#staseraAcasadiluca – Quelli che son tutto e niente
Questa sera a casa di Luca ha bussato una persona speciale: Mara, mia grande amica da diversi anni, conosciuta proprio grazie alla passione per Claudio.
Non sto qui a tediarvi con quello che rappresenta Mara per me, perché cadrei nel melenso e nel retorico, ma vi basti sapere che è una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto. Diversi giorni fa Mara, laureata in filosofia e giovane professoressa, mi aveva mandato un suo scritto di carattere filosofico su Claudio, ma mi sono preso del tempo per leggerlo e per ragionarci su. Mara commenta brillantemente un brano (non vi faccio alcun spoiler, leggete il suo testo!!!!) che si sofferma su una tematica più volte citata anche nei miei scritti: l’artista.
“Chi ti insegnerà a guardare il cielo fino a rimanere senza respiro? A guardare un quadro per ore ed ore fino a avere i brividi dentro il cuore?”.
Roberto Vecchioni riassume così una delle più grandi emozioni che un uomo possa provare, emozioni date da artisti: il cielo, fatto da quel grande artista che qualcuno chiama Dio, qualcun altro Madre Natura, qualcun altro forse non lo chiama; il quadro, segno tangibile delle forme d’arte concrete. Mara ci fa andare dentro quello che Claudio intende per artista, e lo fa brillantemente, sviscerando contenuti filosofici alti, e delineando brillantemente, grazie alle parole di Claudio, il suo essere “artista”.
Penso sia un bell’augurio per la fine di quest’anno: Claudio è prima di tutto un’artista, che della sua arte ne ha fatto una professione, ma anche una vocazione. Perché, all’interno del suo «caleidoscopico universo concettuale», emerge un Claudio-artista che «sa vedere lontano, sopra il banale e l’ordinario»: è l’esperienza che ognuno di noi, che apprezza davvero Baglioni, ha fatto più volte leggendo e ascoltando le sue canzoni. È l’esperienza dell’arte, quella vera, che trafigge le ossa, e che rende la monotonia orizzontale un qualcosa di verticale.
Grazie, Mara, per aver bussato a casa di Luca, e che la tua riflessione possa essere una degna conclusione di fine anno, all’insegna dell’arte, e di Claudio-artista. Perché, aldilà di tutto, siamo di fronte davvero ad un Artista, e quale finale di anno migliore si può chiedere, se non affidarlo all’arte?
Luca
QUELLI CHE SON TUTTO E NIENTE
#staseraAcasadiluca – Nona puntata
Quando mi avvicinai, o meglio mi immersi, nell’universo musicale di Claudio Baglioni non ero ancora una studentessa di Filosofia; ero una studentessa di scuola media che viveva quella fase critica della vita che tutti gli uomini hanno il compito di attraversare. Oggi sono laureata in Filosofia e quella splendida fase critica – ahimè – sembra ormai tanto lontana. Ma se «le cose cambiano per vivere e vivono per cambiare», qualcosa di quei giorni è ancora qui, vivo e imperituro: la passione per la musica di Claudio che mi accompagna da quasi 15 anni. Sin da subito il mio approccio con le sue canzoni è stato guidato da un criterio, per così dire, contenutistico: insieme al fascino travolgente dei suoni, delle melodie, del timbro, della squisitezza canora, che scuoteva la parte emotiva della mia persona, c’era la profondità inesplorata di quei testi così intensi, pregni, densi di significati. Più di tutto questo mi rapiva e mi portava ad analizzare e sviscerare quei testi quasi con ossessione e precisione certosina, concedendomi un’immensa soddisfazione intellettuale. Lo stesso amore per i significati e i sensi e il richiamo della Verità mi hanno condotto nel tempo, ad iscrivermi alla facoltà di Filosofia. E ancora oggi, ma con strumenti intellettuali meno indefiniti e vaghi, forse quasi in una sorta di automatismo, continuo a rivolgermi a questo universo musicale con lo stesso spirito, interrogandomi e spingendomi sui varchi concettuali che si aprono tra le righe di quei testi, su quelle parole che, ogni volta, regalano sfumature ideologiche diverse e conducono il pensiero su abissi nuovi e sconosciuti.
