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Le canzoni di Baglioni nel nuovo libro di Paolo Jachia

Le canzoni di Baglioni raccontate ed analizzate nel nuovo libro di Paolo Jachia

CLAUDIO BAGLIONI: UN CANTASTORIE DEI GIORNI NOSTRI (1627-2018)” pubblicato da Fratelli Frilli Editori é il nuovo libro di Paolo Jachia. Non è il solito libro biografico, ma un percorso cronologico di tutti i suoi album e di una vasta parte delle sue canzoni. Lo scopo principale del libro è quello di analizzare ogni singola canzone, spiegandone il significato.

Come nasce l’idea di scrivere un libro su Baglioni, anche se a dire il vero questo non é il solito libro biografico.

“Da molti anni collaboro con il mio amico Francesco Paracchini direttore, da vent’anni, della rivista L’Isola che non c’era. Con lui abbiamo delineato una vasta storia del Festival di Sanremo dentro la quale fondamentale era un profilo di Baglioni e questo ben prima che Baglioni fosse lontanamente nella prospettiva di essere direttore artistico e conduttore del Festival. Sempre con Francesco ho poi fatto un volume sulla tournée di Baglioni e Morandi “Capitani Coraggiosi”. Da Francesco ho imparato, in più di vent’anni di lavoro comune, che c’era un mondo di canzoni che, quando ho scritto il mio primo libro sulla canzone d’autore, edito da Feltrinelli nel 1998, non conoscevo e non apprezzavo (per inciso quel libro è ora “tragicamente scomparso” ed è irrintracciabile: era un buon libro, tutti lo citano, perché non ristamparlo? Magari aggiornato, ha anche venduto più di 6000 copie). Da molti anni lavoro poi con Roberto Vecchioni che, nell’Enciclopedia Treccani, su Baglioni scrive: “Dopo lo strepitoso successo di Questo piccolo grande amore… la popolarità di Baglioni correrà pari pari col suo responsabilizzarsi e aprirsi ai temi più vasti e profondi come Dio, l’amicizia, la fede, la morte sempre parlando per tutti e di tutti, in un tessuto operistico alato, lontano dai ‘francescanesimi’ musicali degli altri cantautori”; poche righe ma fondamentali anche perché vengono dal solo cantautore che ha vinto sia il Festival di Sanremo che il Premio Tenco. Ma perché ricordare tutto questo? Perché non dire semplicemente che credo che Baglioni sia un grande artista di canzone e quindi ho ritenuto giusto dedicargli un libro? Perché ho una concezione della Storia come quella che ci ha raccontato in canzone Francesco De Gregori: «La storia siamo noi […] quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare […] la storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano». Un libro, piccolo o grande che sia, come un gesto eroico o quotidiano, non è mai qualcosa di esclusivamente individuale ma è il risultato di intenzioni di cui siamo solo in parte consapevoli e che vanno anche al di là di noi. A questo proposito c’è in rete un bellissimo saggio di Luca Bertoloni dal titolo “Claudio Baglioni: una breve storia critica” che avrei voluto mettere in calce al mio libro ma poi, per ragioni di spazio e di tempo, non è stato possibile e lo scrivo qui come modesta riparazione (non sono riuscito nemmeno a citarlo!). E’ uno scritto bellissimo, del tipo di quelli che, di solito, trovavamo negli Oscar Mondadori: è una storia della critica su Baglioni e del fatto che la critica accademica e “di sinistra” (di cui, più o meno, anch’io faccio parte) lo ha sempre, colpevolmente a mio avviso, snobbato, ovvero troppi passerotti e magliette fini e troppi dischi venduti! Breve, anche alla luce di quello che scriveva Bertoloni, era evidente che mancava una monografia sull’arte di Baglioni. L’ho scritta perché lo ritenevo giusto e perché è il mio mestiere, non il mio lavoro perché con quel che si guadagna con questo tipo di libri, diceva il mio maestro Franco Fortini, non ti paghi nemmeno le sigarette e io per fortuna non fumo, e da un po’ di tempo, per età, manco bevo e non ho figli da mantenere. Al di là degli scherzi, un libro è un progetto culturale ed è un grande momento per la canzone italiana e Baglioni lo interpreta al meglio. E in questo senso vorrei ricordare come si chiude il mio libro ovvero con la richiesta che venga assegnato a Baglioni il premio Tenco alla carriera. Il Sanremo se lo è stravinto da solo!”

