Baglioni Notebook

08\04\2016 Nota di Claudio Baglioni 

img_1443.jpgStazione Centrale Milano. 1967.
Era gennaio e l’inverno colpiva pesante.
Le grandi arcate metalliche e brune
con le volte di ferro e di vetro
che fanno da tetto ai binari
apparvero come fantasmi giganti
rompendo lo schermo fumante di nebbia
che aveva avvolto e bendato
le carrozze e i finestrini del treno
per tutto l’ultimo interminabile tratto
nella pianura padana.
Mia madre e io – 15 anni e 8 mesi –
scendemmo sperduti sulla banchina
prendendo due direzioni contrarie
per poi ritrovarci un po’ spauriti
schiena a schiena a chiamarci.
Uscire dalla stazione fu un altro viaggio.
Tra sale imponenti e scalinate monumentali
alla fine spuntammo sul largo piazzale.
Ecco Milano.
Né mamma né io c’eravamo mai stati.
Era il mio primo provino importante
e per l’occasione ci fu prenotata
una stanza in una pensione a due stelle
con un lavandino minuscolo
di fronte ai due letti attaccati.
Quando mia madre aprì il rubinetto
colò giù un’acqua scura inchiostrata
che io presi come un brutto presagio.
L’audizione andò male parecchio.
I discografici mi dissero in faccia
ch’ero troppo introverso e i pezzi funesti
e che avrei dovuto cantare canzoni di altri.
Cose più allegre e più adatte a un ragazzo
e che magari m’avrebbero sentito di nuovo
più in là per capire se mi fossi scafato.
Ripresi il mio tram di ritorno all’albergo
dove mia madre aspettava con trepidazione
e appoggiato sul vetro aperto a metà
urlai fuori con tutto il fiato che m’era rimasto
“Ve la farò vedere io. Io non mi fermo.
Io diventerò qualcuno.”
Adesso che sono qualcuno
ci son delle volte in cui vorrei tanto fermarmi.
Ma poi mi rimetto su in piedi
e ricomincio ad andare perché andare avanti
è l’unica cosa che si può fare.

Max Sott

Uno dei tanti Amici che condivide la propria passione CON-VOI!

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