Resoconti

Presentazione E tu su Sorrisi

“Dal tramonto all’alba”. Potremmo sintetizzare così lo spirito di questo terzo album di Claudio Baglioni presentato dal gruppo Mondadori. Non tanto perché temi o atmosfere possano, in qualche modo, riecheggiare quelle care a Quentin Tarantino – con l’opera del quale non vi è alcun punto di contatto – ma perché questo è l’unico album del musicista romano registrato interamente “in notturna”. Le sessioni di registrazione, infatti, sono state tutte effettuate tra le 23 della sera e le 7 della mattina successiva.
Rispetto alle produzioni precedenti, “E tu” segna un totale cambio di registro. NOn solo perché, per la prima volta, Baglioni esce dal guscio degli studi RCA per recarsi a Parigi, ma, soprattutto, perché si interrompe il fortunato sodalizio artistico con i fantastici quattro, soprattutto a causa della delicata situazione personale dell’arrangiatore Tony Mimms, il quale – al momento di entrare in sala – non apparve in condizioni di affrontare il lavoro.
Protagonista della svolta artistica, uno dei grandi nomi della musica mondiale: Evangelos Odysseas Papathanassiou – per tutti: “Vangelis”, già leader di un gruppo di fama internazionale, gli “Aphrodite’s Child” (che annoverava la splendida voce di Demis Roussous) e destinato a diventare un grande compositore di colonne sonore per il cinema. Sue, tra le altre, quelle di “Momenti di gloria” (per la quale vincerà l’Oscar nel 1982) “Blade Runner” e “Missing”.Vangelis si era innamorato di “Questo piccolo grande amore” (ascoltato su segnalazione di suo fratello, che lavorava e viveva in Italia) e aveva intenzione di produrne una versione internazionale. Di quel progetto non si fece nulla,ma Vangelis (anche grazie al sostegno di Antonio Coggio,unico superstite dei “fantastici 4”, che firma la realizzazione anche di questo album) riuscì comunque a superare le resistenze della RCA (non favorevole, per ragioni tanto economiche quanto artistiche, al fatto che un artista della scuderia registrasse al di fuori dei suoi studi) a far “emigrare” Baglioni in Francia.Grazie a Vangelis (che firma gli arrangiamenti e suona personalmente un incredibile numero di strumenti: batteria, piano elettrico, bongos, tumbe, Hammond, Harpsicord, sintetizzatore, arpa, timpani, flauto, marimba, vibrafono, clavicembalo, clavinet e “sound effects”), ad un quanto mai variegato gruppo di musicisti (italiani, francesi, inglesi, greci), al sound degli studi parigini Davout (il cui tecnico del suono, William Flageollet, è assistito da Alain Aubert e Alain Testu) e al clima culturale/musicale che si respirava nella capitale francese della prima metà degli anni settanta, “E tu” suona in maniera completamente diverda da tutto il resto.E’ qui che, per la prima volta, si passa dal tradizionale concetto di arrangiamenti scritti a quello di “produzione”. Vangelis, infatti, non scrive le parti. Si limita, invece, a fornire ai musicisti alcune indicazioni di base su come lui “sente” il pezzo e su ciò che vorrebbe tirarne fuori, lasciando gli strumentisti liberi di portare il contributo della loro sensibilità, espressività e musicalità. Molti, in questo senso, i contributi interessanti e anche qualche piccola curiosità, come la voce – tra i coristi – di un cantante francese di padre spagnolo e madre austriaco-italiana che, qualche anno più tardi (1979) spopolerà a livello internazionale con la sua “Born to be alive”: Patrick Hernandez.Ne viene fuori un disco molto più “suonato” che “scritto”, dalle sonorità decisamente inedite (almeno per il panorama italiano) e sempre originali e potenti. Le tastiere (il set di Vangelis ne comprendeva addirittura ventiquattro!), ad esempio, vennero registrate, non, come si usa di solito, passando direttamente attraverso “la consolle” (il banco di