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La scrittura cinematografica di Claudio Baglioni

Gli articoli sugli aspetti performativi dell’opera di Baglioni prenderanno il via la prossima settimana, perché quest’oggi vorrei offrirvi la lettura di un altro mio lavoro, dal titolo «Nel segno del film: il trattamento del tempo nella scrittura cinematografica di Claudio Baglioni tra cinema e canzone», che ho presentato in data 30 maggio 2019 alla Kent University a Firenze.

Vorrei ora presentarvi brevemente questo lavoro, illustrando anche il percorso che mi ha portato a scriverlo.

I miei studi su Baglioni sono iniziati parecchi anni dopo essere diventato suo fan. Tra il novembre 2007 e l’aprile 2008 ho iniziato ad ascoltare assiduamente i primi brani e i primi album, ma ho iniziato a studiare professionalmente e seriamente i suoi testi soltanto circa sette anni dopo, nel febbraio 2015, quando ho elaborato la primissima idea per la tesi di laurea triennale in lettere moderne, scaturita dalla lettura di un volume del linguista Giuseppe Antonelli, che parlava della grammatica ermetica in canzone, in particolare di come la grammatica ermetica sia stata applicata da Baglioni «con diligenza quasi scolastica» tra gli anni Ottanta e Novanta. La professoressa Maria Antonietta Grignani, linguista e figura di spicco dell’ateneo pavese, mi aveva suggerito proprio una tesi tutta incentrata sulla ricerca dei tratti ermetici nell’opera di Baglioni. Un anno dopo, nel febbraio 2016, sono ritornato a parlare con la prof. Grignani, la quale era però ormai in procinto della pensione, e mi ha “passato” al prof. Mirko Volpi, giovane linguista e dantista dell’università di Pavia. Con il prof. Volpi la tesi ha preso una strada più complessa e coerente, ed è diventata un’analisi organica e direi “completa” della lingua di tre album: Strada facendo, La vita è adesso e Oltre, gli album cosiddetti della svolta. Il lavoro della tesi è stato lungo e molto interessante: alla fine ho discusso la tesi nel luglio del 2017, ottenendo il massimo dei voti per il lavoro e i complimenti della commissione, soprattutto dei linguisti Volpi e Benzoni, quest’ultimo in particolare, professore associato di linguistica italiana a Pavia, mi ha lodato il lavoro valutandolo già come un lavoro di laurea magistrale, sia per l’approccio che per la mole dell’analisi.

Con l’ottobre 2017 ho iniziato un percorso di ricerca personale, cercando di leggere e di informarmi su quanto la critica accademica avesse detto o scritto su Baglioni. Il risultato di questo percorso, che mi ha portato in giro per diverse biblioteche lombarde (recuperando libri anche da altre zone d’Italia), ha avuto come frutto un saggio che avevo pubblicato qui su Doremifasol, dal titolo Claudio Baglioni cantautore: una breve storia critica (che ora ho ripubblicato, sistemato e aggiornato, su www.academia.edu, con il titolo di Per un profilo critico di Claudio Baglioni come cantautore, 2019), nel gennaio 2018, alla vigilia della prima partecipazione di Claudio al Festival di Sanremo; questo breve intervento aveva il compito di inquadrare la storia della critica su Baglioni, dall’ostracismo della metà degli anni Settanta fino alla rivalutazione critica iniziata a fine anni Novanta, nata grazie ad un’analisi più attenta e più approfondita dei testi. Questo saggio era stato lodato all’epoca dal prof. Paolo Jachia, semiologo delle arti dell’Università di Pavia tra i più grandi esperti italiani in fatto di canzone, che in alcune interviste aveva affermato che il saggio fosse «come quelli che si trovano negli Oscar Mondadori»; Jachia tra l’altro un mese dopo pubblicò il primissimo libro accademico monografico interamente dedicato a Baglioni, Claudio Baglioni – Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018). Nel febbraio 2018 ho iniziato invece un lavoro molto più ambizioso, che non è finito ancora oggi: una monografia linguistica su tutta l’opera di Baglioni, un volume che racchiudesse il percorso linguistico del nostro dal primo album fino all’ultimo brano inedito. Il libro, dal titolo Frugando parole. Lingua e stile delle canzoni di Claudio Baglioni, si differenzia molto dalla monografia di Jachia: non cerco di spiegare le tematiche affrontate da Baglioni, ma parlo soltanto di lingua e di stile. Se va tutto bene, questo libro dovrebbe essere pubblicato entro la fine del 2019, e la prefazione sarà scritta da Paolo Jachia, che nel frattempo ho avuto la fortuna di conoscere e di incontrare più volte. Tra il dicembre 2017 e il gennaio 2018 ho invece scritto una breve analisi linguistica di Io sono qui, una sorta di prosecuzione del lavoro della tesi triennale, che mi è servita come tesina per un esame di linguistica italiana della laurea magistrale, con il prof. Pietro Benzoni (anche qui, la tesina è stata valutata col massimo dei voti).

