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Le riflessioni di Federico per la seconda di Claudio Baglioni UA’

Accorrete pubblico!

Gente, grandi e piccoli, al suo (ennesimo) numero magico

Federico Laudizi per doremifasol.org

Archiviata la prima ricchissima puntata,è già tempo di discutere del secondo fantasmagorico capitolo di questo grandioso romanzo televisivo. Inizia ad essere arduo, se non impossibile, trovare parole, mie o di altri, per descrivere degnamente le opere a cui il genio di Claudio Baglioni dà vita in questa fase della sua carriera. In questo trittico di appuntamenti in cui laspettacolarità sembra essere crescente, si inizia ad intravederel’apice di una carriera unica, come quando arrampicandosi tornante dopo tornante si scorge la vetta innevata di un monte far capolino tra le nubi. È palpabile la volontà di voler apporre i sigilli dell’opera universale alla sua vastissima produzione letterario-musicaleper mezzodella saggia mitezza di questa nuova e più avanzata età. È evidente l’entusiastica ma umile intenzione di porsi come rappresentante e interprete di usi, costumi, sensazioni, emozioni, stili di vita, idee, eventi che hanno segnato in positivo gli ultimi 50 anni di questo Paese. È confortante, per lui e per noi, prendere atto della vera sincerità (in alcuni percorsa da venature calorose e affettuose, in altri da tracce di più fredda austerità) che i numerosi ospiti stanno dimostrando, venendo a versare con convinzione un obolo non dovuto. Mutatismutandis, non appare fuori luogo paragonare questo immenso porto fluviale, crocevia di storie di vita e discipline artistiche, ad una meta di un pellegrinaggio profano, un tempio presso cui molti si recano per ricevere la benedizione di un idolo di infanzia, di un mito inarrivabile, di un personaggio artisticamente intoccabile.

La seconda puntata prende avvio senza fronzoli: E tu ci proietta nuovamente dentro quell’Eden di note e parole riprendendoci per mano là dove ci aveva lasciati Quante volte. Una Fiat 500 bianca e una buca rossa delle lettere sono così emblematici dell’atmosfera di quegli anni che hanno il merito di trasportarvici anche chi, come il sottoscritto, non li ha vissuti. Il primo di una lunga serie di monologhi è portato in scena da una convincente Rocio Muñoz Morales. Una sentita celebrazione di quegli anni in cui bastava poco per riempire le nostre esistenze: il Cantagiro, il jukebox, il Festivalbar. Ed è proprio il Cantagiro a fungere da trampolino per un divertentissimo tuffo negli anni ’60 con Gianni Morandi. Rispolverando l’intesa genuina e sanamente competitiva di qualche anno fa, i due capitani coraggiosi si esibiscono con la freschezza di due giovanotti. Claudio ne risente positivamente: il leggero impaccio della prima puntata è ormai lontano.

È poi il turno di Pio e Amedeo, la cui presenza, molto discussa e criticata, esige qualche considerazione. Partendo dal presupposto che un programma del genere dovrebbe sopire, e non acuire, bruttura e cattiveria, gran parte del pubblico baglioniano (ma a questo punto è veramente meritevole di tale appellativo?) si è espressa, circa i due comici pugliesi, in maniera tutt’altro che benevola, talvolta anche offensiva. De gustibus non disputandum est, per carità. Ma sulla cattiveria indotta dal pregiudizio possiamo discutere, anche perché proviene da coloro i quali spesso e volentieri si battono proprio per osteggiare discriminazioni, violenza e pregiudizi. Che il duo comico sia un po’ sopra le righe è indubbio, che possa non piacere anche (personalmente li preferisco a tanti coltivatori di ipocrisia). Tuttavia pure sulla capacità di Claudio di tenerli entro il seminato non c’è ombra di dubbio. Entrando infatti nel merito del loro intervento (per nulla facile vista la lunghezza), va detto che non si è assistito a nulla di scandalizzante o scabroso. I due comici hanno invece ironizzato, in maniera apprezzabile, sull’emittente televisiva che da sempre li ospita e li stipendia e trattato in maniera leggera ma pungente un tema secondo me fondamentale: la nuova generazione di cantanti senza musica. Hanno poi ironizzato sul padrone di casa riprendendo il copione di sketch passati, invitandolo ad aggiornarsi e a riconsiderare una sua ripartenza artistica da un talent. La simpatia esuberante di Pio e Amedeo ci ha permesso di riascoltare le semi sconosciute canzoni della primissima produzione, quelle di “Agonia”. Annabel Lee, Notte di Natale, Vecchio Samuel valgono, a mio modestissimo avviso, il prezzo del biglietto.