missaggio), ma attraverso un sistema di amplificazione il cui suono veniva, poi, ripreso dai microfoni, passava per la consolle per essere, infine, inciso su nastro. Una soluzione che attribuiva ai suoni una punta dinamica diversa e, soprattutto, una maggiore impressione di “ariosità” e “spazialità”.Un solo brano tra i dieci inseriti in “E tu” non venne registrato a Parigi. Si tratta di “E me lo chiami amore”, che pur essendo tra quelli con l’atmosfera più “francese” dell’intero album, venne registrato agli studi RCA di Roma,con Toto Torquati al pianoforte. La melodia deriva da uno dei temi  abbozzati per un’opera musicale (che avrebbe dovuto chiamarsi “Dudù Malò”, ed essere dedicata al mito dell’eterno navigante, tra Ulisse e Corto Maltese) alla quale Baglioni aveva cominciato a lavorare, tra il ’72 e il ’73 quando qualcuno aveva cercato di convincerlo – per fortuna con scarso successo – ad abbandonare il mondo del pop per dedicarsi alla scrittura di “opere” popolari. “Chissà se mi pensi”, invece, sebbene registrata a Parigi, era un brano che Baglioni aveva scritto tempo prima. Inizialmente proposto a Gianni Morandi, venne, poi, inciso da Nada, in una versione leggermente diversa da quella inserita in “E tu”. Ma in “E tu” trova posto anche l’unico pezzo di Baglioni che abbia mai partecipato – seppure “involontariamente”, come ricorda il musicista romano – ad un Festival di San Remo. Si tratta di “A modo mio”, presentato da Gianni Nazzaro nell’edizione 1974.Sebbene destinata ad un successo addirittura superiore a quello di “Questo piccolo grande amore”, tanto da aggiudicarsi il Festivalbar (1974), “E tu” non piacque subito ai dirigenti della RCA. Non solo la voce venne giudicata troppo “dentro” (missata troppo bassa rispetto al livello degli strumenti), ma il brano apparve troppo lungo e complesso. Secondo i discografici – che, ancora una volta, non diedero prova di particolare lungimiranza – il brano più rappresentativo dell’album, quello sul quale puntare, avrebbe dovuto essere “E me lo chiami amore”.Un’ultima curiosità riguarda la foto di copertina: il romantico abbraccio in riva al mare è, in realtà, un montaggio fatto in studio! L’immagine del mare, infatti, non è che una diapositiva proiettata sul fondale di uno studio fotografico, sul quale è stata fotografata la silhouette dei ragazzi in controluce (lo stesso Baglioni e la moglie, Paola Massari, sposata a Roma ai primi di agosto del 1973). In effetti, per un occhio smaliziato, è sufficiente confrontare l’immagine del mare sul retro del disco con quello della copertina, per rendersi conto che si tratta esattamente dello stesso fondale, fatto ruotare di 180° sull’asse verticale. Un’immagine (firmata Lucky Adiutori) dalla forte carica evocativa, anche se niente a che vedere con la ricchezza e la complessità narrativa a cui Baglioni aveva abituato il suo pubblico con il fumetto di “Questo piccolo grande amore” e, soprattutto, con il collagee di “Gira che ti rigira amore bello”. A parziale compensazione della propria insolita essenzialità (del resto l’album non era un “concept”, ma una semplice raccolta di canzoni, anche molto diverse tra loro) la copertina conteneva un piccolo poster con un’immagine, questa volta “vera”, in bianco e nero di Baglioni in studio, durante le registrazioni del disco.

Trascrizione a cura di Sabrina Panfili, in esclusiva per saltasullavita.com e doremifasol.org

redazione

La redazione di doremifasol.org e saltasullavita.com è composta da tanti amici ed appassionati della musica di Claudio Baglioni, coordinati dal fondatore e amministratore Tony Assante. Un grazie a loro per il lavoro e l'aiuto apportato a questo portale - Per scrivere alla redazione usare wop@doremifasol.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Pulsante per tornare all'inizio