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I ‘capitani coraggiosi’ non tramontano mai

I ‘capitani coraggiosi’ della musica non tramontano mai

Il titolo di un pezzo di giornale, di un libro, di una canzone o di un film è importante. Anzi essenziale, in quanto è l’elemento che cattura nell’immediato la nostra attenzione, tanto da essere uno dei principali elementi a farci propendere o meno per l’acquisto di un prodotto editoriale o di un biglietto di uno spettacolo. Solo dalla fruizione di essi arriverà poi la conferma di quanto possa essere stata giusta o sbagliata la nostra scelta. E nel darsi un titolo ci vuole coraggio. Ma il coraggio serve in genere in qualsiasi ambito della produzione artistica, perché il più è stato già detto ed il rischio di risultare scontati è sempre dietro l’angolo. E ci vuole coraggio anche nella musica, sopratutto nel campo della musica leggera. Perché lo show-business ha le sue regole ferree, fatte di uscite, di live e di nuove uscite. E di scadenze e di scadenzari con cui il conto economico delle major discografiche si deve confrontare trimestralmente. La discografia è diventata un’industria vera e propria ed i talent show che la televisione ci offre ormai come pane quotidiano servono proprio come cinghia di trasmissione di questo meccanismo infernale che rischia di stritolare ispirazione, creatività e talento. Perché sembra proprio che tutti coloro che escono vincitori da questi talent alla fine non possano durare se non un anno o poco più. Da parte di qualcuno sembra già di sentire il solito laconico commento: “si stava meglio quando si stava peggio!”. E mentre sembra di sentirlo non si può non annuire con la testa, perché ci vuole coraggio nella musica, sopratutto per mantenere un certo livello di produzione e di qualità e per non passare alla svelta come vorrebbero la migliore dottrina del marketing musicale odierno. La perseveranza è materia rara, insomma, a queste latitudini. Meno male che certi ‘giganti’ non passano. Per fortuna!

Tutti noi abbiamo dei giganti nella musica. Per me, per esempio, sono dei giganti Claudio Baglioni, Ivano Fossati, Luciano Ligabue in Italia, a livello internazionale invece Sting, i Pink Floyd, Roger Waters, David Gilmour, David Bowie. Che alla fine sono alcuni di coloro che restano, che durano, che incidono. Alla lista posso aggiungere da ieri Gianni Morandi. Perché quest’ultimo, insieme a Claudio Baglioni, si è intestato una operazione alquanto coraggiosa, specialmente in Italia. Una collaborazione artistica che ha portato, per ora, alla produzione di più di dieci serate live al Foro Italico di Roma e alla realizzazione di due prime serate in tv su Rai 1 (6 e 7 ottobre) che avranno come ingredienti principali i loro maggiori successi musicali. Ed anche di un libro con il solito titolo, a commento della scaletta delle oltre trenta canzoni portate in scena e del contesto storico che le ha viste nascere. E questo se lo meritano solo i giganti! La nostra discografia conta già almeno altre due collaborazioni di questo tipo: il disco ‘Dalla-Morandi’ del 1988 e il live ‘Work in Progress’ di Francesco De Gregori e Lucio Dalla del 2010. Ma sempre di giganti si tratta. Il progetto firmato Baglioni-Morandi si intitola ‘Capitani Coraggiosi’ e sembra però andare oltre. E visto che i titoli contano e possono essere valutati solo a posteriori, in questo caso è stato perfettamente azzeccato. Perché nel darsi un titolo ci si dà anche una sfida e allo stesso tempo si fa una promessa verso tutti coloro a cui quel titolo è destinato come messaggio. E ‘capitani’ Baglioni e Morandi hanno dimostrato di esserlo per vari motivi. Basterebbe cominciare dal fatto che da più di cinquanta anni sono sulla breccia con un crescendo di attenzione a livello di pubblico. Per poi proseguire con la mestria con cui sono state condotte da entrambi le dieci serate dal vivo, sia a livello artistico, che emozionale. ‘Coraggiosi’ perché nonostante tutta la vita che hanno “sulla faccia”, hanno ancora il coraggio di rischiare proponendosi ad un pubblico che è sempre un’incognita.

