Home | Partecipazioni | Guido Harari

Guido Harari

Evaporati in una Nuvola Rossa

Dal 23 ottobre 2010, è in vendita nelle librerie il volume “Evaporati in una nuvola rock”.

La storia e le foto di una tournée indimenticabile 1978-‘79, a cura di Guido Harari e Franz Di Cioccio.

Per la prima volta il diario ufficiale di un evento irripetibile: una sfida, un viaggio, un sogno controvento che, trent’anni fa, hanno rivoluzionato per sempre la musica italiana.

Raccontato oggi da Guido Harari e Franz Di Cioccio attraverso fotografie in gran parte inedite e le testimonianze di tutti i protagonisti e di amici tra cui Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, David Riondino e Vasco Rossi.

 


 

Guido Harari: Il mio amico caro visto da vicino

Sdraiato per terra, accanto a un termosifone. Come giaciglio, un cappotto nero. Fabrizio De André si prende una pausa dalle prove, la sigaretta in bocca e gli occhi pensosi. Scattata nel gennaio del ‘ 79, al Palasport di Bologna, l’ immagine in bianco e nero è forse la summa di tutte le altre, «la più vera e più lontana dagli stereotipi legati allo star system».

Parola del suo autore: il milanese Guido Harari, fotografo musicale a cui capitò in sorte di documentare il leggendario tour che quasi trent’ anni fa impegnò «Faber» e la Pfm lungo tutto lo Stivale.

A farlo rivivere ora esce un libro dal titolo parecchio evocativo, almeno per i moltissimi che ricordano il testo di «Amico caro»: Evaporati in una nuvola rock (edizioni Chiarelettere, 37 euro). Lo firmano a quattro mani Harari e Franz Di Cioccio, frontman e batterista della Pfm.

Che lo presenteranno venerdì sera alla sala del Grechetto della Sormani.

Harari, sembra un ritorno sul luogo del delitto.

«Già. Tra il ‘ 67 e il ’68, Fabrizio trascorse sei mesi a Milano, e proprio alla Sormani si mise a studiare i vangeli apocrifi, da cui trasse spunto per La buona novella. Il disco segnò la sua prima collaborazione con la Pfm, che però a quei tempi aveva un altro nome, I quelli. Io e Franz non abbiamo avuto dubbi su dove tenere a battesimo il libro».

Potevate scegliere anche il teatrino di quartiere a Corsico…

«Lì si tenevano le prove del tour. Faber voleva un posto segreto, nessuno lo sapeva. Tranne un gruppo di donne, insegnanti e bidelle, che venivano a sbirciare. Così quando arrivò il giorno del test finale in vista del concerto al Palalido del 2 gennaio ‘ 79, lui aprì le porte del teatrino a quel pubblico».

Ma De André amava Milano?

«Al punto da sputare dal balcone di casa. Non è che ce l’ avesse con i milanesi: era paura atavica per la dimensione metropolitana, paura che andava di pari passo con la curiosità antropologica per le culture “altre”: la Sardegna, l’ Oriente, gli zingari…».

E al Palalido come andò?

«Cominciò tutto da lì, e alla grande».

Perché?

«Fabrizio venne colto da attacchi di afonia, e molte della date che c’ erano prima del Palalido andarono annullate Fu quella la vera partenza di un tour il cui battage cresceva di tappa in tappa. Insomma: nel clima duro degli anni di piombo i contestatori non avevano ancora cominciato ad approfittare di questo grande evento per farsi pubblicità. Come a Novara, dove ci tirarono le palle di neve, o a Napoli, quando ci furono scontri con la polizia».

Faber sdraiato per terra che fuma. Perché ama tanto quella foto?

«Mostra Fabrizio senza filtri. Lui era già De André, ma prima di allora non era mai successo che una star si facesse ritrarre così. Con un’ immagine non costruita. Faber non gradiva farsi fotografare, ma si lasciava fotografare senza mai modificare se stesso. Nella vita privata e sul palco. Ma da allora è cambiato tutto, per questo oggi coltivo anche altri interessi, e scatto foto solo ad artisti amici, che posso riprendere dietro il concerto».

Che cosa non va, oggi?

«I fotografi musicali non hanno più spazi per guardare oltre le immagini da regime discografico. Di solito si è ammessi a un concerto per le prime due canzoni, poi via, tutti fuori. Fosse stato così anche prima, non avremmo avuto la foto fantastica di Hendrix che nel ‘ 67, in California, brucia la sua chitarra».

Molto dipende dagli artisti, da come sono fatti.

«Vero. Durante il tour del ‘ 79, non ricordo dove, Fabrizio dondolava pericolosamente dalla sedia sotto l’ effetto dell’ alcol. Poi cadde e disse una cosa straordinaria: “Questa scena l’ abbiamo provata tante volte, stasera è venuta proprio bene”».

RODOLFO SALA


Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.