Al porto di attracca inoltre la graziosa Annalisa, che con la sua voce squillante e precisa duetta in una versione toccante di Notte di note, note di notte. Geniale l’inserimento degli xilofoni in un arrangiamento delicato e soave.

La stupenda Vittoria Puccini introduce il trio Raf-Tozzi-Baglioni indugiando ancora sugli anni ’60 e sul potere immaginifico della semplice ma ispirata musica di allora. Ha inizio un medley spaventosamente bello che include alcune delle cosiddette canzoni da spiaggia tra cui Una carezza in un pugno, Io vagabondo, 4 marzo 1943, Sapore di sale, La canzone del sole, che mette in risalto, abbastanza nitidamente, l’invidiabile tecnica chitarristica di Claudio.

Segue poi il simpatico e tenero omaggio, che non poteva mancare, a papà Riccardo e mamma Silvia. L’idea di racconti, dialoghi o conversazioni costruiti interamente a partire dalle canzoni di Claudio ha sempre affascinato non solo noi appassionati ma evidentemente anche lui!

Successivamente, in questo eccezionale susseguirsi di parole, note e colori, tocca a Giuliano Sangiorgi dare il suo prezioso contributo riportando alla luce un altro reperto storico baglioniano, che fu anche di Mia Martini. In una luce soffusa, lo affianca, seduto al pianoforte, la sagoma del nostro uomo dal ciuffo canuto. Le sue dita, ormai motore di un pianismo fluido e raffinato, iniziano a suonare Lacrime di marzo: nel frattempo, alle loro spalle, compare un meraviglioso albero in fiore, la cui chioma ingiallirà e scomparirà, lasciando i rami spogli, durante l’emozionante esecuzione de I vecchi, anche in questo caso sostenuta da un arrangiamento sublime. Sarà mai possibile ascoltare questa canzone senza piangere?

Ma la malinconia e la tristezza lasciano il posto alla gioia del ricordo del glorioso bar della RCA, dove un sempre ottimo Giorgio Panariello veste i panni del barista-narratore (fa piacere sentire, in sottofondo, le note di Va tutto bene, come in precedenza si erano sentite quelle di E chi ci ammazza). Suggestivo il duetto con Venditti ed esilarante scoprire che il ping-pong non è uno dei punti forti di Claudio.

Il secondo grande momento della serata è il preludio recitato che precede Acqua dalla luna. “L’arte è l’unico prodigio che sfida la morte”: una frase spietatamente vera nella sua efficace brevità. La coreografia e la scenografia in cui il Grande mago è inserito sono fantastiche e ricordano vagamente quelle del Tour Rosso.

Molto intenso anche il connubio con Andrea Bocelli, con il quale sono omaggiati alcuni pezzi storici di Bongusto, De Gregori, Endrigo, De André, Paoli, Donaggio. Come in una tela di pregiatissimo valore, Claudio Baglioni tesse la trama intrecciando il filo della propria parabola artistica con i fili dei grandi della musica, proponendosi sempre di più come il portavoce trasversale di questa enorme schiera di artisti, come il catalizzatore della cultura popolare italiana.

La partecipazione di Achille Lauro è di spessore. Con modestia e riconoscenza si presta ad un’esibizione dal grande valore simbolico ed estetico. Sulle note di Fratello Sole, sorella Luna il corpo di ballo si denuda richiamandosi alla rinuncia agli averi di San Francesco e operando,  attraverso la grafica, un parallelismo con i corpi michelangioleschi del Giudizio Universale. Rivedibile, ma anche perdonabile, la declamazione dei versi del Cantico delle Creature, a cui il tono un po’ svogliato di Lauro non si addice perfettamente.

A seguito della godibile parentesi con Paola Turci (in compagnia della quale c’è il tempo per ricordare, anche questa volta, Anima mia e cantare l’inossidabile Io me ne andrei) si presenta l’ennesima occasione per rendere omaggio, in compagnia di Zucchero, ad altri mostri sacri, in questo caso anche internazionali: Rolling Stones, Rokes, Genesis e Guccini, che si ritrova tra questi insoliti colleghi. È emersa chiaramente, in questo caso, tutta l’umile capacità di Claudio, che sa recedere dinanzi ad artisti il cui ego è meno facilmente gestibile (caratteristica che, lo scrivo a beneficio di coloro i quali hanno massacrato anche Zucchero, non può costituire colpa o motivo d’attacco).