Grazie a Claudio ho potuto intessere un’amicizia speciale con una persona splendida, Luca. Con lui condivido sì una passione musicale, ma moltissime altre cose, tra le quali uno sguardo culturale sulla vita e una curiosità intellettuale sulla realtà che ci circonda. La sua ricerca accademica sulla lingua delle canzoni di Claudio, il cui mirabile risultato è una conquista per chi, come tutti noi, pretende il giusto riconoscimento alla canzone d’autore nell’ambito culturale che inerisce alla letteratura, mi ha dato lo stimolo a mettere per iscritto alcuni miei spunti concettuali che riconoscono, in quei testi tanto navigati, contenuti filosofici elevatissimi. Essi dimostrano a loro volta che, insieme ad un’ampia conoscenza del mondo della letteratura, Claudio abbia anche una grande familiarità con quello della filosofia – affine con il primo ma distinto da esso – e quanto sappia dialogare con molti dei suoi autori e delle sue correnti. All’origine di tutto questo vi sono, indubbiamente, la sua sconfinata sensibilità emotiva e intellettuale e la sua propulsiva capacità comunicativa.
Familiarità di questo tipo sono state già osservate – basti pensare alla celebre affermazione di Friedrich Nietzsche in Aurora «Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare» che ritroviamo in Sì io sarò di Baglioni: «Più su vai e più sarai e più sarai piccolo per chi non sta in alto»1 o all’accostamento del brano Un mondo a forma di te con il pensiero filosofico utopico, come lo stesso Claudio afferma nel libretto di Viaggiatore associando “il mondo a forma di lei” con la terra di utopia, dove le cose sono come dovrebbero essere, dove tutto è perfetto2 (come ne La Città del Sole di Tommaso Campanella o in Utopia di Tommaso Moro). Certa che questo mio articolo è soltanto il frutto di considerazioni personali, senza pretese di insegnare niente a nessuno, ho voluto bussare A casa di Luca, per condividere con voi alcune mie riflessioni inerenti al caleidoscopico universo concettuale del nostro Claudio. A tal proposito ho selezionato – nella sconfinatezza delle tematiche filosofiche da lui trattate, che spaziano dal viaggio alla politica, dall’amore alla fede, dall’etica ambientale alla morte, dal tempo alla libertà – un brano a mio parere concettualmente forte, in cui è possibile evidenziare risonanze o citazioni dalla storia della filosofia: Stelle di stelle.
Stelle di stelle è un brano molto particolare, all’interno del quale si intreccia con il testo principale cantato da Claudio, il controcanto di Mia Martini, in un duetto estremamente poetico e struggente. Il tema è quello dell’arte, o meglio quello di coloro che fanno arte: gli artisti. Si tratta di una categoria questa, centrale per il pensiero filosofico, al punto che sin dai suoi primordi esso si è strutturato anche come pensiero sopra l’esperienza artistica, dando vita ad una disciplina estremamente affascinante, definita estetica. Il brano in questione è un sapientissimo pezzo di estetica, veicolo di una concezione squisitamente ottocentesca dell’arte e degli artisti, in cui è possibile rinvenire echi e risonanze del Romanticismo tedesco e della filosofia di Arthur Schopenhauer. Il verso di apertura del brano – «io sperai di esser tra quelli che camminano le vie ribelli» – rappresenta una sorta di “dichiarazione di poetica” del cantante che esprime la sua speranza, maturata e radicata nel tempo, come denota la scelta del passato remoto, di poter essere annoverato tra gli artisti, presentati come «stelle di stelle», metafora che si chiarirà più avanti nel testo. Solo al quarto verso compare un’espressione più esplicita: «quei cialtroni degli artisti». In effetti questa stessa aspirazione e questa stessa considerazione ludica e trasognata degli artisti compare in apertura di un altro brano di Oltre, Acqua dalla luna: «volevo essere un grande mago». La filosofia romantica rappresenta forse, storicamente, il momento di massimo riconoscimento del ruolo dell’arte nella scoperta della Verità. Se la razionalità, la scienza, la logica non sono in grado di attingere l’Assoluto, ostacolate dal loro procedere attraverso la mediazione del pensiero, al contrario l’arte, grazie all’immaginazione, rappresenta una via immediata di accesso all’Assoluto e perciò viene riconosciuta come l’unica facoltà in grado di offrire una vera intuizione della realtà. Penetrando le oscure e misteriose forze del reale, grazie alla sua creatività l’artista, a differenza dello scienziato, diventa una sorta di mago in grado di sottrarsi al dominio delle leggi meccaniche che regolano il mondo. Da qui la superiorità degli artisti, individui privilegiati, eccentrici, ma distaccati dalla realtà, incapaci di far fronte ai bisogni pratici dell’esistenza, malinconici nell’anelito di un altro mondo: in altre parole, sono «quelli che qualcuno cresce al riparo dalla realtà, fuori dai guai, senza un’età, soli». L’artista è un diverso, è qualcuno che sa vedere lontano, sopra il banale e l’ordinario e nella sua stranezza è spesso deriso e lasciato solo.
