Baglioni Notebook

04\12\2015 Nota di Claudio Baglioni

Volevo essere un grande mago.
Ma mi sarebbe piaciuto anche e forse di più
diventare un geniale inventore.
Uno di quelli che aiuta la gente
a vivere meglio, a scansare gli ostacoli
e ad avere un più facile modo
per sbrigare le pratiche dell’esistenza.
Diciassette anni fa
ho ipotizzato un bel parabrezza graduato
per i miopi e i mezzocecati
che avessero voglia o necessità
di guidare veicoli in movimento
– automobili van autocarri autotreni –
senza dover indossare né occhiali
né lenti a contatto.
Un vetro studiato sulla capacità visuale
del conducente previsto o preposto.
Che poi sarebbe anche stato magari
un perfetto antifurto.
Un estraneo o un ladro con un tipo di vista
diversa da quella appositamente corretta
non avrebbe potuto guidare, portar via
e rubare quell’automezzo speciale.
Capito che follia di brevetto?!?
Perché gli occhi son stati da sempre
uno dei miei seri problemi.
Tanto che due non bastarono
e già da bambino intorno ai sei anni
diventarono quattro
per via degli occhiali.
Quattrocchi e mezzonaso.
Che infamia.
Che diminuzione.
Inversamente il mio naso diviso a metà
siccome era proprio abbondante
ci guadagnò.
Ma per il resto è stato un grande disagio
e un insulto protratto per essere guercio
pseudoorbo becalino e perciò menomato.
Con la sventura di vederci un po’ poco
ci ho almeno, fortuna, saltato la naia.
Dopo la chiamata alla leva e alle armi
disperazione, sconforto, disfatta
poi i tre giorni di ferma
e di visite all’ospedale del Celio
e l’esame oculistico giusto alla fine
– quando tutto era perso oramai -.
Invece, altolà, niente servizio militare:
riformato per insufficienza di vista.
Quella volta capii quanto pure un difetto
possa un dì divenire un fatto a favore.
Dopo anni di palpiti e di palpebre strette,
di sale gelate d’attesa nei centri oftalmici,
di letture di schermi con lettere e segni
a decrescere e cercare di indovinare
la linea più piccola sotto
per sembrare e sembrarsi
appena meno ammorbato
mentre l’optometrista trafficava cambiando
le lenti e le curvature su un coso
da apprendista stregone
e chiedeva “è meglio così o così?”
e poi segnava le diottrie su un diagramma.
E quindi altre macchine strane
con luci, fanali, impulsi, segnali
a investigare lo stato del fondo
e la pressione oculare.
Poi nel negozio dell’ottico a fianco
e davanti allo specchio girato alla luce
la scelta studiata di una montatura carina
e dopo nell’era delle lenti a contatto
il periodo rigido
quello semirigido
il permeabile
il morbido
il giornaliero
il settimanale
il mensile
e poi e poi e poi
finalmente un riscatto e un passaggio epocale.
Trasformarsi con il magico lampo di un laser
in un normovedente.
Solo che nel contempo io diventavo presbite
perché nel frattempo il tempo tiranno
che comanda su tutto e su tutti
non mi faceva più leggere al meglio.
Lo specialista mi disse testuale:
“Se si reca in montagna
ora può scorgere perfino una capra
(sì, proprio una capra)
anche a quattro chilometri!
Contento?”
E io che brancolavo nel fuorifuoco totale
dei primi cinquanta centimetri della visione,
mi consolavo pensando:
ci rapportiamo sempre più spesso
alle cose lontane
e facciamo un po’ più di fatica
a distinguere quelle vicine.
La filosofia specie se spicciola
è di valido aiuto.
C’è una gran nebbia che gravita fuori.
Un enigma fantasmico di umidi fluidi freddi.
Cerimonia di fate con abiti e veli di sposa
vaporosi e volanti
che solcano e postano sulle navate e gli altari
che il tempo dell’anno e quello che fa
insieme van celebrando
in questi giorni d’inizio dicembre.
Chissà perché una scena siffatta
sia in grado di dare emozioni e brividi intensi
in ogni quadrante della storia dell’uomo.
Non aver la possibilità di vedere perbene
affascina quasi come prevedere il futuro.
E adesso a pensarci
esser miope aveva un altro vantaggio.
Se non volevi guardare l’intorno
con troppa nettezza e definizione
bastava non inforcare gli occhiali
e restare così un po’ incantati
in una stupenda nebulosa vaghezza.

