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“La vita è adesso”, Claudio Baglioni è sempre

La storia dell’album che rimarrà in eterno il più venduto (fisicamente) della musica italiana.

Quando nel 1983 comincia a comporre i brani di quello che sarebbe diventato “La vita è adesso”, Claudio Baglioni ha un obiettivo ben preciso in mente: dimostrare a tutti di non essere (più) solo l’idolo dei ragazzini accusato dalla critica di eccessiva sdolcinatezza e stucchevolezza per aver scritto hit come “Questo piccolo grande amore”, “E tu come stai?”, “Sabato pomeriggio” (come se poi fosse una condanna, aver firmato certi pezzi, destinati a diventare dei classici senza tempo della musica italiana). “Strada facendo”, due anni prima, era stato un successo enorme, che aveva consacrato il cantautore romano come una popstar capace di muovere le grandi masse: sulla scia dell’exploit di quell’ellepì Baglioni era arrivato addirittura ad esibirsi davanti a 180 mila spettatori, quelli che nell’ottobre del 1982 si erano presentati a Piazza di Siena, dentro Villa Borghese, nel cuore della sua città. Un trionfo figlio di un allineamento di astri perfetto. Gli Anni ’80 hanno ufficialmente mandato in archivio la pesantezza degli Anni ’70, con l’impegno politico che ha lasciato spazio a maggiore intimismo: per il pubblico, e finalmente anche per la critica, che si è decisa a mettere da parte gli iniziali pregiudizi e ora guarda l’autore di Centocelle con occhi diversi, Baglioni incarna una nuova forma di romanticismo popolare, accessibile ma non banale. Pop, appunto, ma senza essere superficiale. Intimo senza essere autoreferenziale. Fa sorridere che, a proposito di astri, i testi delle canzoni dell’ideale successore di “Strada facendo” prendano forma in un bar chiamato Zodiaco, in cima alla collina di Monte Mario a Roma, accanto all’osservatorio astronomico: un locale nato nella Roma degli Anni ’50 che ballava al ritmo del boogie-woogie, esploso al tempo del boom economico del decennio successivo e passato indenne attraverso gli anni di piombo. Proprio come Baglioni stesso, in fondo.

Il concept: la vita in una giornata

È lì, seduto a un tavolino, guardando la Città Eterna, il mondo dall’alto, che il “divo” Claudio prende appunti, abbozza versi, immagina, filosofeggia. Con il formato dei concept album tanto cari ai gruppi rock progressive aveva giocato già per “Questo piccolo grande amore”, una decina di anni prima: il disco del 1972 era un romanzo musicale che raccontava una storia d’amore e in cui ogni canzone rappresentava un capitolo della relazione. Ora ha voglia di tornare a confrontarsi con quel tipo di scrittura, ma alzando l’asticella: l’idea è quella di fare un album pensato come il racconto di un’intera giornata, che rappresenta però tutta la vita. Tutto raccontato da un preciso punto di vista (il bar dove nascono i testi, appunto) e che comprende un campionario vasto di umanità, ma soprattutto uno sguardo su un unico ambiente: la sua Roma, appunto, evocata qui e là ma mai dichiaratamente citata. Facile a dirsi, meno a farsi. Quando si sente finalmente pronto a fissare su nastro le canzoni, a inciderle, Baglioni prenota il Manor Studio di Oxford, dove aveva già registrato “Strada facendo” e dove prima di lui Lucio Battisti aveva inciso “Una donna per amico”. Non uno studio qualunque: i Queen di Freddie Mercury lì nel 1976 avevano registrato il loro “A day at the races”, l’album di “Somebody to love”, e Mike Oldfield ci aveva inciso “Tubular bells”. «Me ne sono andato a registrare l’album lì per stare lontano dai problemi che si hanno qui, per trovare la concentrazione necessaria quando si affronta un lavoro nuovo», dirà, in concomitanza con l’uscita de “La vita è adesso”, in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni.

Le faticose registrazioni a Londra (con musicisti straordinari)

Non è solo concettualmente, che Baglioni prova a capitalizzare il successo che ha tra le mani dopo “Strada facendo”, ma anche musicalmente. Le sessions de “La vita è adesso”, impegnative e faticosissime, vanno avanti per quasi un anno, dal novembre del 1983 al settembre del 1984, tra il Manor Studio e la Town House di Londra. Nelle sale è tutto un viavai di musicisti straordinari. C’è Stuart Elliott, batterista degli Alan Parsons Project, che prima di lavorare con Baglioni a “Strada facendo” aveva suonato in “Una giornata uggiosa” dello stesso Battisti. C’è Mo Foster, bassista già al fianco di Ringo Starr, Phil Collins, Jeff Beck, Eric Clapton, Sting. C’è anche un ancora sconosciuto Hans Zimmer, che dieci anni più tardi vincerà l’Oscar con le musiche de “Il re leone” ma che ora fa il turnista suonando le tastiere in gruppi come gli Ultravox, i Buggles e pure i Krisma di Maurizio Arcieri e Christina Moser, insieme al suo braccio destro Nick Glennie-Smith. E poi il chitarrista Phil Palmer, il percussionista Frank Ricotti, il batterista Peter Van Hooke. Baglioni decide pure di arruolare un’orchestra di archi, la London Symphony Orchestra. A dargli una mano con gli arrangiamenti ci pensa Celso Valli, giovane musicista che dopo gli esordi come tastierista in un gruppo prog rock, i Ping Pong, ha iniziato a produrre con successo dischi e hit per i protagonisti del pop italiano, da Adriano Pappalardo (“Ricominciamo”) a Mina, passando per Gianni Morandi (“Canzoni stonate”), Marcella Bella (“Nell’aria”), portando freschezza nello stantio pop tricolore: «Per lui lavorare con me era come ricominciare da capo e anch’io mi trovavo con lui al punto di partenza. Ci siamo accorti che le nostre strade potevano correre insieme. Come uomini abbiamo gusti simili, un umorismo che ha tanti punti in comune. In tre mesi di sala di registrazione, senza mai staccarci un attimo, siamo andati sempre d’accordo».