Avviandoci verso la conclusione di questa interminabile puntata, come ignorare la presentazione di Un po’ di più, imperniata su una poetica degli oggetti, del sacro valore che talvolta può assumere la materialità in virtù dei significati e del valore di cui può essere investita?

È la volta poi di Monica Guerritore che, sulle note di Isole del sud, introduce il terzo ed ultimo memorabile momento: Uomini persi, una delle canzoni più belle che la penna di Claudio Baglioni abbia mai scritto. Chi la ascolta riflette amaramente sulla sua perenne attualità. Quanti sono gli uomini persi che hanno contribuito allo smarrimento di altri? Quanti quelli che si sono fatti avvelenare dalla malvagità? Quanti quelli che hanno ucciso o commesso delitti efferati? Quanti sono gli uomini persi che hanno deciso e stanno decidendo della nostra vita senza scrupoli? Veramente anche loro sono stati bambini nella loro purezza?

Luca e Paolo riportano un po’ di leggerezza giungendo a bordo di una perfetta replica di Camilla e adoperandosi in un’analisi del testo di W l’Inghilterra. Malgrado il velo d’ironia che riveste l’intera scenetta, probabilmente atta a criticare l’asfissiante stretta del politicamente corretto, il loro intervento è parso, almeno a chi scrive, quantomeno ambiguo, poiché essi ne sono solitamente portatori e paladini.

La voce radiofonica di Fiorello, agli sgoccioli di un appuntamento memorabile, cita Tutto il calcio minuto per minuto, i cui versi di crudo e disincantato realismo sono recitati da Pino Insegno.

Claudio, infine, si congeda con Io sono qui, lasciandoci, come quasi sempre è accaduto, ebbri di bellezza e gratitudine.

Concluso il giro di boa che ci proietta direttamente verso il gran finale di questa strepitosa avventura, non posso far altro che ringraziare Claudio per avermi lasciato ancora una volta senza parole. Non posso essere obiettivo vista l’enorme passione che nutro per lui e per la sua opera. Tuttavia, anche se riuscissi ad esserlo, sarebbe veramente impossibile trovare un appunto, un difetto, un’imprecisione da contestargli.

Per rendere nel miglior modo possibile ciò che abbiamo visto sabato sera esistono probabilmente solo due modi: o ripercorrere passo dopo passo il sentiero di una puntata irripetibile, come effettivamente ho fatto, o racchiudere, molto più brevemente, tutta la barocca immensità di questo spettacolo in un enorme e mastodontico UÀ. Ogni altro tentativo sarebbe vano.

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

13 Commenti

  1. Secondo me le critiche e gli affossamenti di tanta magia che ci ha regalato Claudio derivano solo da chi ascolta lo spettacolo con mente e giudizio. Sono solo il cuore, i sensi, lo spazio emotivo e della bellezza che possono apprezzare la portata di questo strepitoso e immane lavoro di Claudio. Ogni canzone, ogni pezzo divieni un quadro realizzato nella pluralità dei linguaggi: musicale, drammaturgico, scenografico, narrativo, storico, emotivo, empatico..sono d’ accordo sull’ assenza del pubblico, rappresenta testualmente la situazione pandemica attuale e non si presta a diffondere contagi. Lo sguardo degli attori a volte fisso e impersonale, esce dal tempo e si colloca in un non-tempo quindi nello spazio dei concetti e valori perenni, che superano i cicli e le mode. La forte preparazione e la minuziosa attenzione alla professionalità la intendo come grande rispetto per il pubblico che è intelligente e saggio. Gli ospiti di estremo spessore, tantissimi, quasi tutti italiani, che hanno segnato le nostre storie evolutive, si offrono finalmente senza interviste e promozioni dei loro prodotti ma esibendo solamente la loro arte, la loro capacità vera, genuina di rappresentarsi, rendendo omaggio a Claudio, nella sua casa dove li ha invitati e ospitati per condividere ricordi, emozioni ma anche per lanciare messaggi di forza e coraggio in questo tempo così ostile. E infine i tantissimi ballerini, mimi, acrobati, giovani e meno giovani, tecnici, operatori che realizzano insieme a Claudio spettacolo, bravissimi sono occasione di lavoro e ripresa di queste arti bloccate per troppo tempo dalla pandemia. Concludo dicendo che trovo perfetto questo imponente lavoro artistico e aspetto la terza puntata per tirare le somme. Vedo in Claudio un artista vero, che sa sfidare il tempo, passarci attraverso, leggere il contesto di vita e con coraggio estremo mettere in campo tutto il suo potenziale in una pluralità caleidoscopica di campi e modi. Di meglio è impossibile. Saluti a tutti

