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Il timido «dittatore», promosso, pensa al bis

Timido, perfino impacciato, sicuramente anomalo: Claudio Baglioni è il conducente del Festival più sorprendente degli ultimi anni. Non solo quello di maggiore successo, come dicono i numeri. Un Pippo Baudo al contrario, che si fa scudo delle proprie intime e plateali debolezze, delle sue ritrosie, della sua voglia di stare su un palco che scotta, nonostante l’evidente disagio nel muovercisi sopra, privo com’è dei tempi meccanici (stile Carlo Conti) di cui avrebbe bisogno un circo smisurato come quello che ha messo in piedi. Indifendibile e indifeso, senza maschere, senza finzioni e, per questo, confortante, forza la sua natura, si avventura in sketch privi di tempi comici, come quelli, ripetuti, con Pierfrancesco Favino o nel siparietto, in stile Arbore, allestito con Franca Leosini che lo interroga mentre canta «Questo piccolo grande amore». Si lancia in improbabili passi di danza (il Despacito dell’altra sera), affronta retorici pistolotti (quello dell’inaugurazione, messo per spirito masochistico, subito dopo l’intervento bollente di Fiorello, come una doccia gelata). Ma il disagio è la condizione in cui Claudio riesce a dare il meglio di se, come quando si arrampica su note impossibili nei suoi gorgheggi spericolati, come quando scrive quei testi arzigogolati, o come quando affronta testardamente concerti da maratoneta che durano ore e ore.

Proprio così, il Festival assomiglia platealmente alle sue canzoni: è popolare, complesso e complicato, smisurato, sovrabbondante, non vorrebbe finire mai. Ma Claudio, nelle difficoltà, in fondo dichiara platealmente e inevitabilmente la propria sincerità (chi mai si adopererebbe per cercare di mettersi in imbarazzo?). Dice: io sono qui, sono questo, in smoking e senza maglietta fina, giù dal piedistallo, rassicurante maestro che inventa e officia un gigantesco carnevale televisivo e musicale. Un baraccone che, in fondo, lo sfiora ma, come risultato finale (ormai incontrovertibile), gli permette di andare a ritrovare quella moltitudine nazionalpopolare che lo ha consacrato star, ormai da un bel po di decenni. E, a questo punto, lo spirito e l’orgoglio baglioniano non possono che farsi suggestionare da una tentazione ulteriore: il rilancio sulle ali del trionfo, uno spericolato bis sanremese, anche se per ora scaccia (a parole) la folle ipotesi: «Non credo, al momento non penso che lo rifarei. Si dice: passata la festa gabbato lo santo, quindi arriviamo fino a sabato e poi vediamo che succede» mette le mani avanti. E, così facendo, apre la strada a una domanda che parafrasa una delle sue canzoni più belle: «Chi ci sarà dopo di me?». Un altro Claudio?

Marco Molendini per IL MATTINO

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

Un Commento

  1. Un festival bellissimo dove finalmente è la musica, italiana, ad essere la protagonista assoluta . Protagonista sia durante le interpretazioni delle belle canzoni in gara , sia durante i giusti tributi agli autori che sono monumenti della storia della nostra musica. L’eleganza , l’educazione, il non essere mai sopra le righe di Claudio Baglioni hanno fatto sì che i suoi compagni di viaggio fossero al pari suo. Non ho mai visto un festival dall’inizio alla fine …..quest’anno sì. ……pagandone poi le conseguenze al mattino quando la sveglia suona alle 6.30……
    Ps: Claudio, rivolgiamo O’scia’…..❤❤

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