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Claudio Baglioni un ritorno da kolossal a Milano

Claudio Baglioni al Forum di Assago, un ritorno da kolossal
In concerto a Milano il cantore della maglietta fina. Attorniato da polistrumentisti e dal suo pubblico a 360 gradi

Milano, 25 ottobre 2018 – Non un concerto qualsiasi. Anzi, probabilmente nemmeno un concerto. Piuttosto una festa costruita attorno ad una storia vera, come un romanzo musicale. Claudio Baglioni è tornato “al centro” della sua musica e c’è da giurare che non lo mollerà tanto facilmente. Più che il suo famoso senso della (dis)misura è l’idea di cantare mezzo secolo di storia in sole tre ore a rendere il ritorno al Forum del cantore dalla maglietta fina, da domani a domenica, un kolossal involontario. Una di quelle maratone in cui il fatidico “io c’ero” è più giustificato che mai.

Claudio, iniziamo dalla scenografia di questo palco a pianta centrale attorniato dal pubblico a 360°.

«È ispirata idealmente ad una scacchiera sulla quale i vari ‘pezzi’, di musica e di vita, si muovono, sia sul piano dell’orizzontalità che della verticalità, lungo una strada ideale su cui scorre la storia di questi 50 anni. Sul palco ci sono 21 polistrumentisti e altrettanti performer, per fondere nel racconto, sonorità, movimento e gestualità».

La prima esperienza di tour con un palco al centro l’ha fatta nel ’92 col tour di “Oltre”…

«Palasport, anfiteatri, arene, stadi, sono spazi concepiti e realizzati per avere la scena al centro. Dei ‘doppi teatri’ che noi di solito adattiamo a mono-teatri: dopotutto, la parola stessa ‘anfiteatro’ identifica una ‘costruzione che ha i posti tutt’intorno per guardare’. Mi ricordo la concezione e lo studio, quadro per quadro».

Cosa ricorda?

«C’erano già le pedane che facevano da ascensore, quindi un palco, anche molto rivoluzionario, che prevedeva sotto tutto il corpo elettrico, elettronico, musicisti e tecnici: una piccola ‘Metropolis’ sotterranea. Ricordo l’emozione della prima volta, ma anche il senso di spaesamento, perché mettersi ‘al centro’ di un pubblico significa non avere le quinte, né protezione alle spalle. Nel mondo non sono stati poi cosi tanti a farlo. Anzi, si contano sulle dita… E molti di quelli che ci hanno provato, poi sono tornati sui loro passi».

Rispetto ad allora, oggi si fanno concerti per “cine-operatori” scherza lei, parlando della mania del telefonino: infastidito?

«Più che altro mi stupisce l’idea di differire un’emozione. Che senso ha? L’emozione si vive nel momento in cui si manifesta, non dopo. Anche perché il ricordo di un’emozione, non è forte come l’emozione stessa. Rinunci a guardare e sentire una cosa e la registri per guardarla e sentirla in un dopo che poi non arriva mai. È come se uno facesse un film del mare, lo portasse a casa e, guardandolo, si illudesse di fare il bagno. Non è meglio tuffarsi in acqua?».

A che punto sono le registrazioni del nuovo album?

«È un disco laborioso che, però, non cade in questo Cinquantesimo: è un’opera a se stante. Sto lavorando con Celso Valli – con il quale ho fatto due dischi di grande successo e grande sostanza come ‘La vita è adesso’ e ‘Oltre’ – ed è un progetto che come modo di lavorazione somiglia a ‘Oltre’: quindi ha una lunga preparazione e una serie di registrazioni successive. Un work in progress».

Cosa prova uno con la sua storia a essere conosciuto a un pubblico adolescente come “quello di Sanremo”?

«Lo trovo curioso, perché si sarebbe tentati di inseguire il pubblico attraverso la parte più conosciuta e riconoscibile del proprio mestiere, e invece l’interesse arriva per altri motivi, e non solo per il fatto che Sanremo è il più grande ‘contenitore’ di spettacolo del nostro Paese. E non solo, come ho potuto constatare personalmente in qualche viaggio successivo all’edizione dello scorso anno, il Festival è visto in molti paesi del mondo. Questo successo col pubblico giovane è curioso, ma anche molto piacevole, visto che siamo sempre alla ricerca della contemporaneità».

Dopo il sì alla Rai le è mai tornata in mente la locuzione latina “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”?

«Molto spesso, in verità. Anche se è vero che molti proverbi hanno anche il loro contrario. Quel motto latino, dunque, è vero, ma sono veri anche ‘la fortuna aiuta gli audaci’ e ‘la perseveranza è la virtù dei forti’ … Dunque, ‘chi vivrà vedrà’. Ops!».

ANDREA SPINELLI per IL GIORNO

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

Un Commento

  1. È davvero un kolossal, lo posso dire senza nessuna esitazione perché ieri sera 27/10/2018 al Filaforum di Assago io c’ero.
    Claudio sei davvero un grande mago.
    Un saluto e un abbraccio.
    Giovanna

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