  2. Ognuno può e deve esprimere il proprio pensiero, ma solamente come è stata interpretata ”I Vecchi per me è veramente il massimo,grazie Claudio

  3. Anche per me è stato un bellissimo spettacolo con tanti bravi ospiti e tanta bella musica. Trovo i vostri commenti troppo farraginoso quasi a volere trovare ii pelo nell’uovo. Rilassatevi e godetevi lo spettacolo. Pensate CGE al posto di UA’ poteva esserci C’è posta per te oppure il Grande fratello!

  4. Provo sempre a fare la voce fuori dal coro. Ciò ovviamente non toglie nulla alla qualità del prodotto che abbiamo visto.
    Ho trovato la seconda puntata ancor meno convincente della prima…
    Non mi convince la proposta musicale: per es. in due puntate il brano di Claudio più recente che abbiamo sentito è “Io sono qui”, che ha quasi trent’anni! Nulla del nuovo album, nemmeno del brano che dà il titolo al programma… questo non può non deluderci. Le canzoni del duemila sono usate come sottofondi per monologhi…
    Altre perplessità: perchè Rocio o Vittoria come voci narranti di periodi storici in cui nemmeno erano nate? Anche questo l’ho trovato distonico. Perchè uno spazio “cantagiro” che non racconta nemmeno la vita artistica di Baglioni, che è posteriore?
    Gli spazi alla chitarra, dedicati ai riff con Zucchero o ai pezzi da spiaggia con Tozzi e Raf, li ho trovati freddi e un po’ improvvisati. Non concordo con il commento di Federico.
    Anche il duetto con Annalisa su “Notte di note” non mi è piaciuto… il brano per la sua voce era troppo basso o troppo alto di tonalità. Lei è brava ma la performance dei due insieme (lei che sul finale ha dovuto cantare l’ottava sotto) è rivedibile, a mio avviso. I duetti con donne più riusciti, anche per come le voci si sono mescolate, sono stati quelli con la Consoli e la Turci.
    Belli i duetti con Sangiorgi e con Venditti (ma l’introduzione tra flipper, calcio balilla e ping pong lunghissima e poco coinvolgente, moscia).
    Sorprende come, nonostante il montaggio sia a tratti serrato, risulti cmq che non c’è ritmo. E poi c’è questa sensazione di già visto… con i soliti ospiti e i soliti brani. Non c’è coraggio.
    “Ufo Robot” lo segnalo perchè emblematico della scarsità di idee autoriali. Altrochè citazione.
    Il pubblico dov’è?? Gli applausi finti e sfumati non si possono sentire. Nel 2021, a pandemia superata o cmq pienamente gestita, serviva abbondante presenza di pubblico in studio. Non c’è trasmissione ora in onda che non ne abbia.
    Tutto è freddo e ovattato.

    A chi loda questo show suggerisco di cercare in rete (magari su Rai play) lo spettacolo di Ranieri “Sogno e son desto”.
    Costava la metà e valeva il triplo. Pure “Un, due, tre Fiorella” era nettamente più convincente.
    Per fortuna sono solo tre puntate, altrimenti lo share arrivava alla monocifra.

    1. Ciao Aldo! Grazie innanzitutto per essere intervenuto. È sempre auspicabile avere qualche voce fuori dal coro! Tuttavia penso che alcune tue critiche siano eccessivamente ingenerose, come se volessi trovare dei difetti anche là dove non ce ne sono (come ad esempio la questione di Rocio e Vittoria Puccini, che ritieni troppo giovani per l’argomento che hanno trattato. Secondo questo ragionamento io, ventunenne, non dovrei trattare la musica di Claudio). Non trovo poi che sia stato un problema la discesa d’ottava di Annalisa, ha dato anzi completezza al brano (che senso ha cantare entrambi sulla stessa ottava?). Il pubblico, inoltre, c’è. Non si vede (scelta discutibile) ma c’è. Gli applausi perciò non sono finti. Poca voglia di osare, probabilmente è vero. Ma se l’usato sicuro è di questo calibro, io mi accontento comunque. Concordo pienamente sull’assenza totale di canzoni dal 1999, ma aspettavo ad esprimermi al riguardo visto che manca ancora una puntata. Un saluto.

