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Su 7: essere Claudio Baglioni, timido di successo

Su 7 un racconto italiano: essere Claudio Baglioni, timido di successo

Sul primo 7 del 2020, in edicola il 3 gennaio, Walter Veltroni ripercorre con il cantautore romano la sua straordinaria carriera. Le anticipazioni di Pitti Uomo, dal 7 a Firenze

Ha venduto 55 milioni di dischi, ma tra tutte le sue canzoni sceglie Voglio andar via. «È la ricerca dell’altrove che fornisce senso e coraggio, dà da vivere. È l’idea che c’è un altro posto, ci sono altre, nuove cose da sapere». E se fosse nascosto in questa tensione verso «altri panorami da guardare» il successo di Claudio Baglioni? L’artista, nato 68 anni fa a Roma, architetto laureato (recentemente), racconta a Walter Veltroni la sua straordinaria carriera (e vita) nella storia di copertina del primo 7 del 2020, in edicola venerdì 3 gennaio con il Corriere. Dal primo contratto nel ’67 firmato dal padre («Perché non ero maggiorenne, ma mi lasciarono in una specie di incubatrice per 9 mesi, mi sentivo incompreso…») al nuovo brano in uscita proprio il 3 gennaio, Gli anni più belli, il singolo che accompagnerà i titoli di coda del nuovo film, omonimo, di Gabriele Muccino.

Il pregiudizio dei «cantanti leggeri»

«Gli anni più belli li conservo come attesa — racconta Baglioni che ha trascorso l’infanzia nel quartiere di Monte Sacro e l’adolescenza in quello di Centocelle —. Dovendoli configurare in un momento preciso, sono intorno ai 17-20 anni, quelli di passaggio a un’altra categoria umana, quando si cresce, si diventa adulti e autonomi. E poi c’è il giorno più bello che è quasi sempre quando si mette alle spalle qualcosa che è stato una tribolazione, per esempio un lavoro o un processo sentimentale piuttosto complicato. Il giorno dopo una fatica o un successo è il più bello». Con coerenza e coraggio ha affrontato un pregiudizio che lo relegava nel girone dei cantanti leggeri, ed è riuscito a dissolverlo. «Io sono cresciuto in periferia, condizione che ho sempre vissuto non solo come geografia ma anche culturalmente. Per me l’obiettivo è sempre stato cercare un centro possibile, un posto dove venire accettati. In definitiva, potersi considerare non più laterali o marginali ma centrali…».

Edgar Allan Poe, le stroncature, poi il successo

Si consola con la poesia, il giovane Baglioni: affascinato dal senso gotico della vita di Edgar Allan Poe musica Annabel Lee. «Insomma, cantavo queste cose devastanti, ero abituato alle stroncature», osserva. Ma arrivano gli Anni 60 e la liberazione dei costumi. «Mi resi conto che dovevo scrivere con un mio linguaggio, scelto con Questo piccolo grande amore». E fu imperdonabile per molti. «Una sottovalutazione che nel tempo si è rivelata quasi una fortuna», ammette oggi l’artista. «Ho raggiunto, anche grazie al successo e poi agli apprezzamenti critici, quella pace dei consensi che ho accettato». «Alla fine posso dire di aver cercato sempre di fare il meglio che potevo con onestà». Arrivano E tu, Anima mia, fino alla consacrazione a Sanremo come direttore artistico, sapendo, tra l’altro, di non esserci mai andato da cantante. Perché ha accettato? «Volevo prendermi la responsabilità di parlare di canzoni. E poi, capire se il successo che vivo è una botta di culo oppure un qualcosa che ha fondamenta e radici».

L’Ode alla felicità di Keanu Reeves

Ancora versi. Ode alla felicità è il titolo della poesia di Keanu Reeves, l’attore nato a Beirut ma canadese di adozione (55 anni di cui 35 sul set), che nella sua vita è caduto e si è rialzato tante volte, determinato e instancabile, come Neo di Matrix, come John Wick, forse i due personaggi più famosi. Nel 2021 lo ritroveremo al cinema, come ricorda Francesca Scorcucchi nella sezione blu di 7. «La decade dei 50 si fa sentire, è iniziata con campanelli fisici — dice l’interprete, oggi fidanzato con l’amica di sempre, l’artista Alexandra Grant —, ma non ho rimpianti, quelli vengono solo quando non vivi appieno la tua vita». Una vita esageratamente dorata è quella che ha portato al declino (esilio) Imelda Marcos, al centro di un documentario. La «farfalla d’acciaio», raccontata da Michele Farina nella sezione rossa di 7, a 90 anni è tornata nella sua Manila ed è omaggiata da folle di ammiratori. Infine, nella sezione senape, troverete le anticipazioni della moda uomo dell’inverno 2020 presentate al Pitti Uomo di Firenze dal 7 gennaio. La novità? Il ritorno del cappotto: caldo, accogliente ed elegante. Tradizione e futuro.

Fonte www.corriere.it

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