Interviste

Il sogno di Claudio Baglioni

Forti le sue emozioni nell’incontro con i connazionali di Perth, Melbourne e Sydney

Tutte le foto di ALEXIA ROMANA cliccando qui

La tappa australiana del tour attraverso il mondo rimarrà forse nel ricordo del noto cantautore Claudio Baglioni, non solo per le originali bellezze di questo Paese ma soprattutto per le forti emozioni provate nell’incontro con i connazionali.
Nella sua lunga carriera di artista poliedrico e innovativo, conosciuto in Italia ed all’estero, non aveva forse mai avuto l’opportunità di constatare di persona che all’estero, per la lontananza dalla madre patria e per quel cumulo di sofferenze inevitabili a chi emigra, “ci si sente più italiani che non nel nostro Paese”, per cui ha deciso che al termine del tour pubblicherà un reportage per raccontare questa singolare esperienza.
Anche l’immigrazione in Italia è un fenomeno sentito da Baglioni, che da otto anni organizza con altri artisti una tre giorni di musica sulla spiaggia di Lampedusa, denominata “O’Scia’ ”, allo scopo di sensibilizzare gli italiani ed i politici sul dramma di quel popolo senza futuro, mostrando, in questa ed in altre iniziative, di “condividere con gli altri i privilegi del successo” ottenuto nella sua brillante carriera.
Negli oltre 40 anni di carriera sono state molte le evoluzioni musicali, che hanno arricchito questo cantautore, tuttora sulla cresta dell’onda con una canzone da lui composta nel 1972, e per le sue iniziative originali, quali l’adozione del “concept album a storia”, la creazione degli scenari dei suoi concerti, il posizionamento del palco al centro dello stadio nelle grosse produzioni ed ora il sogno del progetto per un grande teatro all’aperto.
Per saperne di più, l’abbiamo incontrato.

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Grazie al sito baglioni.it

Trascrizione a cura di Sabrina Panfili in esclusiva per doremifasol.org

Il sogno di Claudio Baglioni a completamento delle sue esperienze musicali, in Australia nel suo tour nel mondo

Il progetto di un grande teatro all’aperto
Forti le sue emozioni nell’incontro con i connazionali di Perth, Melbourne e Sydney.

La tappa australiana del tour attraverso il mondo rimarrà forse nel ricordo del noto cantautore Claudio Baglioni, non solo per le originali bellezze di questo Paese ma soprattutto per le forti emozioni provate nell’incontro con i connazionali. Nella sua lunga carriera di artista poliedrico e innovativo, conosciuto in Italia ed all’estero, non aveva forse mai avuto l’opportunità di constatare di persona che all’estero, per la lontananza della madre patria e per quel cumulo di sofferenze inevitabili a chi emigra, “ci si sente più italiani che non nel nostro Paese”, per cui ha deciso che al termine del tour pubblicherà un reportage per raccontare questa singolare esperienza.
Anche l’immigrazione in Italia è un fenomeno sentito da Baglioni, che da otto anni organizza con altri artisti una tre giorni di musica sulla spiaggia di Lampedusa, denominata “O’Scià”, allo scopo di sensibilizzare gli italiani ed i politici sul dramma di quel popolo senza futuro, mostrando, in questa ed in altre iniziative, di “condividere con gli altri i privilegi del successo” ottenuto nella sua brillante carriera.
Negli oltre 40 anni di carriera sono state molte le evoluzioni musicali, che hanno arricchito questo cantautore, tuttora sulla cresta dell’onda con una canzone da lui composta nel 1972, e per le sue iniziative originali, quali l’adozione del “concept album a storia”, la creazione degli scenari dei suoi concerti, il posizionamento del palco al centro dello stadio nelle grosse produzioni ed ora il sogno del progetto per un grande teatro all’aperto.
Per saperne di più, l’abbiamo incontrato.

Dopo 46 anni di carriera, costellata da continui successi, ha deciso di fare un tour attraverso I cinque continenti, a cui ha dato il nome di “Un Solo Mondo”. Da che cosa è stata ispirata questa decisione?

Dopo due anni di lavoro al progetto QPGA, iniziato con la riproposizione dal vivo con nuovi arrangiamenti del disco “Questo Piccolo Grande Amore” e conclusosi con “ConcertOpera”, il doppio album ispirato al mio disco del 1972 con 52 brani tra cui vecchi pezzi riarrangiati ed inediti, in cui ho fatto un viaggio nel tempo insieme a 70 miei colleghi, tra cui Morricone, Bocelli, Laura Pausini, Morandi, Venditti, Cocciante ed altri, ho deciso di fare un grande viaggio nello spazio. Ho ripreso a fare il musicista itinerante, che per tanti anni avevo abbandonato, iniziando con alcune proposte che sono arrivate dall’America Latina e dopo il concerto  in Costarica in uno stadio con 30.000 persone, ho steso un lungo calendario di città da visitare, che ho chiamato “Un Solo Mondo“, dal titolo dell’inno che ho scritto lo scorso anno per la tredicesima edizione dei campionati mondiali di nuoto tenuti a Roma per dare un’idea del coinvolgimento delle diverse culture. E andando in giro per il mondo ho veramente avuto la percezione di emozioni comuni e di tante altre cose, che dovrebbero unire il mondo piuttosto che separarlo.

Nei concerti di Perth e Melbourne, quali sono state le sue emozioni nel cantare all’estero davanti ad un pubblico italiano?

