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Le riflessioni di Federico per l’ultima di Claudio Baglioni

Venne dal mare ad osare là dove solo il falco va,

tracciando una via per l’infinità

Favole, cose tenere, ma non sa far altro e non ha altro da vendere… Ecco, ritengo che per tentare di valutare il prodotto televisivo sia utile partire da questa candida ammissione. Va ricordato infatti, sembra sia necessario, che Claudio Baglioni di mestiere fa il cantante compositore (solo all’occorrenza l’architetto) e non l’autore e il presentatore televisivo. Dinanzi ad aspetti che alcuni non hanno esitato a definire pecche, a me viene quindi naturale essere clemente e premiare invece il coraggio di chi, a 70 anni, rimette la sua anima in gioco e mette su uno spettacolo di arte varia mastodontico, cimentandosi in un ambiente professionale che non è il suo e che raramente ha intercettato. C’è chi ha parlato di freddezza, chi di mancanza di empatia (consiglio a costoro di rivedere l’etimo greco da cui la parola proviene), chi ha lamentato un’eccessiva rigidità di Claudio in scena e la fissità dello sguardo sul gobbo (e va be’, amen!), chi ha creduto che il pubblico fosse assente e gli applausi finti, chi ha riscontrato un po’ di lentezza e mancanza di ritmo, chi non ha gradito l’ampio ricorso al montaggio, chi una certa debolezza degli sketch comici e chi, ultimo ma non ultimo, ha attribuito presunte colpe alla rete e al programma che precedeva la messa in onda di . Posto che ogni critica è legittima, penso che la questione riguardante il successo o l’insuccesso del programma vada affrontata tenendo conto dialmeno cinque premesse:

  1. La difficoltà di un banco di prova inusuale esposta in apertura. Claudio Baglioni che scrive e presenta un programma tv gioca in trasferta, in un campo mediamente ostico, magari anche appesantito dalla pioggia. Mi pare dunque più leale apprezzare il coraggio invece che fare le pulci. Mi rendo conto però che i più cinici possano ignorare quest’aspetto;
  2. L’inadeguatezza del criterio quantitativo per giudicare la qualità, lo spessore, la riuscita di un programma televisivo, tema già evidenziato nella recensione della prima puntata. Gli ascolti possono essere indicativi, ma dovrebbero essere integrati da altri parametri, specialmente se si vuole accogliere il monito per una televisione orientata alla qualità lanciato da Sergio Zavoli qualche anno fa (grido di dolore che a quanto pare è caduto inascoltato e rimasto nelle fredde torri d’avorio dell’epistemologia accademica);
  3. Un’ideazione proiettata più alla fruizione futura del programma che a quella presente (mera ipotesi personale). sembrerebbe infatti un altro punto del lungo testamento che Claudio lascia per l’eternità, un’opera il cui valore sarà pienamente assaporabile solo dopo che saranno scorsi i titoli di coda;
  4. La presenza di un rivale forte sulla prima rete del servizio pubblico, un programma rodato, ormai un classico della tv italiana apprezzato da molti. La collocazione in palinsesto è stata senza dubbio coraggiosa ed anche qui la questione è ancipite: errore criticabile o apprezzabile audacia?
  5. Infine l’unicità di , che è un format inedito, il capostipite di un genere. In quanto tale, malgrado si ispiri in parte al varietà, penso sia inadeguato interpretarlo e giudicarlo tramite categorie analitiche tradizionali, così come sono inappropriati i termini di paragone che sono stati proposti. Molto probabilmente anche le aspettative erano troppo radicate a dei modelli da cui il programma si distacca con decisione.

È soprattutto quest’ultimo presupposto che mi permette di considerare quei presunti punti critici sopra esposti come neutre peculiarità di cui lo show è stato volutamente caratterizzato: ha creato dei nuovi stilemi, ha ricalcato grammatiche di genere già esistenti solo per generarne di nuove, non si è limitato a rimanere fedele ai paradigmi del passato (benché abbia reso loro omaggio tramite numerose citazioni). Pertanto perché non considerare quegli attributi, da alcuni ritenuti emblema di un esperimento riuscito a metà, come le caratteristiche specifiche, i tratti tipici del life show? Chi può stabilire se l’invisibilità del pubblico, la differita, il montaggio (che avvicinano lo show anche ad aspetti propri della fiction) sono dei punti deboli di un programma che non ha simili prima di sé? In uno spettacolo televisivo che segue le orme di Studio Uno, Canzonissima o Fantastico, questi elementi potrebbero rappresentare un doloroso inciampo, ma in uno show come questo chi può arrogarsi il diritto di dire che costituiscono dei nodi problematici?

