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Addio giovinezza, cerco un gran finale

Claudio Baglioni “Addio giovinezza sono in cerca di un gran finale”
Il cantante: vorremmo l’infinito, invece…

Marinella venegoni – Roma

L’ormai stravagante traguardo dei sessant’anni somiglia sempre più a una seconda adolescenza. Non solo gli umani ma anche gli artisti si guardano intorno e avanti, e si pongono domande del genere: e adesso cosa faccio?

Se Ivano Fossati ha optato per una vita libera dalla musica (ma ha appena dato un inedito a Giorgia, quindi non è detto), Claudio Baglioni sta ancora ravanando nella propria mente, indeciso se inventarsi un secondo futuro. 

E nel frattempo crea e crea, con una meticolosità di intenti e una sincerità tenera di pensieri disarmati che verrebbe da abbracciarlo, lì nel lussuoso antro del Cavalieri di Roma dove pallido e magrolino si confessa per l’uscita del monumentale album Con Voi, che vede la luce oggi, per una sorta di diktat (dice lui) della Sony che ha preteso fossero raccolti i brani nati in questi ultimi mesi come piccoli passi d’autore e finiti uno a uno su iTunes. 

l lussuoso formato si è già trasformato: con intermezzi, parti strumentali, echi classici, citazioni dei ‘70 o degli ‘80 e di Lorenzo il Magnifico («Quant’è bella giovinezza», appunto), versioni aggiornate dei pezzi in circolazione, con l’aggiunta di un nuovo inedito, la ballad Una storia vera che suggella un percorso destinato a nuovi rimaneggiamenti.

 Come un cantiere eternamente aperto, un work in progress che sacrifichi alla modernità pulsante la mente e le ossa del Divo Claudio, reduce dal rinvio del live per stress. «45 anni fa ho avuto il primo contratto, sono un po’ come l’Italia che ha da allora lo stesso governo – esordisce -. 44 anni fa proprio qui ho presentato il mio primo 45 giri, facciata A Una favola blu, lato B Signora Lia» (già allora i discografici non sapevano beccare il pezzo forte).

Viene fuori che il primo hit doveva chiamarsi Signora Lai, ma poi sul camice del tecnico del suono Baglioni lesse proprio il nome Lai, e non volendolo offendere la ribattezzò prontamente Lia. «Sono figlio fortunato dell’epopea del disco, la musica era un social network» ripassa, prima di ricordare anche a se stesso che i suoi ultimi 10 anni se ne sono andati nella rivalorizzazione del repertorio, con il monumentale progetto QPGA: «come in cerca di un gran finale».

Confessa di aver combattuto la mania di gigantismo: «Vorremmo essere infiniti, invece siamo sempre compromessi. Ho lavorato con piccole suites di 6 minuti. La più nuova Una storia vera ha identità pop. E comunque sono svuotato, sono pezzi maniaco-ossessivi, ho avuto un crollo, come dopo Oltre. E’ stato come uno sforzo d’atleta, salto in lungo o con l’asta». Ci potrebbe essere miglior recensione?

Stigmatizzato il modo di far musica in tv («Non ama la musica ma ne produce molta, i talent creano omologazione e andiamo pure a fare gli ospiti: la tv è anche malata di reducismo, vuole sempre un bel medley»), precisato che invece di comporre potrebbe nuotare o dipingere («Ma non ne sono capace») Baglioni ci lascia tornando l’uomo dei dieci anni di ’O Scià a Lampedusa, isola fatale, con parole di pietra: «Non so se si rifarà, non ne ho idea. Ma come cittadino sono scoraggiato, non credo ci sia più soluzione vera, il problema è stato affrontato malamente e senza responsabilità. Non c’è un politico uno che abbia fatto qualcosa. Non sappiamo far niente perché non sappiamo chi siamo». 

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