Nella filosofia di Schopenhauer questa superiorità dell’artista – che il filosofo indica sempre con il termine genio – dipende dalla sua capacità di riprodurre, nell’opera d’arte, le essenze di tutte le cose, di osservarle nella loro universalità ed eternità, depurate dalle trame dello spazio-tempo. Attraverso l’esperienza artistica si sospende l’azione del principio metafisico che, secondo il filosofo, rende dolorosa l’esistenza di tutti gli esseri, la Volontà, la quale ci sospinge sempre a volere ciò di cui manchiamo e ci condanna perciò ad essere continuamente infelici. Gli artisti, grazie alla loro sensibilità, sono gli individui più consapevoli del dramma della vita e perciò, come anche Claudio sottolinea nel brano, essi sono «tristi». Ma se il genio è un individuo solitario, diverso dalla massa degli uomini per bene, quelli sempre in posa, convinti di sé, è anche perché non si prende mai sul serio e nel distacco da se stesso pratica l’auto-ironia (non a caso gli artisti sono, nel brano, dei «ribelli», «sudici eroi», «cialtroni», «incantatori», «aquilonisti»…). Il loro distacco dal mondo non è però involuzione, chiusura su se stessi: la loro arte è a servizio degli altri perché chiunque, osserva Schopenhauer, contemplando un’opera d’arte, può riconoscere in essa quelle stesse essenze universali ed eterne, innalzarsi a quel piano di essere3 in cui non si è soggetti al dolore della vita. L’arte, essendo dunque in grado di lenire il dramma dei viventi, cioè la loro costitutiva sofferenza, è perciò per sua natura catartica: il piacere estetico ci eleva al di sopra di questa sofferenza e ci concede una momentanea fuga dalla realtà. Questo stesso concetto è espresso mirabilmente nella chiusura del brano, quando riferendosi agli artisti l’autore afferma che «dal palco scesero a popolare i sogni della gente». La magia del genio non è mai autoreferenziale ed il suo puro vedere è rivolto a tutti gli altri uomini: osservando un quadro, leggendo una poesia, ascoltando una canzone, siamo anche noi nel dominio della pura contemplazione e dunque condotti a riparo dal dolore della realtà.
Questa sospensione della quotidianità è confermata dalle parole cantate nel brano da Mia Martini, metafore che esprimono un’insoddisfazione per quell’approccio logico alla comprensione della realtà che non sa rendere conto di certi fenomeni, apparentemente contraddittori: «può il cielo finire qui», «i fiori recisi ancora profumano», «può il mare fermarsi prima dell’orizzonte».