Superfluo constatare che Claudio non è infallibile. Lo spettacolo che ha realizzato non è perfetto e non voglio descriverlo come tale, perché nessuna opera umana può esserlo. È vero che in alcuni momenti il programma è stato un po’ lento, che gli sketch comici sono stati spesso deboli (Siani re della banalità) e che alcuni interventi sono stati un po’ forzati (penso al monologo affidato alla Delogu). Ciò detto, però, sono fermamente convinto, e lo dico svestendo gli abiti di estimatore e ammiratore incallito e vestendo quelli di osservatore e studente di comunicazione, che sia, se non perfetto, quantomeno eccellente. Un prodotto televisivo di qualità sopraffina, forse il migliore che Mediaset abbia mai prodotto e trasmesso. Un romanzo audiovisivo che in alcuni momenti ci ha permesso di camminare le eteree lande del sublime. Un porto crocevia di mille brividi nel quale hanno attraccato navi di ogni tipo. Un covo di bellezza in cui Claudio ha agito riportando in auge una prossemica umana, affettuosa, fondata sul calore vitale del contatto fisico troppo facilmente abbandonata in questo folle biennio. Un crogiuolo di atmosfere in cui è stato possibile andare ovunque pur rimanendo ben saldi alla romanità del Gasometro. Quelle piccole zone d’ombra che in effetti esistono (per le quali comunque non riesco a concepire una responsabilità diretta del padrone di casa) appaiono dunque come inezie, piccolezze trascurabili, parti guaste risanate dalla luce sanificante e ricostituente dello show nella sua interezza.

Anche in questo terzo ed ultimo appuntamento si parte in medias res: all’introduttiva Strada facendo segue l’inossidabile Massimo Ranieri che porta con sé qualche suo successo, un po’ di tradizione napoletana e contribuisce ad una toccante versione de Il nostro concerto. Poi un ottimo Pieraccioni (giusto nei modi, nei contenuti, nei tempi), una magnetica e malinconica Mille giorni di te e di me, la solita scapestrata e scalmanata Via con Marco Mengoni. Inaspettata, giunge la prima sorpresa di serata: Stelle di stelle con Alessandra Amoroso è una perla di valore inestimabile. Registriamo finalmente, con enorme piacere, la prima vera (ed unica) stecca di Claudio nel corso delle tre serate: allora è umano! Ancora storditi dallo stupore per aver sentito una delle cosiddette “sorelle minori”, non c’è però tempo per riprendersi: Claudio ci regala infatti quel capolavoro che dipinge lo scenario del suo concepimento. Azzeccatissima la scelta di cantare Io dal mare accompagnato da Mahmood, la cui voce si dimostra perfetta per un pezzo melodicamente arduo (e il cui abbigliamento originale mi ricorda sempre le divise astronautiche di Star Trek). Colpisce la dolce gratitudine del giovane artista milanese, che con sussurata dolcezza si prostra dinanzi a colui che ha dato origine alla sua vicenda artistica. In questo profluvio di figure artistiche giunge poi il momento della Mannoia e di Cocciante, con i quali si ricostituisce il trio che animava le serate del Piper e, dopo di loro, torna in scena una delle più affascinanti signore della musica italiana: l’eclettica, misteriosa, enigmatica Anna Oxa. I gorgheggi con cui chiude la canzone di Heidi sono estasianti, misticheggianti, simili ad etereicanti tribali, e anche Poster risente positivamente di questo influsso vagamente ascetico. Fammi andar via è la terza sorpresa di serata, nonché, a mio giudizio, il culmine artistico dell’intero evento. L’esibizione, inaugurata dalla leggiadra sinuosità di Eleonora Abbagnato, è un tripudio di intensità, sentimento, sensualità e struggimento. La coreografia si adagia sulla canzone come un morbido abito di seta su un florido corpo femminile. Dal punto di vista canoro Claudio è semplicemente impeccabile. Se non si trattasse di lui, sarei ancora incollato allo schermo con la mascella caduta ai piedi… Siamo ormai nella seconda parte della puntata, quella in cui Claudio decide di prendere la scena e di non lasciarla quasi più per niente: energico e godibile il medley dedicato a Battisti realizzato con Gianna Nannini ed elegante l’incontro con la classe senza tempo di Ornella Vanoni (qualche strofa in più di Lampada Osram non mi sarebbe dispiaciuta!). Ma non pago, come un giocatore d’azzardo che non ha più nulla da perdere, il cantastorie dei giorni nostri ci porge un altro dono inaspettato: una versione incantevole di Ragazze dell’Est (un altro dei brani sociali di Baglioni rimasti inspiegabilmente eclissati lungo la sua carriera) impreziosita dal tocco fiabesco del flauto traverso di Andrea Griminelli, che crea un bel contrasto con la cruda realtà raccontata nella canzone. È poi il turno di Dagli il via, il sesto brano che Claudio trae da Oltre, l’album da cui più spesso ha attinto in questa avventura televisiva, primato condiviso con La vita è adesso e Strada facendo (anche se Tutto il calcio minuto per minuto, Amori in corso e Fotografie sono state solo declamate e non cantate. Imperdonabile ignorare quasi totalmente Viaggiatore, Sono io e ConVoi!). L’ultimo spicchio di puntata, infine, è arricchito da Avrai, magistralmente interpretata insieme ad una Serena Autieri anche troppo scolastica, Porta Portese e Tommaso Paradiso, che sembrano essere capitati lì quasi per caso, ma soprattutto dalla sorridente semplicità di Fabio Concato e della sua meravigliosa Fiore di maggio.

