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Articolo Claudio Baglioni su Famiglia Cristiana

Famiglia Cristiana Numero 19 - 9 maggio 2021 - Anno XCI

«SÌ, LA MUSICA PUÒ RISVEGLIARE LE COSCIENZE SOPITE»

«TEMO L’ASSUEFAZIONE, CHE I MIGRANTI ANNEGATI NEL MEDITERRANEO SIANO UNA NOTIZIA FRA LE TANTE. I MIEI GENITORI HANNO CREDUTO IN ME PIÙ DI QUANTO IO CREDESSI IN ME STESSO. DOPO QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE VOLEVO MOLLARE TUTTO»

Che Claudio Baglioni sia un uomo d’altri tempi lo dimostra la modalità scelta per questa intervista: niente telefono, ma nemmeno i collegamenti video a cui ci siamo abituati con la pandemia. Ci invita a Roma, a casa sua. Quindi, tampone rapido e si parte per parlare dei suoi 70 anni che compirà il 16 maggio.

«Sto facendo fare delle verifiche a un notaio, ma pare che sia proprio così», sospira.

Gli proponiamo di ripercorrerli usando i versi delle sue canzoni.

Da Uomo di varie età: «Non so com’è cominciata, forse ascoltando una radio».

«La mia prima maestra di canto è stata una radio a valvole che ho ancora. Per me era come una scatola magica con un occhio che si illuminava di verde quando raggiungeva la sintonia. La pratica poi l’ho fatta quando andavamo a trovare i nostri parenti in Umbria. A volte ci donavano qualche coniglio o qualche gallina e al ritorno in treno, per non farci accorgere della loro presenza, io, mio padre e mia madre cantavamo per tutto il tempo».

A proposito di tuo padre Riccardo, in ’51 Montesacro lo descrivi come un «brigadiere che scrive poesie».

«Sì, qualcuna l’ha dedicata pure a me. Descriveva la gioia che provava tornando dal turno di notte quando trovava il suo ragazzino che ancora dormiva. Le ho lette molto tempo dopo, anche quando lui non c’era già più».

Sempre nella stessa canzone, c’è questa frase: «Mamma callo pu cciù». Che significa?

«Vuol dire “Claudio non c’è più”. Mia madre era una sarta e io mentre cuciva andavo da lei, mi mettevo le mani sugli occhi e per giocare le dicevo quella frase, convinto che, siccome io non vedevo più niente, ero diventato invisibile anche agli altri».

Ancora da ’51 Montesacro: «Niente soldi per comprare un fratellino». Ti è pesato essere un figlio unico?

«Sì. Allora le famiglie erano tutte numerose e io non riuscivo a spiegarmi perché fossi l’unico a non aver un bambino con cui giocare sempre. Mia madre diceva che i bambini bisogna comprarli. Allora io mettevo dei soldi da parte e, quando mi sembrava di averne abbastanza, tornavo da lei. Lei osservava quello che avevo in mano e poi scuoteva la testa: “Purtroppo i fratellini sono rincarati”. Ancora oggi penso a come sarebbe stata la mia vita con un fratello o una sorella».

Da Quante volte: «Non avrei voluto essere il primo della classe».

«Ho sempre studiato tantissimo, anche sui libri di mio padre. Ma così per tutti diventai “il secchione”, situazione che si aggravò quando misi gli occhiali e allora si aggiunse “Quattrocchi e mezzo naso”».

Ancora da Uomo di varie età: «Accompagnato da mamma, a far concorsi e audizioni». I tuoi genitori hanno sempre creduto in te?

«Molto più di quanto io credessi in me stesso. Nei concorsi canori organizzavano degli autobus di parenti e amici
per sostenermi. Io volevo mollare tutto dopo Questo piccolo grande amore che avevo concepito come una specie di disco-testamento. Mi ero già informato per riprendere gli studi di architettura, quando scoprii che ero primo in classifica».

La Citroën 2 cavalli, ribattezzata “Camilla” nell’album Gira che ti rigira amore bello, l’hai avuta davvero?

«Ero talmente legato a lei che quando non ce la faceva più, piuttosto che lasciarla da un demolitore l’ho portata in una radura e l’ho bruciata. Mi descrivevano sempre come un bravo ragazzo, ma ho avuto anche io il mio passato da fricchettone».