Nel maggio del 2018 ho invece iniziato a lavorare alla tesi di laurea magistrale, nata da un’intuizione avuta durante il corso di Storia del cinema italiano tenuto dalla professoressa Federica Villa, corso monografico sul potere in tre registi, Nanni Moretti, Marco Bellocchio e Paolo Sorrentino. Tra i tre autori, ho fatto un percorso personale su Moretti, venendo letteralmente “rapito” da film che avevo visto frammentariamente, o di cui avevo solo sentito parlare; non ho potuto fare a meno di notare l’uso “centrale” che la canzone italiana ha nei film del regista di Bianca, e così mi sono chiesto se anche il cinema avesse un ruolo “importante” per i cantautori. Mi è così venuta in mente una provocazione che mi aveva posto il mio correlatore della tesi triennale, prof. Pietro Benzoni, leggendo proprio la mia tesi: diversi critici parlavano della scrittura cinematografica di Baglioni, e il prof. Benzoni mi chiese: «ma cosa si intende per scrittura cinematografica? Sarebbe interessante approfondire questo aspetto». Se esiste davvero una scrittura cinematografica, vuol dire che il cinema ha influenzato la canzone. Ecco allora la proposta alla prof. Villa: una tesi sulla mutua interazione tra cinema e canzone in Italia. Dopo una prima chiacchierata, mi chiede subito di portare due casi-studio, che ovviamente avevo già pronto: Moretti come regista, Baglioni come cantautore. A giugno ho chiesto a Jachia di farmi da correlatore per guidare la parte più “canzonettistica”, e con settembre mi sono messo al lavoro soprattutto frequentando autori di Università attente allo studio della forma-canzone e del cinema come prodotti culturali (su tutte l’Università Cattolica del Sacro Cuore e lo Iulm di Milano). Così, è nata la mia tesi magistrale dal titolo Nel segno del film, nel segno della canzone: la situazione italiana. I casi di Claudio Baglioni e di Nanni Moretti, che discuterò o a luglio o a settembre 2019: un lavoro di quasi trecento pagine dove traccio una storia del muto rapporto di interazione tra cinema e canzone italiana in Italia, ed in particolare (per quanto riguarda Baglioni) mi soffermo sull’analisi di Io sono qui e dei due film del progetto QPGA (FilmOpera e il film vero e proprio). Spero tanto che la tesi verrà apprezzata dalla commissione in seduta di laurea, e ben valutata.

Nel gennaio 2019, in pieno lavoro di scrittura tesi, sono stato contattato dal prof. Francesco Ciabattoni, italianista della Georgetown University, americana, tra i più importanti studiosi della lingua e della poetica di Baglioni (colui che ha “scoperto” tutte le relazioni tra il nostro e Pier Paolo Pasolini), per presentare un abstracat per un convegno internazionale dal titolo Intersections: the Arts and the Concept of Time, che si sarebbe tenuto alla Kent University a Firenze nel maggio 2019. Ragionando in base agli studi, “scopro” che esistono tre periodi dell’opera di Baglioni che si possono definire “cinematografici”: inizio così ad elaborare il mio intervento sull’intersezione tra cinema e canzone e sul ruolo che ha avuto il trattamento del tempo, e viene fuori l’intervento che trovate qui allegato in Pdf.

