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ANTICIPAZIONE: Svelato titolo nuovo brano

Intervista a Claudio Baglioni – LIBERI TUTTI (Corriere della sera del 9 Novembre 2018)

Claudio Baglioni: «Mai cercato frasi complicate per arrivare al pubblico»

Per scrivere «Questo piccolo grande amore» impiegò «7-8 mesi: prima arrivò il ritornello, preceduto da una parte rock che non mi convinceva…». I segreti di un artista-simbolo della musica italiana, a lungo ritenuto disimpegnato

di Andrea Laffranchi

Claudio Baglioni presidia il palco. Tazza con tisana allo zenzero in mano, un toccasana per la voce; lo misura passo passo, scruta le mosse dei ballerini, ripassa i suoi movimenti. Il tour con cui il cantautore celebra i 50 anni di carriera «dal primo provino discografico» è una macchina che ruota attorno al suo personaggio e alle sue canzoni e Claudio, perfettamente coerente con la leggenda che lo vuole precisino, verifica ogni dettaglio. Qui un po’ di più, la un po’ di meno. «Una sensazione di ubriacatura, un soffio inebriante, che passa in un istante anche se dura tre ore e mezzo. Alla fine di questo racconto antologico e cronologico ricevo un senso di insieme confortante», racconta accomodandosi su un divano nella penombra del suo camerino. Sino a fine novembre Baglioni porterà lo spettacolo nei palazzetti, palco al centro e pubblico disposto a 360 gradi, poi si dedicherà al Festival di Sanremo di cui è stato confermato «dittatore» artistico e, a partire dalla seconda metà di marzo, tornerà a spegnere le candeline in tour.

«Un pop comunicativo e mai scontato»

«Sento il tempo che è passato, ma non trovo le distanze ascoltando le canzoni. Non mi sembra che ci sia così tanto fra l’una e l’altra. Ci rinvengo una costante musicale nel respiro melodico, un pop comunicativo e mai scontato, e una costante tematica nel racconto dell’avventura e disavventura del vivere». Battuta autoironica. «Da un lato è bello, significa che c’è una costante nel mio repertorio. Dall’altro viene un senso di depressione: non è vero che nel corso degli anni si migliora». Si diverte a prendere a picconate il monumento Baglioni. Però la parola monumento gli fa paura. «Sulle statue i piccioni ci fanno cose poco simpatiche. Tutti quelli che fanno questo mestiere vogliono diventare un monumento, ma quando senti la gabbia sei il primo a cercare di evadere dal marmo. E lo fai cercando di non ripeterti. È svicolando dal percorso con un disco che in quel momento senti di dover fare o con un concerto diverso, che eviti la fissità».

La mamma, la pensioncina, il primo rifiuto

Se qualcuno lo ferma per strada con la classica frase «Sono cresciuto con le tue canzoni», la risposta del cantautore è automatica: «Poteva andarti meglio… ma anche molto peggio». La sua carriera non poteva andare meglio visti i 60 milioni di dischi venduti, ma all’inizio il molto peggio lo ha sfiorato. Il provino zero. Claudio aveva 16 anni e mezzo, viveva a Roma, e per l’occasione mamma, «che mi ha sempre sostenuto», lo accompagnò a Milano. «Alloggiavamo in una pensioncina. Mi presentai a una piccola etichetta, non ricordo quale, e non andò bene. Venni subito ripreso perché, mi dissero, stavo sempre “insaccato con le spalle e portavo gli occhialoni neri… E poi le cose che scrivi non funzionano”, mi dissero». Lo misero alla prova con altri brani, roba anni 50 tipo La più bella del mondo di Don Marino Barreto jr.

Anni Sessanta, la delusione per gli inizi difficili

«Ero al pianoforte mentre negli uffici arrivavano degli ospiti per una cena: mi prese una tristezza mista a… mi sentivo al pianobar». Tornando verso l’albergo, Claudio salì su un tram e «guardando il cielo di Milano dai finestrini, preso da una rabbia malinconica, mi dissi a mezza voce un “ce la farò, ve la farò vedere”». Anche la seconda volta però non funzionò come sperava. La casa discografica era la Ricordi, lo sfondo sempre Milano. «Arrivai con le mie canzoni e la chitarra e mi affiancarono tre turnisti svogliati: quello al contrabbasso fumava la pipa mentre suonava. Andò meglio ma per mesi non si fece sentire nessuno». Nel 1969, questa volta a Roma, il provino con la Rca che gli offrì il primo contratto. Il primo 45 giri, Una favola blu/ Signora Lia, venne pubblicato l’anno successivo.

