Sara che ama Baglioni e suona il piano con gli occhi
Sara che ama Baglioni e suona il piano con gli occhi: «È un’artista appassionata»
Affetta da Sma1, a 24 anni ha registrato con un’orchestra e allestirà una mostra: «Non spero in una cura, ma che ci sia rispetto per la disabilità»
di Angela Vettorato per CORRIERE.IT
«Sono sdraiata, mica sono addormentata» è solita dire Sara a chi, mancando di sensibilità, si rivolge ai suoi genitori parlando di lei come se non fosse presente. Perché è vero, Sara Pavan, 24 anni di San Martino di Venezze (in provincia di Rovigo), vive la maggior parte della sua giornata stesa su un letto, affetta fin dalla nascita dall’Atrofia muscolare spinale di tipo 1 (Sma1), una patologia genetica che non le ha mai permesso di camminare. Ma nonostante gli impedimenti fisici, è una ragazza che vive la sua vita, circondata da una famiglia amorevole, una comunità che la sostiene e moltissime passioni. La mamma di Sara, Patrizia Gennaro, la descrive come una ragazza pungente, caparbia e decisa: «Ha il suo bel caratterino – commenta sorridendo – ma non la cambieremmo con nessun’altra».
Gli occhi come un «mouse»
«Nonostante in famiglia tutti capiscano il linguaggio intelligibile – spiega papà Gianni – da qualche anno per comunicare Sara utilizza un puntatore oculare collegato a un pc che le permette, grazie alla tecnologia eye-contact, di fare dei suoi stessi occhi un puntatore virtuale». Questo set tecnologico , fornito alla famiglia dall’Hospice pediatrico di Padova, dove Sara è da sempre in cura, le ha concesso una grandissima autonomia: «Quando la tecnologia si avvicina alla persona migliorandone la vita, quello è il vero successo» commenta Gianni. Spesso, infatti, è fin troppo facile cadere nello stereotipo per cui persone fisicamente disabili, affette da patologie così debilitanti, abbiano anche deficit cognitivi, ma questo non si applica a Sara, che è da sempre un’appassionata artista: disegni, grafica e, dallo scorso gennaio, anche musica. È l’inizio del 2022 quando Patrizia per caso conosce l’associazione «Musica senza confini» di Manuele Maestri, un progetto che mira a far partecipare all’attività musicale persone con disabilità.
Lezioni di piano
«Un sabato mattina – racconta Sara – io e papà ci siamo messi in contato con Manuele, anche se non avevamo tante speranze. Lui invece ci ha risposto subito e la settimana successiva stavamo già facendo la prima lezione di pianoforte». Sì, perché la giovane rodigina a oggi non solo suona lo strumento proprio grazie al puntatore ottico e a tre programmi usati in combinata, secondo l’esperienza di Maestri, ma ha anche recentemente registrato nel teatro Aldo Rossi di Borgoricco un brano musicale – «Strada facendo» di Claudio Baglioni – accompagnata da oltre venti allievi dell’Accademia filarmonica veneta di Camposampiero. Un sogno che si realizza per Sara, da sempre appassionata di musica, riuscita in questa impresa grazie alle sue capacità e alla dedizione del suo maestro, Manuele Maestri, con cui fa lezione una volta a settimana.
Spartiti a memoria
«Decisamente non sono un musicologo», dice Maestri, mentre programma i sensori ottici e manuali per la sua allieva. «Con Sara mi approccio come a una qualsiasi altra persona che sta imparando a suonare. Certo, spesso dobbiamo essere ingegnosi e combinare la tecnologia alle sue minime capacità motorie, ma Sara è capace, e noi siamo creativi». Sara, infatti, non solo impara a memoria gli spartiti, dato che gli occhi durante l’esibizione sono impegnati a scegliere le note giuste, ognuna evidenziata con un colore diverso sullo schermo del lettore ottico, ma utilizza anche piccoli mouse da pc collegati alle mani e ad un piede per cambiare pagina dello spartito o modificare il ritmo dello strumento. «Manuele ci piace per questo – insiste mamma Patrizia – quando Sara suona non esiste alcuna disabilità, proprio come dovrebbe essere sempre». Nel prossimo futuro per la giovane c’è una mostra d’arte prevista all’inizio del prossimo anno, perché la vita va avanti e come dice la stessa Sara nell’incipit della tesina di maturità: «Non spero che domani ci sia una cura per la mia malattia, bensì che domani ci sia più rispetto e meno indifferenza per i ragazzi disabili».