questo punto, davvero. L’altro fatto è che in fondo non mi sono reso conto mai che fosse una professione. È un mestiere che si impara ogni giorno, e se non fosse così potresti non avere più “fame”, non avere più passione. Ma ho anche un rammarico, perché alla fine scopri che in tutti questi anni avresti potuto fare di più. Io ho avuto anche lunghe pause, ho “perso” del tempo ».
Ma è diventato Baglioni…
«Si, ma ho faticato molto a mettere me stesso nel personaggio, il mio è un mestiere pubblico, lo richiede, e io non ero fatto per questo, sono sempre stato schivo ho dovuto imparare a non esserlo. Sei Baglioni anche quando il palco non c’è, non sei mai fuori servizio, sei sempre al lavoro con il resto del mondo, e questo è stato un percorso parallelo, una sfida tra due anime che credo si sia risolta».
Ha mai perso la testa per il successo avuto?
«Il delirio di onnipotenza? Quando sali sul palco e tutti urlano il tuo nome come al Colosseo, la trappola è forte. Puoi benedire le folle, hai centomila watt che amplificano la tua voce, che diventa messianica, ogni parola assume una profondità che non avrebbe senza l’apparato e il rituale. Però devo dire che sono stato fortunato, ogni volta che c’era questo rischio ho beccato uno schiaffo, un successo minore, quando potevo montarmi la testa qualcosa mi ha tolto il piedistallo. Certe volte ho anche sfidato la fama: tanti anni fa avevo paura di giocare il ruolo di quello che sembra democratico ma in realtà si sottrae al pubblico e alla vita. Allora mi comprai una macchina scoperta e decisi di andare in giro per Roma mostrandomi. Molti mi riconoscevano, mi salutavano e mi chiamavano per nome, finché non arrivo il momento della chiamata: “Baglioni!”, alla quale rispondi girando la testa e sorridendo, e arriva l’inevitabile “Ma vaffa…”. Mi è servito, la malattia della presunzione credo di averla evitata».
Tra successi e cambiamenti si può dire che lei sia rinato molte volte in questi 50 anni.
«Non so se me lo sono andato a cercare o se me lo sono meritato, ma di certo mi sono dato da fare. Il successo non dura mai per sempre. Devi cercare altre cose, stimoli, sentimenti…».
Rispetto agli altri cantautori della sua generazione lei aveva una matrice musicale molto più forte
«Si, molto variegata. Piccolo grande amore per esempio ha una struttura complessa, così come tutto il resto del disco. La musica è quasi matematica, ha le sue leggi. Questa forse è stata la vera differenza tra me e gli anni Settanta di altri protagonisti della canzone».
Curiosità musicale che il 30 agosto la porterà per la prima volta in una rassegna jazz. Un’altra rinascita?
«E chi può dirlo, io stesso sono molto curioso di vedere cosa farò. Mi piaceva l’idea di andare a cantare a Ischia per un motivo sentimentale: io sono frutto di una vacanza d’amore dei miei genitori a Ischia. Quindi ho detto di si e poi dopo due o tre giorni ho letto il programma e mi è venuto un groppo alla gola. Con me ci sarà Danilo Rea, e in questi giorni stiamo cominciando a scegliere il repertorio. Magari potrebbe nascere qualcosa di curioso ».
E poi si ricomincia il tour?
«Si, riprendo con il tour “Convoi”, che diventa “reTour”, con i tredici polistrumentisti di questo straordinario supergruppo che mi accompagna. Partiremo il 18 ottobre da Bruxelles. Ha avuto un grande successo, più di duecentomila spettatori».
Ha intercettato un sentimento, il cambiamento del paese.
«Credo di si. Il paese si è stancato negli ultimi venti anni, ha iniziato a immalinconirsi, sfasciarsi, perdere la certezza. Noi facciamo la nostra parte, come tutti, mettiamo in gioco idee, valori, volontà. Non mi piace che vinca il senso della disfatta, del sospetto, del “tanto non ce la si fa, il paese è finito”, quello che posso fare, che dovremmo fare tutti, è fare bene il mio mestiere, assieme agli altri».
E il nuovo disco?
«Quello che ho fatto mi ha messo una grande frenesia. Dopo 50 anni di musica e 45 di dischi, pensi sempre che sia il momento del gran finale. E invece fai qualcosa di diverso».
Ma il pubblico vuole Baglioni…
«Il mio lavoro è condannato tutta la vita ad essere popolare, non potrei diventare più un artista di nicchia. E questa è una bella cosa ma è anche una grande difficoltà. È una sfida che ti dà benzina anche se c’è il pericolo di essere banali o troppo ecumenici».
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Grande come sempre…il bello di baglioni è che dopo 50anni di successo si stupisce ancora e parla di sè come di uno che non sa come andrà il suo lavoro. Umile e straordinario!
E’ così cara Nadia…ma noi lo amiamo anche per questo…non solo per come canta, ma anche per come è come persona e Lui è una….Bella Persona…