Le aspettative e il boom in classifica

“Un nuovo giorno o un giorno nuovo”, “L’amico e domani”, “Uomini persi”, “La vita è adesso”, “Tutto il calcio minuto per minuto”. E ancora: “Andiamo a casa”, “Amori in corso”, “E adesso la pubblicità”, “Un treno per dove”. Fino ad arrivare a “Notte di note, note di notte”. Alle porte dell’estate del 1985 “La vita è adesso” è pronto per essere spedito nei negozi dalla Cbs. È un lavoro ambiziosissimo, denso di parole e di musica: un ellepì della durata di quasi un’ora complessiva, in cui molte delle canzoni vanno oltre la forma-canzone tradizionale e la loro durata. “La vita è adesso” dura cinque minuti e mezzo. “Tutto il calcio minuto per minuto” sette minuti e ventidue secondi. “Notte di note, note di notte” sei minuti e diciotto secondi. Baglioni sceglie di non estrarre singoli dal disco, ma d’accordo con la Cbs manda in radio la title track, “La vita è adesso”, ideale manifesto del concept: «La vita è adesso, nel vecchio albergo della terra e ognuno in una stanza, in una storia». In pochi versi riassume tutta l’idea alla base del lavoro. Le aspettative che circondano l’uscita del long-playing sono alte. Ma i dati di vendita dell’album arrivano addirittura a superare le stime ottimistiche dei discografici: l’album sfonda il tetto del milione di copie vendute – prima c’era riuscito Franco Battiato, nel 1981, con “La voce del padrone” – rimanendo per ventisette settimane consecutive, ovvero sei mesi, in testa alla classifica dei dischi più venduti in Italia. Alla fine le vendite raggiungeranno quota 4,5 milioni di copie fisiche. Un record. Destinato a rimanere imbattuto in eterno, oggi che il fisico è ormai morto.

La risposta della critica

A 34 anni Baglioni si ritrova così ad essere considerato e percepito finalmente come un classico. Lontani i tempi delle critiche amare subite con le varie “Amore bello”, “E tu…”, “Poster”, quando il mancato impegno gli era costato l’accusa, comune all’epoca tra i cantautori che non si schieravano politicamente con la loro musica, di essere un artista di destra. Ora la critica non si risparmia, incensando il kolossal “La vita è adesso”. Certi salotti, invece, continueranno a nutrire pesanti pregiudizi nei confronti dell’artista romano per decenni. Sarà solo nel 2022 che al Premio Tenco, la riserva indiana del cantautorato italiano, si decideranno a conferirgli un premio alla carriera «per aver cantato le storie minime che sono di tutti e i grandi temi dell’uomo»: «Ci sono stati momenti in cui ho sofferto. Non ero un barricadiero, ma volevo comunque far parte di quella rivoluzione», ricorderà Baglioni. Per la cronaca: una canzone come “Uomini persi” se fosse stata scritta e cantata da un Ivano Fossati, un Francesco Guccini, un Francesco De Gregori o un Fabrizio De Andrè a quest’ora sarebbe considerata un classico del cantautorato italiano. Ma tant’è. Tornando a quel magico 1985: il tour negli stadi legato a “La vita è adesso” vende 1,5 milioni di biglietti. Il concerto finale del 20 settembre allo Stadio Flaminio di Roma è il primo concerto di musica pop della storia ad essere trasmesso in diretta televisiva Rai, con 95 mila paganti accalcati sugli spalti e nel parterre dell’arena e 12 milioni di spettatori incollati davanti alla tv.

La nuova versione per il quarantennale

Per festeggiare il quarantennale dell’album che rappresentò un “prima” e un “dopo” nella sua carriera Claudio Baglioni ha deciso di dare una nuova vita alle canzoni che lo componevano, ri-registrandole. “La vita è adesso, il sogno è sempre”, questo il titolo della nuova versione dell’album, uscirà il 6 giugno prossimo (ma è già preordinabile, in tutti i vari formati, cliccando qui): «In un mondo in cui nulla più ti sconcerta, forse questo disco vuole dire qualcosa ai giovani – raccontava Baglioni in quell’estate del 1985 – nessun messaggio precostituito, ma solo la voglia di comunicare con quei ragazzi che secondo i mass-media vivono preoccupandosi soltanto di consumare mode e miti come scatole di noccioline. Il linguaggio è rivolto a un presente senza un passato o un futuro troppo lontani. Un disco è un fatto importante anche se la musica forse non ha più bisogno di essere riprodotta su vinile. Ha bisogno dell’immagine, del cinema. C’è crisi, ma del disco, non della musica». Quanto stava avanti.

Mattia Marzi per Rockol.IT

The Godfather

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