Il Festival di Baglioni è la storia della musica
Una Vanoni e tre Pooh Il Festival di Baglioni è la storia della musica
Ieri annunciati in diretta i venti big in gara Tante le coppie: Meta-Moro e Paci-Diodato
Fino all’ultimo. Ormai il cast del Festival di Sanremo viene completato proprio all’ultimo minuto, con una lista di nomi che cambia in continuazione fino all’annuncio definitivo
E chissà quando ci sono entrati Elio e le Storie Tese che saranno in gara con Arrivedorci dopo aver annunciato un paio di volte il loro ritiro per sempre. Come sarà il Festival di Sanremo ideato e (forse anche) condotto da Claudio Baglioni? Spariglia le carte e alza l’età media dei concorrenti, come si è capito ieri sera nel corso di Sarà Sanremo (condotto su Raiuno da Claudia Gerini e Federico Russo con Rocco Tanica memorabile per il calembour sul superclassico di Baglioni quella sua casetta Fini…) che ha annunciato la lista definitiva dei venti cantanti e degli otto giovani. Niente rap. Nessun fresco vincitore di talent. Tante neo-coppie. E poi la canzone torna al centro. Lo conferma la scelta coraggiosa di Ornella Vanoni, la nostra grande signora visibile della canzone italiana (Mina è invisibile) che torna in gara con Bungaro e Pacifico dopo quasi vent’anni (nel 1999 era in coppia con Enzo Gragnaniello) e lo fa alla bella età di 83 anni e rotti. Non che prima la musica non fosse centrale, ma la scelta di allungare i tempi dei singoli brani (ora è di 4 minuti, prima erano tre minuti e quindici) rende l’idea di una maggiore attenzione agli arrangiamenti, senza troppa aderenza alle esigenze radiofoniche. Soprattutto, ha consentito a cantautori di sicuro profilo come Luca Barbarossa di potersi di nuovo concentrare su Sanremo senza obbligarsi a scrivere brani di facile beva pop. E poi i concorrenti sono Big sul serio, nel senso che non sono il frutto estemporaneo di un singolo di successo o di massiccia sovraesposizione televisiva, ma rappresentano carriere ben costruite. Come quella di Nina Zilli. O quella, non c’è manco da dirlo, della coppia composta da Roby Facchinetti e Riccardo Fogli. O quella di Red Canzian in gara con Ognuno ha il suo racconto. Tutti e tre sono marchiati Pooh, in due (Facchinetti e Canzian) hanno già vinto il Festival nel 1990 con Uomini soli, mentre Fogli lo ha fatto nel 1982 con Storie di tutti i giorni. Insieme hanno fatto il tour di addio della band più famosa del pop italiano e Facchinetti e Fogli sono tornati da poco con un disco in coppia (Insieme). Quindi ci sarebbero tre Pooh in gara, ma separati. Però non c’è bisogno di avere una sterminata carriera alle spalle come il ritrovato Ron per diventare Big a Sanremo. Renzo Rubino lo è sin da quando era un debuttante tra i Giovani, visto lo spessore. E anche i The Kolors in effetti lo sono, nonostante abbiano soltanto due dischi alle spalle. Per sorprendere, stavolta cantano in italiano invece che in inglese. Come Mario Biondi. Invece Max Gazzè si prepara a giocarsi l’ennesima carta al Festival dopo aver sfruttato bene tutte le altre. Come Giovanni Caccamo, primo tra i Giovani nel 2015 e terzo tra i big nel 2016 in coppia con Deborah Iurato.
Insomma, tutti i nomi in gara hanno un senso superiore a quello della popolarità o dell’indice di gradimento dei social, anche se qualcuno, come Annalisa e Noemi, è fortissimo. E anche i progetti o le band che si sono presentate a Baglioni hanno storie e idee in comune. Tipo le riformate Vibrazioni o i Decibel di Enrico Ruggeri, che erano tra i Big del Festival già nel 1980. Oppure le coppie artistiche formate da Enzo Avitabile con Peppe Servillo, poi Fabrizio Moro e quell’Ermal Meta terzo all’ultimo Festival, o dal favoloso trombettista Roy Paci e dal cantautore Diodato, arrivati quasi a sorpresa tra i 20 in gara così come lo Stato Sociale.
Insomma, Claudio Baglioni e la sua commissione hanno messo insieme un cast qualitativamente ineccepibile. Sulla carta. Ora la palla passa ai brani (ma le premesse sono buone sul serio).
Paolo Giordano per ILGIORNALE.IT