La settimana appena trascorsa ha visto allacciarsi tra di loro tre di questi giganti sulla mia carne viva. Perché la musica dei Pink Floyd, quella di Clauimage4dio Baglioni e di Luciano Ligabue a me, figlio unico, ha veramente fatto compagnia dai dieci anni in poi, come un amico sicuro, come un posto presso cui rifugiarmi e come uno specchio in cui guardarmi. E tutti e tre la scorsa settimana erano tra Emilia, Toscana e Lazio in concerto. Di questa compresenza sono stato testimone solo virtuale. In realtà ho partecipato solo al concerto di Baglioni e Morandi, ma idealmente sono stato anche dagli altri due. Bene o male a ciascuno di loro devo qualcosa. Ne conosco il percorso artistico e vorrei avere l’occasione di dire loro grazie. Grazie perché con la loro musica e forse anche con il loro esempio mi hanno insegnato alcuni valori ed in qualche caso anche la consistenza di certe emozioni. E grazie perché in alcune occasioni hanno saputo anche andare oltre il mercato, oltre quella logica tutta venalità del vendere a tutti i costi. Quando ciascuno di loro ha cominciato le tecniche di marketing non erano così raffinate come lo sono adesso. E soprattutto non esistevano i talent. Gianni Morandi è addirittura coevo ai Beatles. I suoi brani messi a confronto di un Baglioni sembrano caramelle. Specialmente quelli degli inizi che sfuggivano ancora alla logica strofa-ritornello-strofa-ritornello. Ma hanno un’immediatezza che oggi ci possiamo scordare. Se tutti loro alla fine sono riusciti ad emergere e a restare in emersione per più di quaranta anni qualcosa da dire di sincero lo avevano e continuano ad averlo. Perché da qualche parte nella socialità che hanno vissuto nel momento della loro formazione artistica ci sono dei fatti taglienti che hanno dato loro una spina dorsale che rinosciamo ancora oggi come monumentale. Altro che talent, contro cui si è lucidamente pronunciato nei giorni scorsi anche un certo David Gilmour proprio dall’Italia.

Ciò che incide sulla carne viva non può non diventare racconto. Ed io sto raccontando questa mia passione per la musica che ascolto ed ho ascoltato alla mia figlia più grande. Per renderle più vicino il chitarrista dei Pink Floyd ne ho italianizzato il nome. È diventato Davide Gilmor o e nella nostra fantasia è amico di Claudio Baglioni. So che sarò tacciato di eresia da parte di qualche purista musicale per questo accostamento, ma sono anche questi passaggi che danno sostanza ad un percorso artistico, amplificandone i contorni. E restituiscono alla musica quella funzione di gioco che deve continuare ad avere, altrimenti resta solo business o fredda tecnica. Mia moglie invece le canta Gianni Morandi e la piccola Sofia si diverte perché ‘Fatti mandare dalla mamma’ è un racconto per immagini di come ci si poteva corteggiare qualche lustro fa, quando non c’erano gli sms ed i social e quando tutti noi che siamo cresciuti negli anni ’80 dovevamo andare a chiamare la fidanzatina o casa alla cabina del telefono con il gettone della Sip. Ancora non sono riuscito a posizionare Ligabue, un altro ‘mio capitano coraggioso’, nell’immaginario di mia figlia Sofia, ma mi sto preparando a farlo. Quando era in pancia le canzoni del Liga andavano in heavy rotation sul nostro stereo di casa e della macchina. La sua voce infatti le è molto familiare, ma le manca ancora un racconto. Forse le dovrei raccontare che la sola cosa che sono riuscito a vincere nella vita fu un biglietto per il concerto del suo primo Campovolo. Era il 2005. Era anche la fine di un estate molto impegnativa per me a cui arrivai con la febbre a 39 per qualche giorno. A quel primo appuntamento al Campovolo del Liga ci sono stati 165.624 spettatori, un record assoluto, meno uno… Ma chi lo ha detto che non sia stato là lo stesso? Chi lo ha detto, come succede a mia figlia, che non sia riuscito, nonostante la febbre, in un magico sorvolo tipicamente floydiano fino a laggiù? Io non riesco a capire se le nuove leve della musica leggera di oggi, ‘talentuosi’ compresi, possono fare ai nostri adolescenti lo stesso effetto che hanno procurato a me i mei giganti, personalmente ne dubito. Ma sicuramente se i capitani coraggiosi ci possono regalare tutto questo, allora lunga vita a tutti i nostri capitani coraggiosi!

Marco Bennici per futuroquotidiano.com

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

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