Lei ha scritto, tra il 2000 e 2018, libri su Guccini, Gaber, Vecchioni, Fossati, Battiato, Dalla, De Gregori e De Andrè, cosa “c’azzecca” Baglioni? E può spiegarci meglio perché un “Premio Tenco” alla carriera a Baglioni?

“Grazie di questa domanda perché mi permette di ripetere quello che prima ho detto con forse troppe parole e questa volta la risposta sarà secca: perché Baglioni è un grande artista di canzone. Certo diverso da quelli che lei ha citato nella domanda e ai quali ho dedicato, a ciascuno, un libro ogni volta diverso. E così è stato anche per Baglioni, un artista con cinquant’anni di carriera e quasi cento milioni di dischi venduti. Voglio ripetere un aforisma che è solito dire il mio amico Francesco – diciamolo chiaro, l’ala “destra” e lungimirante del mio “sinistro” cervellino canoro: “In questa prospettiva allora siamo certi, io e Paolo, di dire che Claudio Baglioni è, ed è stato, un grande artista di canzone e che sarebbe bello che per questo gli venisse assegnato, spezzando vetusti steccati, il Premio Tenco alla carriera. Un premio e un riconoscimento che di norma il Club Tenco assegna a un artista per l’importanza raggiunta nel suo percorso artistico. E, nel caso di Baglioni, la sua è una carriera spesa a tenere insieme mondi musicali che partono magari da punti diversi ma convergono verso un unico obiettivo, toccare le corde dell’anima attraverso una canzone, un album. E in questa, prospettiva i grandi nomi che riescono a farlo, non si decidono a tavolino, nel cerchio chiuso di una stanza, ma il posto nella storia se lo prendono da sé”.

È un impegno non da poco analizzare i testi delle canzoni di Baglioni, cercando di esprimerne al meglio il loro significato. In che modo ha analizzato ogni canzone? Alla stesura del libro ha partecipato anche Baglioni stesso?

“Ho lavorato come se Baglioni fosse Petrarca, cioè lontano sei – sette secoli e dunque Baglioni non ha partecipato in alcun modo al mio lavoro anche se mi piacerebbe molto ora incontrarlo per sapere che ne pensa. Ma di nuovo, al di là delle battute, il metodo di approfondimento è quello dell’analisi testuale. E il metodo con il quale ho conseguito l’abilitazione a professore associato universitario in Letteratura italiana generale e contemporanea. Ho scritto cioè venticinque libri ma non solo sui cantautori ma su Pirandello, De Sanctis, Fortini, Eliot ecc. Nessuna università però mi ha mai chiamato per un incarico di ruolo. Insegno in Università da 22 anni da precario e però il mio mestiere lo so fare ed è l’analisi del testo. E’ il metodo che mi è stato insegnato (da Franco Fortini, Galvano Della Volpe, Pietro Cataldi, tra gli altri) e la mia specificità è quello di aver applicato questo metodo non solo alla letteratura italiana ma anche dove questo metodo non era stata ancora applicato, ovvero la canzone d’arte italiana. Non sono stato capito o forse meglio, non ho avuto immediata fortuna in Università e pure vedo una decina di studiosi che hanno compreso cosa volevo dire ed è questo consenso, modesto che sia, che mi farà scrivere ancora. Naturalmente se ne avrò modo e se cioè se l’editoria mi darà ancora la possibilità di pubblicare. Ho qualche speranza anche perché i miei libri, tutti, hanno sempre venduto, poco certo, ma abbastanza per dare forza al libro dopo”

La sua canzone preferita?