Eccoci quindi al capolinea di quest’ennesima corsa. La puntina ha lentamente attraversato tutto il disco, che reclama di essere capovolto o riprodotto ancora una volta. Il porto fluviale a cui ci siamo affezionati in questo freddo dicembre chiude i battenti. Il suo gestore, con aria soddisfatta, ci ricorda che la vita alla fine non è altro che un susseguirsi di storie in corso in cui tutto è simultaneo, in cui spazio e tempo si mescolano facendoci rivivere più o meno la stessa vicenda ma magari con persone e cuori diversi, sotto cieli che si assomigliano e non sono mai lo stesso. Quella di un musicista poi è come un cerchio, un disco su cui la puntina del pensiero indugia per tutta la vita. Nella sua storia sono occorsi momenti sublimi ma anche ostacoli da superare. Ma quando riascolta o canta le sue canzoni gli pare di avere nuovamente l’età di quando cominciava per la prima volta. È questo che ha voluto accatastare in questo magazzino dei ricordi. E forse è proprio per questo che ha tentato di raccontare questa storia di vita vera e di arte varia, perché comunque, tuttora, gli sembra di essere Un uomo di varie età.

Grazie Cla’

UÀ!

Federico Laudizi

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

11 Commenti

  1. Anch’io, come te Federico, mi sono ampiamente espresso su Uà.
    Mi permetto di aggiungere solo alcuni commenti, relativi alle poche cose della tua bella recensione su cui dissento.

    In particolare, non condivido che si tratti di un nuovo modello di show. Quali sarebbero questi nuovi stilemi? Quale nuovo paradigma di spettacolo ci propone?
    Uno show musicale registrato, senza pubblico o cmq con pochi astanti, l’ho già visto: “La musica che gira intorno” della Mannoia, su Rai Uno. Ci è andato anche Claudio come ospite, ed anche lì ho sbadigliato parecchio (ricordo un gran bel monologo di Edoardo Leo, però… nonostante tutti gli attori passati da Claudio, non ho trovato in Uà nulla di paragonabile). “La musica che gira intorno” è andato assai peggio del suo altro programma (Un, due, tre Fiorella), che era live e aveva il pubblico, e anche in questo caso l’esito dell’auditel ha coinciso, a mio modestissimo parere, con la riuscita dello spettacolo.
    A me Uà è parsa in molte occasioni un’opportunità non colta appieno. Avere per es. Mengoni, Zucchero, Giorgia, Venditti… e far fare loro una sola canzone… che spreco! Tanta bellezza ma anche tanto “già visto”.
    Dall’altra parte c’era Ballando con le stelle, che è uno spettacolo tutto live, che vive proprio di questa imprevedibilità, e che propone tra l’altro ottima musica (sabato hanno cantato Mille giorni di te e di me poco dopo di Claudio!). Da una parte c’era un’adrenalina palpabile e dall’altra un prodotto ottimamente confezionato, fatto d’arte ma un po’ artefatto (faccio un gioco di parole che forse piacerebbe a Claudio).
    In tutti i pezzi eseguiti da solo Claudio era in playback. Erano tutti i pezzi di trent’anni fa, come già detto da me e da altri.
    Ho visto rarissime – o forse inesistenti? – trovate autoriali, e molte occasioni sprecate. Per es. avere Concato che canta Fiore di Maggio ed aver cantato Avrai (con un’affettata e non necessaria Autieri) avrebbe consentito un link, la possibilità di “collegare” i due brani per parlare delle canzoni dedicate ai figli. La presenza della Oxa, interessante perchè meno inflazionata di gran parte dei personaggi, avrebbe potuto regalarci Ti lascerò, anch’essa dedicata ad una figlia se non erro. No, invece le hanno fatto cantare Heidi! Ripeto: Heidi!!!!
    E’ solo un esempio di come si potesse facilmente far meglio, a mio parere di non addetto ai lavori.