Hai avuto due pastori tedeschi che devono essere stati molto importanti per te, dato che li hai messi sulla copertina dell’album E tu come stai e poi, 12 anni dopo, hai dedicato loro una canzone, Io, lui e la cana femmina.

«Si chiamavano Mathias e Minnie. Mi hanno donato emozioni che sono molto difficili da descrivere. Insieme, ci sentivamo i padroni del mondo… (qui la voce di Baglioni si incrina per la commozione, ndr)».

Nel 1982 hai scritto Avrai dedicandola a tuo figlio Giovanni, nato in quell’anno. Ora è un affermato chitarrista, ma da ragazzino la musica è mai stata motivo di competizione fra voi?

«No, la musica è stata ed è un cemento molto importante nel nostro rapporto. Anche perché non sono stato sempre un padre molto presente».

Sei il cantautore dell’amore, ma hai scritto pure pezzi bellissimi su temi sociali, da I vecchi a Uomini persi, da Naso di falco a Noi no che è diventato l’inno dei ragazzi di Palermo che volevano ribellarsi alla mafia dopo le stragi in cui furono assassinati Falcone e Borsellino, pur non essendo stata scritta con questo intento. Come andò?

«Era una canzone su un generico desiderio di libertà. Qualche settimana dopo le stragi feci un concerto allo stadio La Favorita di Palermo. Il pubblico prima iniziò a cantare “Chi non salta un mafioso è” e poi, con mia grande sorpresa, Noi no. La cosa si è ripetuta e ovviamente mi ha fatto molto piacere».

Hai una casa a Lampedusa, dove per dieci anni hai organizzato O’Scià, un festival nato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’immigrazione clandestina. Cosa hai provato quando hai visto le terribili immagini dell’ultimo naufragio avvenuto nel Mediterraneo?

«Noi artisti siamo come trombettieri che suonano la carica, che cercano di svegliare gli animi sopiti. In questo senso mi sento come un soldato che ha perso una battaglia, perché ciò che mi fa più paura è l’assuefazione, il fatto di considerare questi morti solo come una notizia tra le tante, che non suscita scandalo: proprio ciò contro cui era nato O’ Scià. Lo so che l’immigrazione è un problema gigantesco, ma è così complesso perché si inserisce in un sistema economico che forse andrebbe rivisto. In Sicilia per esempio vedo buttare quintali di arance e quando chiedo spiegazioni mi rispondono con la legge della domanda e dell’offerta. Razionalmente lo capisco, ma nel profondo no: vedo solo tanta roba buona che viene distrutta. Di fronte a tante spiegazioni della politica e dell’economia, alzo le mani e confesso di non capire».

In Dov’è, dov’è, riferendoti a te stesso, canti: «Dicono che ha un brutto carattere».

«Ho sofferto come tutti per le etichette che mi sono state affibbiate senza conoscermi. Però è vero che con il passare degli anni si riesce a ridere un po’ di più di sé stessi».

Ma il Baglioni di quella canzone del 1990 si sarebbe fatto mettere lo smalto sulle unghie come hai fatto nell’ultimo show di Pio e Amedeo?

«Credo proprio di no. Ma non so quale tra i due sia migliore».

Hai scritto La vita è adesso a 34 anni, quasi a metà strada del percorso che hai fatto finora. La vita è adesso anche a 70 anni?

«Da un punto di vista professionale, il passato mi pesa tantissimo. Tante volte mi sono chiesto che senso abbia fare un nuovo disco, tanto quelli di prima saranno sempre migliori, perché hanno una storia, perché contengono tutte le vite di chi li ha ascoltati. Ma gli ottimi riscontri che ha ricevuto il mio ultimo album mi hanno rincuorato e mi spronano ad andare avanti. Da un punto di vista umano, ora ho molto netta la sensazione che il futuro che mi aspetta non sia equivalente al passato che ho alle spalle. Alcune cose non torneranno più, se non attraverso i ricordi, attraverso una sana nostalgia. Per il resto, sono ancora un curioso della vita»

di Eugenio Arcidiacono per Famiglia Cristiana

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

2 Commenti

  1. Caro Claudio ogni giorno Riesci sempre a sorprendere ogni giorno vedo sempre una persona da ammirare ed amare sempre di più non ti conosco personalmente e mi dispiace ma la opinione che ho di te e che sei una persona sincera Semplice ed onesta il successo Non ti ha cambiato sei una persona eccezionale faccio tanti auguri per il tuo lavoro espero che ci terrai compagnia per ancora tantissimi anni

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