“E adesso la pubblicità” (da La vita è adesso, del 1985). In questa canzone viene rappresentato, attraverso gli occhi di una ragazzina come tante, la sera, una sera come tante, di una famiglia media composta, come tante, da padre, madre, fratello, sorella e… televisione (“la città antenne e cielo / e luci grigie delle stanze. / E la notte cade come un telo / a smorzare gli occhi e i televisori”). I quattro protagonisti sono rappresentati attraverso flash sintetici e nondimeno estremamente efficaci: “Tua madre si rammenda qualche ruga / e una domanda di dolcezza / che porta in tavola e va via”; “Tuo padre mani da operaio a vita / che ride e gli si spacca il viso / impallidito di tivù”; “un cespuglio di spini tuo fratello / che pensa sulle unghie delle dita / appitonato (sic!) con un’aria da bollito” (nb “appitonato” vuol dire “addormentato come un pitone” e Baglioni lo ha trovato in Pasolini!!!). Appena più pietosa l’immagine della “lei”, della ragazzina ed è quasi l’unico momento in cui potrebbe trasparire un lampo di coinvolgimento nella rabbia di una descrizione che non lascia scampo: “tu nascosta in fondo a un’amarezza / a far finta che il mondo sia un bel posto / e adesso la pubblicità”. Importante questo punto perché Baglioni dice che bisogna diventare adulti e responsabili delle proprie scelte e della propria vita, non solo recriminare nell’amarezza e che dunque bisogna non far finta di volere un mondo diverso da quello che abbiamo di fronte e da quello che ci offre (gratis? no!) la pubblicità. Altro che passerotti e canzoni d’amore! Adulti e responsabili. Baglioni è, anche, un grande cantautore politico e sociale, di estrazione cattolica-democratica e francescana.”

Cosa intende dire con Baglioni è, “anche, un grande cantautore politico e sociale, di estrazione cattolica-democratica e francescana”?

“Baglioni è stato spesso ridotto solo alle sue canzoni d’amore, ma accanto a queste alcune grandissime: si pensi a “Mille giorni di te e di me” ci sono moltissime altre canzoni, altrettanto belle e importanti, in cui viene fuori un’attenzione politica e sociale di grande valore. Una tematica per tutte, quella della fratellanza universale e c’è un capitolo del mio libro che si intitola “Da San Francesco a Papa Francesco, ovvero Baglioni 1971-2017” dove cerco di approfondire tutto questo. Ma basterebbe pensare al fatto che Claudio, ben prima di presentare Sanremo, ha presentato per più di 10 anni “O scià”, una manifestazione artistica portata avanti con fatica estrema nella tormentata isola di Lampedusa, vero baluardo e trincea di civiltà e dove Baglioni è riuscito a portare, gratuitamente e per meri fini umanitari, il Gotha della canzone italiana e internazionale. Claudio è un artista che ha molte sfaccettature che andavano approfondite, da un nuovo modo di raccontare una storia antica come l’amore a un dramma recente come quello dei migranti ma anche a quello delle nuove solitudini e delle aspre sofferenze contemporanee. Una canzone per tutte: “Uomini persi”

Fabiana Rebora per Seven Press

Claudio Baglioni. Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018)
di Paolo Jachia (Autore)

Questo libro presenta un ritratto cronologico di Claudio Baglioni dalla prima canzone scritta nel 1967 alla sua designazione come direttore artistico e presentatore del Festival di Sanremo 2018. Non è però un ritratto biografico, ma un’analisi puntuale dei suoi dischi (tutti) e delle sue canzoni (moltissime ma non tutte). Il principio è quello della comprensione di ciò che vuole dire un testo e questo non per un esercizio fine a se stesso ma per designare la poetica, la strategia comunicativa propria di Baglioni. Possiamo così dire che, se è vero che Baglioni ha avuto due differenti momenti creativi e artistici, va anche detto che, dopo una trentina di album, qualche migliaia di concerti e qualche milione di dischi venduti, le due strade – quella delle canzoni d’amore e quella dei racconti più impegnati e a tratti persino sperimentali – sono diventate una sola. Non solo, ma crediamo che un suo merito complessivo sia quello di aver ridotto la presunta distanza tra cosiddetta “canzone d’autore” e cosiddetta “canzone pop”. Distinzione che appare (e questo anche il senso del nostro libro) posticcia, mentre invece il punto vero è una non pregiudiziale valutazione estetica dell’intenzione artistica di una canzone.

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

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