Ci sarebbe un altro aspetto dell’opera di Baglioni che mi piacerebbe indagare a fondo, ed è quello che farò con voi lettori nei prossimi mesi: il discorso performativo (e direi anche comunicativo). Non so dove mi porterà questo lavoro di ricerca, ma sicuro voi sarete con me.

Molti di voi potranno sbuffare di fronte a questo lunghissimo pippone che ho scritto, ma ci tenevo a spigarvi che un conto è essere fan, un conto è essere critico. E credo davvero che Baglioni abbia bisogno di una rivalutazione critica di “livello”, che venga riconosciuta dalle comunità di studiosi. Noi fan, in questo senso, non potremo che esultare.

Allora, buona lettura! Aspetto i vostri commenti, e grazie per seguire sempre ogni mio articolo settimanale!

Luca

DOWNLOAD: «Nel segno del film»: il trattamento del tempo nella scrittura cinematografica di Claudio Baglioni tra cinema e canzone

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Luca Bertoloni

Nato a Pavia nel 1987, professore di Lettere presso le scuole medie e superiori, maestro di scuola materna di musica e teatro e educatore presso gli oratori; svolge attività di ricerca scientifica in ambito linguistico, sociolinguistico, semiotico e mediologico; suona nel gruppo pop pavese Fuori Target, per cui scrive i brani e cura gli arrangiamenti, e coordina sempre a Pavia la compagnia teatrale amatoriale I Balabiut; è inoltre volontario presso l’oratorio Santa Maria di Caravaggio (Pv), dove svolge diverse attività che spaziano dal coro all’animazione.

2 Commenti

  1. Già affrontiamo la discussione sulla cinematografia nei testi di Claudio. Se non l’ho fatto in quella occasione ti indico ora un titolo che è ” Quei due” come un classico esempio, secondo il mio modestissimo parere, di far “vedere” particolari atteggiamenti e situazioni anche fuggitive o periferiche di un dialogo a volte muto di due soggetti. E comunque, complimenti per il tuo gran lavoro.

  2. Certo Luca, leggendo meglio e a fondo i tuoi articoli, trovo tu abbia ragione sul fatto che una rivalutazione critica ben impostata ed esposta con proprietà linguistiche e osservative come tu dimostri di avere, è senz’altro fondamentale per riuscire a buttare giù tanti muri, che poi, s’è per quel che riesco a vedere io, l’ostracismo presente è nient’altro che pura invidia, brutto sentimento generato da anime perse, di bassi contenuti, umani e senza dubbio culturali; Eh sì, perché chi riesce a cogliere a fondo e pienamente il linguaggio di Claudio, non può non vederne la qualità e lo stile elegante e signorile ma al contempo, incisivo e diretto e soprattutto quel suo saper dirigere le parole contestualmente ai battiti del cuore e saperti catapultare OLTRE, verso orizzonti che si schiudono dinanzi a tutti noi e tutto questo, non è solo parola, ma espressione e diffusione del pensiero, e per far ciò, alla base si denota anche un che di psicologia, riuscire ad arrivare agli animi di tante persone, che se non fosse intenzionale, creare parole e musiche per gli altri, allora lui è una persona molto ma molto buona, che sembra quasi aver sempre sentito come un senso di missione nei suoi tanti brani che per me potrebbero benissimo scuotere le montagne, anche quelle più lontane oppure far sentire veramente la strada, far battere il tuo cuore per poi riuscire a scorgere quel gancio in mezzo al cielo, quello che in fondo per noi fans rappresenta lui e certamente non saremmo qui a discorrere se non fosse così. Allora Luca, coraggio e dài il meglio di te in quest’epistola che ti accingi a comporre, a parte tutto, e auguri perché tu possa rappresentare degnamente tutti noi e penso di non sbagliare a parlare in nome di tutti i fans di Claudio, anche e forse soprattutto per quelli inconsapevoli di tutto questo, ma fa’ che la virtù non si disperda e cerca di dirigerla laddove occorra, tanti auguri affinché tu riesca nell’obiettivo che ti sei preposto, di nuovo, ciao.

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