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Trotta si racconta direttamente dal backstage


No pasta no show, Claudio Trotta si racconta direttamente dal backstage

Sarà pubblicata il 17 ottobre da Mondadori l’attesa autobiografia del vulcanico promoter e organizzatore di eventi musicali (eloquente sottotitolo: I miei quarant’anni di musica dal vivo in Italia). Il Signor Bellezza, patron della Barley Arts, anticipa valanghe di aneddoti, segreti, colpacci, errori, rimpianti e confidenze scaturiti da oltre 15mila eventi portati in scena: dall’amico Bruce ai Kiss, dagli AcDc fino a Bowie e Zappa

Il Signor Bellezza*** si racconta! Ed era quasi ora che si decidesse a farlo.

Orecchio fine, passione autentica, intuizioni spregiudicate, imprenditore rigoroso, cuore d’oro e manone pesanti (chi, se non lui, poteva dare il via alla cruenta e impegnativa battaglia contro il morbo del secondary ticketing, aprendo un ideale vaso di Pandora che racchiude un indegno business, immorale e illegale?), Claudio Trotta è pronto per fare il suo ingresso anche sul marcato editoriale con un’autobiografia che, benché ventilata già da anni, finalmente si decide a vedere la luce in maniera esaustiva. E l’annuncio ufficiale, guarda caso, arriva proprio oggi nel giorno del suo 60mo compleanno (è solo un evento fortuito, ovviamente, ma sono solo due i giorni che separano il suo genetliaco da quello dell’amicone Bruce Springsteen…).

Sempre disponibile e generoso in fatto di tempo e parole con addetti dell’informazione e semplici fan, Mr. Barley Arts ha dunque deciso di aprire le cateratte e scaraventare fuori dai suoi ricordi e dai suoi archivi ben otto lustri di aneddoti, segreti, colpacci, errori, rimpianti e confidenze. Il promoter e produttore di spettacoli live “indipendente” più noto a livello italiano e tra i più stimati anche a livello internazionale (anche e soprattutto da parte degli artisti stessi e dai rispettivi management, fattore non secondario) ha così deciso di entrare personalmente nell’arena e, spogliandosi di quella patina da indaffarato e frenetico deus ex machina che pare avvolgerne la figura professionale, sceglie di infilare al solito comode felpe e commemorative t-shirts (e scarpe da parquet, retaggio dell’amatissimo basket), lasciando a casa giacche, cravatte e mocassini. Una metafora, questa, per anticipare che il politichese è stato messo da parte per lasciare spazio a un’esposizione schietta e mai cavillosa delle tracce lasciate nella sua memoria, nel suo cuore e anche nel suo cellulare da oltre 15mila eventi portati in scena.

No pasta no show – I miei quarant’anni di musica dal vivo in Italia (Mondadori Electa, 19.90€ alla cassa, formato 14×21 centimetri, 204 pagine, una trentina di immagini a colori e cartonato con sovracoperta ma anche in versione ebook) sarà disponibile in tutte le librerie a partire dal 17 ottobre. E, proprio a partire da quel giorno, sarà lui stesso a salire su un torpedone per iniziare un tour come quelli dei suoi clienti/pupilli artistici che, magari, alla fine non sarà “never ending” come quello di Bob Dylan o di Jimmy Buffett ma che lo porterà comunque a raccontarsi e raccontare pubblicamente in numerose tappe, tra librerie e sale convegni. Accompagnato da illustri compagni di strada tra attori, musicisti, giornalisti, opinion leader, live act, dj set e persino omaggi enogastronomici per il pubblico da (è proprio il caso di dirlo, visto il padrone di casa…) leccarsi i baffi. Intanto, il volume già in pre order sui siti di Amazon, Ibs, Feltrinelli e Mondadori.

Milanese, classe 1957, nonostante quel vezzoso scatto di copertina con tanto di cotonatura sale e pepe sopra il baffo malandrino e il sorriso impertinente, Trotta costituisce altresì un incrocio professionalissimo e di alto livello manageriale tra Bill Graham, Peter Grant e il colonnello Parker. Fatte le debite proporzioni e inserito nel contesto temporale corretto, ovviamente, che ne fanno forse non un patriarca innovatore a livello globale ma, almeno, un ideale discepolo “alla cassoeula” di questa sacra trinità anglo-teutonico-americano-olandese. Benché non giri armato e abbia trascorsi equivoci come il secondo; nonostante il fatto non ami dissanguare gli artisti e la loro creatività con abilità da imbonitore circense come il terzo.