    Meno grandeur e più artigianalità; meno belletto e più spontaneità. Alla prossima.

    1. Ciao Aldo, sempre grazie per i tuoi interventi. Ti rispondo nel merito: i nuovi stilemi introdotti da Uà sono evidenti: spettacolo televisivo realizzato secondo modalità miste che in alcuni casi si avvicinano alla fiction o anche al cinema, pur conservando elementi tipici del varietà. Il paragone con il programma della Mannoia è inappropriato perché lì il pubblico non poteva esserci. Qui invece c’è stato, e s’è sentito, ma si è scelto di non mostrarlo (probabilmente perché è stata data priorità alla grandezza del palco ed è rimasto poco spazio per il pubblico che è stato posizionato in maniera non troppo tradizionale). Infine non è esistito playback: gli arrangiamenti erano nuovi o recenti, la voce quella calda e matura degli ultimi anni. Pause diverse, variazioni melodiche, un po’ di difficoltà nel prendere le note altissime (come in Io sono qui o Strada facendo). Escludo categoricamente il playback. Al massimo qualche intervento in post-produzione, nient’altro.

      1. Sicuramente chi come voi studia scienze della comunicazione o arti performative comprende meglio di me ciò che ha reso Uà uno spettacolo nuovo e non un nuovo spettacolo (come invece l’ho percepito).
        Per quanto concerne gli aspetti musicali/vocali, per i quali ho maggiori competenze, garantisco che il ricorso a a parti di canzoni preregistrate è stato fatto certamente. Spesso le scelte della regia non indugiavano sul labiale di Claudio proprio in questi passaggi, preferendo inquadrature larghe o focalizzati su ballerini. In nessuna canzone eseguita da solo si sono sentite minime incertezze vocali, parole o versi saltati, non detti, sbagliati… di sicuro c’è stato poi l’intervento di audio-ritocco prima della messa in onda.
        Ma non è un problema! È la freddezza che ne è conseguita, senza un incitamento del/dal pubblico, senza la minima percezione del live, il minus dello show.
        Poi moltissimi pezzi riciclati negli arrangiamenti, come Porta portese… W l’Inghilterra…
        Insomma, per me Uà è stato uno show non proprio riuscito. E il giudizio è tenero per il bene e la stima che da 30 voglio a Baglioni.
        Auguri a tutti!

    2. Ciao Aldo, ha ragione Federico anche perchè tutti quei musicisti straordinari, i coristi, un corpo di ballo che lascia senza fiato, penso che la Mannoia non lo abbia mai nemmeno immaginato (da quel che so io). Secondo me l’unica pecca è che ha cantato troppe canzoni che non appartenevano nè al suo magico e infinito repertorio, ne a quello degli ospiti.
      W cucaio il viaggiatore sulla coda del tempo!

  2. A me il programma è piaciuto molto, ma ci sono tre aspetti che non vanno assolutamente sottovalutati.
    Il primo: niente produzione degli ultimi 30 anni. 30 ANNI. Baglioni sfodera tutto il repertorio 1970-1995. Punto. Ci fa capire che dopo quella data ritiene di non avere fatto più niente degno di nota, di menzione, di essere ricordato. Non dico nei duetti: ci sta che magari i colleghi vogliano cantare qualche classico. Ma non li propone neanche lui, neanche a fine serata (unica eccezione Uomo di varie età all’1 e 20). Trovo questa una scelta orribile, sbagliata, fuorviante.
    Il secondo: fare prodotti tecnicamente impeccabili e farli registrati sono due aspetti incompatibili. Tutto era stato studiato alla perfezione: le gag, le performance, i balletti. Ma in questo modo lo spettacolo non ha avuto un attimo di genuinità, di spontaneità, di familiarità. Del resto, se la performance non veniva perfetta, poteva essere replicata. Questa è una scelta che va benissimo per un prodotto come lo spettacolo al teatro dell’opera, o per un disco. Per una trasmissione televisiva no, perché entra nella casa della gente che magari nel frattempo mangia, stira, legge il giornale, parla al telefono.
    Terzo: si tratta di un prodotto che è difficile definire originale. Alle spalle ci sono decine di anni di queste performance di Baglioni (n particolare nei programmi fatti con Fazio e nei Sanremo), e poi tutti i programmi musicali visti in Rai in questi anni sono fatti più o meno così.