Allo stesso modo in cui ci appaiono contraddittori questi fenomeni, ci stupisce il fatto che continuiamo a vedere nel cielo stelle esplose anni e anni fa, la cui luce dovrebbe essersi spenta eppure è ancora lassù, brillante e luminosa. Questo sono gli artisti, stelle di stelle: «anche le stelle bruciate lassù viaggiano per l’eternità». Si comprende così il significato metaforico del titolo che allude al fatto che, come la luce di stelle ormai esplose, anche quella degli artisti supera le barriere dello spazio e del tempo e rimane sempre lì «a illuderci negli occhi che per sempre c’è una luce su chi non sa più cantare». Anche qui intravediamo un profondissimo concetto filosofico, teso a evidenziare la natura incorruttibile di qualsiasi prodotto artistico che, una volta dato alla luce, è impossibile spegnere. Dunque l’arte assicura al suo creatore una condizione di immortalità, una consistenza imperitura, un’elevazione al di là del tempo e al di sopra dello spazio, oltre il piano fenomenico, sempre mutevole e corruttibile. In questo caso si può intravedere un’eco di una citazione attribuita ad uno dei massimi esponenti del romanticismo tedesco, J. W. Goethe, riferita agli artisti: «maledetti, trafitti dalla passione, l’Amore ci sopravvive e l’Arte ci rende immortali». E in effetti gli artisti sono «quelli che non vivono mai veramente ma neanche poi muoiono mai». Non servono altre parole per dimostrare lo spessore filosofico di questo testo, di questo brano così denso di risonanze romantiche che, oltre a rendere perfettamente l’elevatezza dell’arte di Claudio, rende anche omaggio alla luce di un’interprete, Mia Martini, che ha terminato il suo viaggio eppure non si è mai spenta, è ancora lì in alto che splende e che ancora ci dà quelle emozioni che sono uniche, perché in grado di alleviare il dolore di tutti i giorni.
Mara Troiani
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Ciao Luca. . . ho letto cosa ha scritto la tua amica Mara e vorrei esprimere il mio modesto pensiero . . Anche se non vedo cosa ci faccia io in ” mezzo” a due 30 Ennio laureati uno in lettere moderne e una in filosofia. . Ma l’argomento mi riguarda personalmente. . Io dovevo fare il liceo artistico a Pisa e restauro a Firenze e invece i casi della vita hanno voluto che facessi l_istituto tecnico commerciale ( dove vai son cipolle si dice da noi in Toscana ) ma uno se nasce artista è artista dentro.. . E io e mio fratello Alberto, che purtroppo non c’è più lo siamo grazie a mio padre. . Tutti e due siamo orefeci e abbiamo sfogati la ns creativita’ lui con l’oro e i gioielli e io con la bigiotteria. . .ma lui la musica gli eslodeva dentro. . Ha cominciato con la chitarra elettrica e classica fino a morire con il sax in mano. . Era un vero mago CV di questo strumento. .ha suonato in ogni gruppo jazz . .e l’allacciamento a Claudio l’ha avuto per forza attraverso me che lo seguo dal ‘ 72 nel vero senso della parola. Alberto era speciale e quando mi suonava _ con tutto l’amore che posso con il sax sembrava che tutto il mio amore per Baglioni prendesse forma. . Poi mi faceva anche i dispetti perché fece le cover di Battisti con un gruppo. . Ma com’è possibile con una sorella innamorata persa di Claudio!!! Comunque artisti di nasce non si diventa e il ns Claudio è l’esempio vivente.mia figlia Giulia ha la vs età . . Lei è attrice oltre che a essere molto bella ha molte capacità menageriali ed è laureata alla cattolica in scienze bancarie e finanziarie. . Lei per forza maggiore ha dovuto essere di diritto fans di Baglioni perche lo ascoltava a ripetizione già nella mia pancia tanto che la sua prima parola è stata Claudio. . No scherzo ma il suo primo concerto è stato a Rimini “assieme”. . .fate passare la donna con il bambino. . . E questa donna ero io. . .e poi Firenze a due anni. Etc etc etc. .e alla Repubblica nel 2009 l’ha conosciuto di persona. . . Una foto paurosa. . Sembriamo la famiglia Adams. . Claudio al centro tutti e tre rigorosamente bianchi . . Io pietrificata dall’emozione anche se ci sono state mille altri incontri ma per me è come se fosse sempre la prima. . Quando ho conosciuto Claudio mi è preso una sincope tante’ che era vestito di nero e io l_ ho visto vestito di bianco come un’apparizione!; Non voglio annoiarvi oltremodo . L’ultima citazione riguardo al viaggiatore sulla coda del tempo. . _ siamo tante tessere. . In un firmamento. . Tante volte l_ho pensato anch’io. . È una frase che fa riflettere. . Baglioni in questo album capolavoro ha dato il meglio di sé. . Ciao ciao ciao