I primi due album non sfondarono

«Signora Lia in origine si intitolava Signora Lai — ricorda con il sorriso —. La cambiai all’improvviso quando, al famoso provino Rca, vidi sul camice bianco di uno dei tecnici la spilla con il nome: si chiamava “S. Lai”. La canzone parla di una donna che tradisce il marito, non mi sembrava il caso di inimicarmi la persona che aveva nelle mani il mio destino musicale». I primi due album non sfondarono, si era mosso qualcosa nell’Est Europa dopo un tour in Cecoslovacchia e Polonia, ma Claudio pensò di mollare tutto e di dedicarsi agli studi di architettura. «Lavorai ai testi di Questo piccolo grande amore come al testamento artistico di un incompreso. Arrivò subito in classifica. Il successo fu come un dono inatteso». Aneddoto sulla nascita della hit: «Ci misi sette-otto mesi a scriverla. Prima arrivò il ritornello. Nella stesura iniziale era preceduto da una parte molto rock che non mi convinceva. Ricordo ancora quando al telefono, dal letto della camera dove vivevo in via Prenestina a Roma, feci sentire la strofa al produttore». L’incipit è stampato nella memoria collettiva.

La maglietta di Paola, la prima moglie

Di chi era la maglietta fina sotto cui avrebbe voluto infilare le mani? «Le magliette fine sono tante… Anche se poi è stata connotata con quella di Paola (la prima moglie; ndr). In varie prove è stata anche maglietta fine, nel senso di elegante, oppure camicetta stretta». E qui ecco un altro sfregio al monumento. «O forse maglietta Fila, in un primo tentativo di sponsorizzazione (ride). Una volta una signora mi scrisse una lettera per ringraziarmi, era convinta che cantassi “quella tua maglietta, Pina”. Del resto il destino delle canzoni è di essere manomesse e composte da tutti». Baglioni prima di Baglioni. Il cantautore riavvolge il nastro della memoria. «Non sono figlio d’arte, però in famiglia si cantava spesso: canti popolari di guerra, amore e lavoro. Papà e mamma venivano da famiglie contadine e quando andavamo a trovare i parenti in Umbria, sul treno del ritorno cantavamo per coprire i versi degli animali che ci erano stati regalati e che nascondevamo fra i bagagli perché era vietato portarli. Ho imparato a esibirmi su un reato. Sono un maledetto…».

Simbolo della canzonetta d’amore

Ci scherza, ma negli anni del cantautorato impegnato politicamente lui e Battisti erano considerati degli eretici, simboli del disimpegno e della canzonetta d’amore. «Sono un artista di pianura, non ho mai cercato forme di espressione complicate per arrivare al pubblico». Non fu però la ricerca di sdoganamento da parte dell’altro fronte a fargli mettere in piedi O Scià, il festival che ha organizzato dal 2003 al 2012 a Lampedusa per accendere una luce sul tema dell’immigrazione: «Ci sono arrivato non per fiuto, ma perché ci ho sbattuto contro andando al mare in quella splendida isola toccata dal fenomeno. Mi sono messo al servizio delle sorti di Lampedusa e del fatto che media e classe dirigente non vedessero il problema. Questa manifestazione era contro l’immigrazione clandestina, ma non contro i clandestini che sono le vittime. Credo che oggi si debba metabolizzare il fenomeno e prenderlo come dato di fatto. Non credo però di riproporlo ora che il tema è al centro del dibattito politico: non sarebbe maneggiabile e non voglio diventare complice di risse, è terreno di consenso e dissenso».

Lo spirito del download che cambia la discografia

Le tre ore e mezzo dello show sono un riassunto che non svela nulla del Baglioni futuro. Per l’ultimo album, ConVoi del 2013, il cantautore sperimentò la pubblicazione di una canzone alla volta cercando di interpretare lo spirito del download che stava cambiando le regole della discografia. Ora c’è lo streaming che sembra voler distruggere il concetto di album. «L’album è quasi un desaparecido. Lo streaming richiede una forma mentale che non posso darmi. Fatico a immedesimarmi, sento l’angoscia dell’oceano aperto senza il punto dove mettere la bandierina sulla terraferma. Faccio fatica a pensare che non ci sia un supporto. Il disco ai cui sto lavorando sarà dannatamente classico anche nelle forme».

Il nuovo progetto, titolo di lavorazione Duello, è in fase avanzata ma al momento è in pausa.

Claudio lo protegge dalle indiscrezioni ma svela uno dei titoli dei nuovi brani, Liberi tutti, proprio come il settimanale nato da qualche mese a cui sta concedendo l’intervista: «L’idea viene dal tana libera tutti del gioco che si faceva da bambini. E viene dal desiderio che ci sia qualcuno capace di sollevare le nostre vite».

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The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

2 Commenti

  1. Comunque non è vero che il titolo del nuovo progetto si chiamerà “Duello”! L’ha smentito lui personalmente ( dovrebbe essere solo il titolo di uno dei brani).
    E ho la sensazione che questa nuova opera sarà oltre…”Oltre” ! E’ anni che ci sta lavorando e l’attesa sarà ben ripagata!

  2. Grazie infinite a tutti voi per esserci sempre!
    Ci tenete sempre aggiornati e ci fornite materiale meraviglioso!
    Grazie, grazie, grazie!
    Buona giornata a tutti

    Sonia

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