Abile e arguto fruitore in prima persona dei social network (memorabili i suoi “dico-non dico” e le sue fumose “indiscrezioni”, capaci di gettare nel panico i fan più volubili), è uno che non teme di sporcarsi le mani e non è raro trovarlo girovagare in bicicletta fuori da stadi o arene alle prime luci dell’alba nei giorni deputati ai grandi eventi per una sorta di scrupoloso controllo generale.

Claudio Trotta durante una gita notturna con Bruce Springsteen ad Assisi

Uno che talvolta si diverte con furbizia alle tue spalle, soprattutto quando non te ne accorgi: uno che prima fa annusare in maniera sibillina l’arrivo di qualche super big (di quelli che generano psicodrammi e follie collettive in prevendita, tanto per capirci…), ma che subito dopo si ritira di colpo sull’Aventino informatico per regalare post iluminati che aiutano comunque a districarsi nel delizioso e arroccato mondo del Canterbury Sound. Oppure gongola tutto soddisfatto, da autentico Deadheads, pubblicando la foto dell’ennesimo Dick’s Picks, di un nuovo Dave’s Picks o finanche di un sublime Road Trips. Lasciando, altresì, agli abili e coriacei uffici comunicazione & marketing della Barley il compito di fare promozione “diretta e concreta” al posto suo. Per ora, le città interessate dall’arrivo della carovana trottiana sono una quindicina (Milano, Roma, Bologna, Firenze, Genova, Torino, Padova, Napoli, Bergamo, Brescia, Bologna, Verona, Conegliano, Matera e Bari), ma altre se ne aggiungeranno nel corso delle prossime settimane.

Uno che potete trovare persino nei panni del dj (D-Trot, off course) mentre supporta la sua scommessa parallela alla musica, lo StreEat (attraverso l’itinerante European Food Truck Festival), trasformandosi con l’ingenua passione di un bambino da potentissimo promoter a candido disc jockey di provincia dalla discografia sterminata e pluridisciplinare, incollato dietro alla consolle anche sotto un temporale o superando persino il limite delle dieci ore consecutive, quando anche l’ultimo dei nottambuli etilici ha ormai abbandonato il “pit” per manifesta e chiara inferiorità.

Sempre on line, a volte scaltro ma a volte anche ruvidissimo nei suoi interventi (secondo la logica secondo la quale la sua mano “po esse fero e po esse piuma…”) Trotta arriva dalle radio libere e nel 1979 fonda la Barley Arts. Bruce, ok; i fratelli Young, certamente; quei pupazzi mattacchioni dei Kiss e David Bowie buonanima. Ma anche il paisà Frank Zappa per i più sofisticati; quasi tutti i big tricolori, ovvio, ma anche e soprattutto piccole-grandi band e meravigliosi artisti culto importati quasi solo per soddisfazione personale e per il giubilo di quei pochi in grado di apprezzarli. Con buona pace dello spigoloso John Mellencamp e del purtroppo snobbato (dal pubblico, non certo da Trotta…) George Thorogood.

“Credo nella Bellezza – con la B maiuscola, incalza Trotta – e nel contagioso benessere che scaturisce da essa. Ecco cosa voglio continuare a fare da grande. Voglio contagiare ed essere contagiato dalla Bellezza, voglio sostenerla e promuoverla”.

Ne uscirà fuori, tra le pagine del suo volume, un autentico affresco di varie epoche e la storia di una manciata di generazioni, vista ovviamente da una prospettiva del tutto particolare e contesti ad ampio spettro sonoro. E, ovviamente, loro: gli artisti, i grandi nomi e i gregari, quelli che fanno impazzire le masse e quelli che si limitano ad affascinare i cultori della Bellezza. Dal poliedrico Ry Cooder a uno show ad altissima gradazione alcoolica di John Martyn, dalle follie alla Keith Moon della ghenga Guns N’Roses fino a uno Springsteen disperso e solitario, nottetempo, tra le viuzze milanesi.

Per ora, sui contenuti, solo indiscrezioni. Tra qualche settimana, o giù di lì, la parola passerà finalmente alle pagine stampate di No pasta no show.

Vogliate gradire!

*** Bellezza è il termine utilizzato abitualmente da Claudio Trotta sui social network per sottolineare in maniera concisa e senza troppe metafore il suo apprezzamento per un’opera d’arte, un prodigio della natura, un brano musicale o una performance. Ormai, è diventato quasi un biglietto da visita del patron della Barley Arts.

Grazie a Spettakolo.IT






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