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Claudio Baglioni e la centralità della canzone

#staseraAcasadiluca – Quinta puntata

Claudio e la centralità della canzone: testo, musica e performance

La settimana appena conclusa si è portata con sé una grande, grandissima novità, forse passata inosservata ai più. Sono stati annunciati tre “nuovi premi simbolici” per il Festival, simbolici perché non consistenti in denaro. Confesso che anche io avevo letto la notizia con un po’ di disinteresse: in fondo, cosa mai saranno tre premi in più, in una manifestazione che è fatta apposta per dare premi. Poi, ieri, mi sono preso tempo per rileggere tutte le notizie della settimana, per poter scrivere al meglio questo scritto settimanale. E rileggendo bene il comunicato, mi sono accorto che quanto stavo leggendo avesse una portata che di primo acchito non avevo notato.

In accordo con il nostro Claudio, direttore artistico, verranno premiati il testo più bello, la composizione musicale più bella, e la miglior interpretazione. Niente di nuovo sotto il sole, ci verrebbe da dire; mica ci voleva il “genio” di Baglioni per pensare che, effettivamente, questi fossero i tre aspetti da premiare nel caso di canzoni… Ma, aspettate un momento… Siamo così sicuri di essere TUTTI d’accordo?

A partire dal 1958, dalla rivoluzione di Modugno (e poi dei cantautori) chiunque si è cimentato nel cercare di dare una definizione di “canzone”; l’hanno fatto i filosofi, gli artisti, i giornalisti, i letterati, i linguisti, i musicisti, e tutti i semplici uditori e fruitori. Ma, come la storia del pensiero e della cultura ci insegna bene, le definizioni in questo caso contano quando arrivano dalle istituzioni, siano esse sociali, politiche o culturali. Ebbene, Roberto Vecchioni, compilando nel 2000 la voce “canzone d’autore” per l’enciclopedia Treccani, aveva evidenziato proprio questi tre aspetti, come le caratteristiche fondanti dell’oggetto estetico “canzone”: qualcosa di nuovo quindi, NON una poesia in musica, NON una musica semplificata, NON l’interpretazione dei cantanti del primo Novecento. No, qualcosa di nuovo, che unisse un TESTO che dicesse qualcosa, una MUSICA che con il testo si sposasse perfettamente, il tutto condito da un’INTERPRETAZIONE, che nel senso più generale del termine comprende sia l’arrangiamento musicale, che l’interpretazione dell’esecutore, che anche il modo con cui il cantante stesso si pone nel momento dell’esecuzione (potremmo azzardare, al posto di “interpretazione”, la parola PERFORMANCE). Dopo Vecchioni, illustri semiologi come Jachia, o musicologi come La Via, hanno utilizzato ancora questa tripartizione. Ebbene, ora il nostro Direttore Artistico porta questa tripartizione al Festival, e la fa fonte di tre premi. Sì, sembra che Claudio voglia dire a tutti che cos’è la canzone: un sinolon inscindibile di queste tre componenti. Non prevale il testo, non prevale la musica, non prevale l’interpretazione, ma le tre componenti sono INSIEME. Ciò non toglie che, per poterle capire insieme, le componenti vadano analizzate anche SINGOLARMENTE: così io leggo il significato, dalla portata quindi tutt’altro che banale, di questi tre nuovi premi. Questa novità segue di pochi giorni la publicazione del “decreto spettacolo”, in cui «la Repubblica riconosce altresì […] b) il valore delle espressioni artistiche della canzone popolare d’autore». Che Claudio ribadisca, all’interno di una manifestazione nazional-popolare come il Festival, che cosa SIA la canzone popolare d’autore, e che la rimetta al centro dello show televisivo, è sicuro qualcosa di tremendamente importante.

Penso che quindi le indiscrezioni sul palco, sulla presenza di Fiorello, sulla bellissima Michelle Hunziker, possano davvero passare in secondo piano di fronte a quella che sembra sempre di più la prospettiva del festival di Claudio: la centralità della canzone.

D’altronde, per un artista che ha sempre cercato di «frugar parole / per far sognar qualcuno» con la sua «santa musica leggera, per chi è senza compagnia», con quelle canzoni talvolta «urlate al cielo laggiù», talvolta sussurrate con una «voce piano» che «canta piano e voce», penso che non ci debba meravigliare. La canzone al centro del festival, sperando che davvero non sia un nuovo festival, ma un festival nuovo.

Luca Bertoloni

Nato a Pavia nel 1987, professore di Lettere presso le scuole medie e superiori, maestro di scuola materna di musica e teatro e educatore presso gli oratori; svolge attività di ricerca scientifica in ambito linguistico, sociolinguistico, semiotico e mediologico; suona nel gruppo pop pavese Fuori Target, per cui scrive i brani e cura gli arrangiamenti, e coordina sempre a Pavia la compagnia teatrale amatoriale I Balabiut; è inoltre volontario presso l’oratorio Santa Maria di Caravaggio (Pv), dove svolge diverse attività che spaziano dal coro all’animazione.

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