      1. Le canzoni dal 1999 in poi non le canta perché non le conosce nessuno. Quale dovrebbe mettersi a canatre “dieci dita” che è una noia mortale? È uno spettacolo nazionale mica un raduno per pochi intimi!

  5. Premetto, sono della classe 1957, ho ascoltato alla radio la novità “Questo piccolo grande amore” nel programma Alto Gradimento e nei successivi decenni sono stato testimone della conferma di Baglioni come uno dei pilastri del cantautorato italiano.
    Passo ora a illustrare quello che penso di UA:
    Pur nella evidente dimostrazione di professionalità lo spettacolo pecca di empatia: come puoi fare uno spettacolo dal vivo senza pubblico?
    Perché tutto questo gigantismo quando la scaletta degli ospiti avrebbe garantito un grande spettacolo anche se il tutto si fosse svolto in uno sgabuzzino?
    Sono solo alcune considerazioni tante altre ce ne sarebbero ma non inficerebbero la qualità offerta dallo show, sicuramente uno dei più rutilanti messi in onda recentemente.
    Però, nella seconda puntata è accaduto qualcosa di esecrabile, di inaccettabile, qualcosa di cui ancora non mi so dare ragione:
    l’intervento di Pio e Amedeo!
    Indipendentemente dal nome dei protagonisti, ditemi come si può permettere di inserire uno sketch così sconclusionato e irritante quasi all’inizio del programma che duri la bellezza ( la bruttezza direi ) di ben VENTICINQUE MINUTI!!!!!
    Un intervento che avrebbe affossato anche uno show diretto nell’epoca d’oro di Antonello Falqui.
    Una durata così viene negata dalle più elementari regole spettacolari.
    E per un programma che doveva recuperare audience dalla prima puntata non è stato certo un toccasana.
    E poi, scusate, il contenuto è stato veramente aberrante e sconclusionato e senza capo nè coda, tanto che mi sorge il sospetto che tutto ciò sia accaduto per una imposizione di rete, dato che il duo è un prodotto della Cantera Mediaset.
    Brutta cosa.
    Inoltre ritengo invece che l’intervento di Luca e Paolo sia stato, al contrario, molto divertente, ben congegnato e soprattutto non prolisso.
    Immaginatelo in scaletta al posto degli altri due che ritmo diverso avrebbe avuto il programma!
    E poi non è vero che Luca e Paolo non sono contro il politically correct, certo non hanno la grevità di Pio e Amedeo che pensano di essere un clone di Zalone ( altro stile!)
    Ricordo che il duo genovese andò ad un Festival di Sanremo dicendo: “scusate, ma noi ci denunciamo eterosessuali!”.
    Per concludere: su UA ci si potrebbe scrivere una tesi di laurea sulla situazione attuale dello spettacolo televisivo, ma è innegabile che con tutti i suoi difetti è stata l’occasione di ascoltare la grande musica pop di Baglioni e dei suoi colleghi

    1. Io ripeto la mia idea….questa è stata un’occasione sprecata.
      Doveva fare una bella 9 ore di concerto divisa in 3 serate con pubblico e tante e solo canzoni inframezzate da qualche breve aneddoto.
      Gli ospiti ne poteva anche fare a meno

    2. Ciao Carlo! Grazie per il contributo. Come ho scritto nel mio pezzo, mi ostino a non capire perché questi due comici pugliesi vengano descritti come e peggio del demonio. Ribadisco che in presenza di Claudio non hanno mai oltrepassato i limiti della decenza, anzi. Per quanto riguarda il pubblico, sono costretto a ribadire che il pubblico c’è. È stato scelto di non mostrarlo (vai a capire perché) ma c’è. Vi esorto inoltre a riflettere sul fatto che Claudio ha creato non solo un format ma anche un genere: a mio modo di vedere si discute di questo programma rimanendo troppo ancorati ad alcuni paradigmi dai quali invece Claudio evidentemente non ha attinto.

  6. Ua’…. sono d’accordo su tutto ciò che hai scritto , bellissimo riassunto delle puntate precedenti … Claudio è così …iniziata un po’ in sordina la prima serata e poi via via tutto è apparso nella sua bellezza e senza rendersi conto la serata è volata ! Ma dentro ero appagata e felice ! Un abbraccio e un grazie al Maestro per tutto il positivo che regala ai fans ( senza bisogno di criticare sempre ) ❤️❤️❤️

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