    1. Mi hai tolto le parole di bocca.
      In sostanza è mancata la novità, il famoso ua’. Per noi era tutto già visto e rivisto senza alcuna modifica, e se non ha fatto breccia per molti di noi pensiamo a chi non apprezza Baglioni. Inoltre a me è personalmente è mancato il life show, racconti, aneddoti nuovi, filmati d’epoca, le immagini di Montesacro, Centocelle, dell ‘Umbria, i concerti sul balcone, sui tram, Oscia’ , concerti in Vaticano e i pezzi da sono io, viaggiatore, con voi.
      Ho avuto la stessa sensazione con In questa storia su It’s art, sbandierata come opera totale tutto il teatro utilizzato in ogni luogo ecc ecc e poi ho ritrovato le identiche o quasi coreografie e una location fissa e ferma.
      Per ciò che riguarda gli ascolti capisco sia facile dire non è uno spettacolo per canale 5 o il pubblico di quella rete non è abituato al bello ma fininvest secondo voi non ha scelto proprio Baglioni per contrastare la Rai contando su un grande appeal? Ballando non ha mai vinto contro tu si que vales è riuscita nell’impresa solo contro Baglioni e la cosa a me fa male e fa riflettere.
      Grazia

  3. Premetto che sono di parte.!Seguo Claudio dall’ormai lontanissimo 1970 e in tanti anni non mi ha MAI DELUSO…Le critiche sul suo ultimo lavoro sono frutto di incompetenza ed invidia.Claudio è un’artista UNICO ED INCOMPARABILE!

  4. Io non sono tanto convinto del fatto che Baglioni abbia voluto chiamare tutti questi ospiti per farli lavorare dopo due anni di fermo a causa del covid.
    Secondo me gli è stato imposto dalla Friends a chiamare tutta quella gente che ha sotto contratto (cosa che ha fatto pure nei due Sanremo da lui condotti)

  5. La grandezza di questo artista e della sua opera è percepita “a singhiozzo”. A volte riempie stadi e fa battere record di vendita; a volte riluce talmente tanto che occorre filtrare lo sguardo per non rimanerne accecati, difendersi dalla sindrome di Stendhal dicendo “ok, bravissimo lui, bravissimi tutti, però giro canale, perché non ho energia emozionale sufficiente per resistere a tre ore di bellezza” . La precisa analisi di Federico ci ribadisce che “sta roba” sarà da guardare per anni e per decenni. E non sapremo mai (ma potremmo immaginare) se, a suo tempo, qualcuno disse frasi del tipo “Bravissimo questo Dante Alighieri, niente da dire, però dopo un po’ anche basta”, oppure “stasera sarei invitato da quel Leopardi che, lo sappiamo, è il top, ma mi sa che mi do malato e vado in locanda a sentire lo stornellatore”…

  6. GRAZIE, finalmente la verità, un’analisi autentica di come sono state fatte, pensate realizzate tutte le tre puntate. Un lavoro immenso, svolto con passione, professionalità, umiltà rimanendo sempre un passo indietro a tutti i suoi ospiti come deve fare un padrone di casa.Anch’io che lo seguo da sempre e da sempre regala meraviglia, stupore AMORE ci sarebbe da restare a bocca aperta e stroppicciarsi gli occhi per tanta bellezza.Ho solo da aggiungere una postilla: in tempo dove gli artisti non hanno potuto lavorare non per colpa loro, Claudio Baglioni con un’atto di coraggio è andato oltre realizzando tutto quello che siamo a conoscenza cito solo il film opera concerto presentato al Festival del cinema di Roma.Vorrei ricordare a chi fa le pulci, ha dato la possibilità di lavorare , nonostante tutto.Grazie Claudio.

    1. Secondo me non è stato lui a volere tutti quegli ospiti ma gli è stato imposto dalla FRIENDS&PARTNERS di cui anche Baglioni fa parte.
      Lo stesso errore è stato fatto anche nei due Sanremo che ha condotto, nel primo perdonato (grazie alla novità e alla presenza di Favino/Hunziker) e nel secondo molto meno

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