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Addio Califfo

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RAFFAELLA SILIPO

ADDIO A FRANCO CALIFANO, POETA DELLA VITA SPERICOLATA

«E mescolai la vodka con acqua tonica/E pranzai tardi all’ora della cena/…. Dimenticai di colpo un passato folle/In un tempo piccolo» (Franco Califano, Tempo piccolo). Aveva davvero avuto un passato folle, Franco Califano, per tutti Er Califfo, scomparso ieri nella sua casa di Acilia a 74 anni, a cominciare dalla nascita avventurosa, in aereo sul cielo della capitale libica, a quei tempi colonia italiana. Sensibilissimo autore, ancora prima che interprete di canzoni, sua per esempio è la bellissima Minuetto, scritta in coppia con Dario Baldan Bembo per Mia Martini, ma anche E la chiamano estate con Bruno Martino o Un grande amore e niente più per Peppino di Capri con cui vince il festival di Sanremo nel 1973.

In realtà deve la sua fama soprattutto all’aspetto da disincantato amante latino, cinico e allo stesso tempo romantico, alle prese con migliaia di conquiste femminili e alla vita di eccessi mai negati, tra canzoni, concerti, night, serate nei piani bar, alcol e droga. La sua canzone simbolo, Tutto il resto è noia, che non a caso si era anche fatto tatuare sull’avambraccio destro, ben riassume la sua personalissima filosofia.

Cantautore, poeta, come amava definirsi, oltre a Tutto il resto è noia, ha portato al successo brani come La mia libertà, Io nun piango, Cesira, Avventura con un travestito, Pasquale l’infermiere, spesso autobiografici, ispirati alle sue personali vicende private. Successi che sono stati per decenni la colonna sonora delle estati e degli innamoramenti degli italiani. Lui aveva senz’altro contribuito a tenere alta la media delle relazioni amorose del bel paese, dato che sosteneva di essere stato a letto con 1500 donne. La prima: «Una vedova, madre di un mio compagno di scuola. Aveva 33 anni, io 13», a cui seguirono moltissime altre: «Ero bello e me lo potevo permettere». Poi molte altre ancora tra cui una giovanissima Mita Medici, Marina Occhiena, Patrizia De Blanck, Eva Grimaldi. Si era sposato una sola volta a diciannove anni, dopo pochi mesi si era separato.
Giovanissimo aveva avuto una figlia, Silvia, che ora fa la ballerina. Non aveva mai negato la sua paternità, le aveva dato solo il nome, ma era sparito qualche mese dopo la sua nascita. «Perché i figli si devono crescere e amare – aveva detto un giorno -. Io, questa possibilità me la sono sempre negata». Negli ultimi tempi si era dato al sociale e alla tv. Frequentava le carceri, preparava concerti ed era amatissimo dai detenuti, che forse si riconoscevano nella sua storia personale, nella sua travagliata esistenza. Infatti era stato arrestato due volte, nel 1970 e nel 1983, accusato di possesso di droga, entrambe le volte però era stato poi assolto con formula piena.

Negli ultimi tempi, era tornato anche in tv, partecipando a programmi cult. Music Farm, Ciao Darwin e Tale e Quale Show. Proprio Paolo Bonolis, che lo aveva voluto a Ciao Darwin, ieri ricordava malinconico: «Credo che questa morte sia un sollievo per lui, l’epilogo non è stato all’altezza di come aveva iniziato: ha vissuto come un grandeur ma gli ultimi anni sono stati molto pesanti per lui. Quando l’ho frequentato ho capito che era un uomo di cuore. Ma ha vissuto oltre i limiti e questo non ti viene mai perdonato. Se non metti la divisa della persona perbene vieni additato a volte anche oltre il lecito».

La morte arriva in un momento in cui il Califfo era in piena attività artistica, tanto che il 18 marzo aveva ancora suonato al teatro Sistina di Roma. «Fino all’ultimo giorno non ha smesso di cantare e di scrivere canzoni – racconta il cantautore Enrico Giaretta, suo pianista e figlio artistico -. Stava per partire per un mini tour con accompagnamento di pianoforte, batteria, chitarra e contrabbasso. Era entusiasta di questa nuova avventura. Avremmo dovuto suonare il 4 aprile a Porto Recanati e, pochi giorni dopo, avevamo un appuntamento in sala di incisione ad Avezzano. Adesso, all’improvviso, la notizia della sua morte. Siamo tutti increduli. Si è chiusa per noi un’era».

Il necrologio più bello se l’è fatto da solo, ricorda un altro grande amico, Rosario Fiorello, con cui aveva lavorato in Stasera pago io. «Diceva che voleva sulla lapide una sola frase: non escludo il ritorno. E spero che i familiari lo facciano davvero».

redazione

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