Innanzitutto ho visto persone di quattro o cinque generazioni: sembrava un appuntamento dato da molto tempo e sempre rimandato. L’emozione forte è stata il sapere che molti di quei connazionali sono quelli che hanno fatto il viaggio più lungo, allontanandosi maggiormente dalla madre patria. A Perth ho fatto un incontro all’Istituto di Cultura, durato molto di più del previsto in quanto veramente interessante, in cui ho potuto rendermi conto che ci si sente più italiani all’estero che non nel nostro Paese. Quando terminerà questo mio tour, voglio raccontare tutto in un reportage, presentando questa mia esperienza attraverso il mondo con immagini dei posti visitati e dei concerti fatti.

La sua carriera come quella di molti artisti ha avuto tempi difficili, successi e momenti di arresto, come mostrato dai fischi di Torino nel 1998, superati anni dopo dagli applausi ai Giochi Olimpici Invernali del 2006 in quella città. Vuole accennarci all’evoluzione musicale e letteraria vissuta nella sua carriera di cantautore?

E’ stato per me quasi un privilegio fare questo mestiere: ho iniziato con una buona preparazione musicale, avendo studiato pianoforte per cinque anni e poi per altri quattro, inoltre ho studiato musica ed ancora oggi non smetto di studiare. Nella mia vita artistica ho scritto diversi tipi di musica: dall’ispirazione delle grandi tradizioni del melodramma italiano e della canzone napoletana a tutte le discipline musicali: il jazz, il rock, il pop ed ho cercato di mettere insieme la musica classica, sinfonica e corale in un processo di evoluzione che non si è mai fermato.

Che influenza ha avuto sulla sua carriera l’incidente automobilistico del 1989?

Poco prima di quell’incidente, abbastanza serio in quanto ho avuto la lingua tagliata in due parti, stavo meditando di ritirarmi dagli spettacoli dal vivo per non avere più contatti con il pubblico, continuando il mio mestiere nella discografia. Dopo l’incidente ho capito che il successo della mia vita era merito del gradimento e dell’affetto di molte persone, per cui ho cambiato idea ed ho cominciato in modo frenetico a fare tourné e spettacoli. Aver la possibilità di incontrare nel mondo tante persone è per me la cosa più bella: questo ha realmente un profondo riflesso nella mia vita artistica.

Nella sua carriera c’è spesso l’aspetto di cantante impegnato: nel 1993 al “Concerto contro la mafia”, nel 1996 al “World Food Day Concert” della FAO e nello stesso anno al concerto nella sala Nervi in Vaticano, davanti a papa Giovanni Paolo II.

Questo intento c’è sempre stato in me e in molti miei colleghi, forse mettiamo la nostra popolarità a favore di buone cause per farci scusare del successo che abbiamo.
Da otto anni organizzo con altri artisti una manifestazione denominata “O’Scia’” con serate di musica dal vivo sulla spiaggia Guitgia di Lampedusa, nella quale si dibatte la necessità di far incontrare le diverse culture, creando un mondo il più possibile pacifico e solidale. L’impegno è soprattutto quello di portare ogni anno il maggior numero di testimoni in quell’isola al sud dell’Italia, che dà un’idea della migrazione dei popoli, ricordando agli italiani quanti tra loro sono emigrati ed invitandoli a non dimenticare gli emigranti di oggi.

“Un Piccolo Grande Amore”, oltre ad essere stata dichiarata da un sondaggio a livello nazionale la canzone del secolo, ha ispirato varie iniziative. Perchè si preferisce una canzone del 1972 fra tanti altri suoi motivi?

Non so se sia la canzone più bella o la più conosciuta, dato che è diventata la canzone simbolo del momento.
Questa canzone è diventata uno dei primi “concept album” uscito in Italia, è stata tradotta in diverse lingue tra cui l’inglese, ho tratto un film per la regia di Riccardo Donna di cui ho fatto la sceneggiatura e ho scritto la colonna sonora, e sulla stessa storia ho scritto un libro pubblicato da Mondadori, oltre al DVD Q.P.G.A., che sembra un murale dove è stata affrescata un po’ di storia della musica popolare, non tanto per quello che mi riguarda ma perchè ci sono 70 colleghi con me.

Nell’album “Viaggiatore sulla coda del tempo” si sa che ha ricercato una nuova dimensione musicale…

E’ un album quasi filosofico in quanto non parla di una storia reale, è forse un viaggio nel tempo e nello spazio anche dal punto di vista musicale.
E’ stato registrato in buona parte negli Stati Uniti ed in Italia e già il suo titolo dice che e’ molto misterioso. E’ infatti rimasto uno degli album più bizzarri che io abbia fatto, che ha concluso la “Trilogiadei colori”, iniziata dieci anni prima con “Oltre” e proseguita con “Io sono qui”.

Quanto contano nella sua professione artistica gli anni dedicati alla laurea in architettura?

Quegli anni sono contati molto in quanto parecchi scenari, specialmente nelle grandi produzioni negli stadi, nei palazzi dello sport e nelle piazze, li ho disegnati io stesso, inoltre nel 1990 ho voluto io per primo il posizionamento del palco al centro dello stadio, quindi tra queste due mie passioni c’e’ molta somiglianza poichè la musica e’ come un’architettura senza edificio.
Spesso mi sorprendo a pensare che forse un giorno le mie esperienze si potranno completare nel disegno con la progettazione di un grande teatro
all’aperto in Italia, dove vi sono già molti teatri antichi di pietra, ma pochissimi costruiti negli ultimi anni per l’intrattenimento popolare.

Quale architetto, quali le sue impressioni sull’Opera House e sull’architettura di Sydney?

L’architettura di Sydney è un elemento che contraddistingue la città. Ho la fortuna di essere in un albergo antistante la baia e l’Opera House, questo simbolo e singolare capolavoro dell’architettura mondiale, paragonabile alla torre Eiffel e al Colosseo, che diventerà un classico.
Penso che per qualsiasi visitatore e, soprattutto per un tecnico, l’architettura di Sydney costituisca un’esperienza unica.

Armando Tornari

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

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