Chiedo umilmente perdono
per essermi dilungato così.
Ma nella trama dell’esistenza
l’occhio vuole la sua parte.
Un miope resta miope per tutta la vita.
Lo puoi capire da come osserva la realtà.
La vede sempre un po’ a modo suo.

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

12 Commenti

  1. ciao Claudio… sono sempre io… sonia del ristorante trevi… cè anche un bellissimo pianoforte bianco da noi… 🙂 e il sabato sera musica dal vivo… quando vuoi… 🙂 se vuoi… ma tornando al tuo dolore… quando vuoi finalmente vedere? vai oltre gli occhiali… vai oltre le battute della gente… vai oltre… come la tua anima ci ha sempre insegnato… lo insegni a noi e poi tu che fai? soffri? no… non è giusto… fai tua la lezione che ci hai impartito… fai tua la libertà di andare oltre il dolore… è una scelta… porto anch’io gli occhiali e sono sempre stata cicciottella… e con questo… chiudo con un abbraccio… kiss… 🙂 sorridi, Gesù ti ama… 🙂

  2. Non voglio fare concorrenza a nessuno ma io modestamente idealizai se si può dire idealizai una cosa pensata un anno fa mi sembra meglio dire o idealizzato in quasi tutti i particolari un auto elettrica che non dovrebbe avere bisogno di essere ricaricata ma come tutte le cose penso che sia troppo semplice perché nessun altro ci addia pensato

  3. Carissimo Claudio, tu almeno hai risolto la miopia….io ho un po’ scioccamente timore di quel raggio :-[ ….Cosi, adesso, mi ritrovo miope con l.c. e presbite 🙂 ….ma con nel cuore tanta stima e amore x te. Ti vedo benissimo!

  4. Ma se sei bellissimo cosi…Avessi avuto pure la vista buona oltre che la voce stupenda e il cuore da poeta..sarebbe stato troppo!figo a 64 anni..mica lo possono dire tutti!!mio dolcissimo compagno di vita…34 anni e ne ho 40..

  5. Carissimo Claudio,
    premesso che Tu, anche se non con le invenzioni, hai comunque aiutato la vita delle persone con la tua musica, la tua voce, le tue parole….con il tuo esserci… leggendo questa tua nota mi hai fatto ricordare il mio caro amico Pietro Vitale, “L’Ottico del Salario Alto”, che ha avuto l’onore, l’onere e il merito di farti passare dagli occhiali alle lenti a contatto. Sai, per puro gioco del destino, ho sempre abitato vicino a te e quindi ricordo con piacere quei momenti… Grazie anche per questo… e non temere di dilungarti…è sempre un piacere leggerti…
    Ti mando un sorriso.
    Gigliola

    (P.S. – Anche io sono una “cecata” miope, ma…ora essendo “cresciuta” il difetto è diventato vantaggio… se mi tolgo gli occhiali, vedo benissimo da vicino…)

  6. CARISSIMO CLAUDIO O CON GLI OCCHIALI O CON LE LENTI O SENZA SEI SEMPRE UN GENIO….TI ABBRACCIO FORTE E
    GRAZIE DELLE TUE ,,,POESIE…..

  7. Ps al commento precedente: anch’io da piccola ho portato gli occhialini pure con un occhio bendato per far sforzare l’altro e l’apparecchio ai denti ogni età ha i suoi difetti ma con umorismo e leggerezza possono diventare pregi come il mio leggero strabismo di Venere e qualche chiletto in più . Comunque la tua invenzione da applicare all’auto mi sembra geniale! La tua creatività è sconfinata! Ti auguro una lieta serata e,dato che siamo in Dicembre un sereno Natale ciao

  8. Ps al commento precedente: anch’io da piccola ho portato gli occhialini pure con un occhio bendato per far sforzare l

  9. Ma tu non ti dilunghi mai! Fai diventare poesia anche la miopia e racconti i tuoi meravigliosi camei di vita sempre con garbo e autoironia in questo mi sento molto simile a te nel raccontare con fermezza ma con soavità briciole gustosissime di vita.Ti abbraccio. Patty

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