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La cabina di Clark Kent per me fu la mia chitarra

Baglioni: «La cabina di Clark Kent per me fu la mia chitarra»

Due notti «Al Centro» con Claudio Baglioni a Montichiari: questa sera e domani alle 21 al Palageorge le tappe bresciane del nuovo tour, sontuosa celebrazione per 50 anni di musica e successi. Palco centrale, suoni, luci, proiezioni, ballerini, performer, musicisti e coristi: gli ingredienti di un contenitore che cambia ogni sera e a ogni pezzo mentre la scaletta ripercorre cronologicamente la carriera del grande cantautore romano.

Sperimentato per la prima volta a settembre con tre repliche all’Arena di Verona, lo show ha debuttato il 16 ottobre a Firenze, dove giungerà al capolinea il 24 aprile, con pausa per Sanremo 2019: Baglioni è stato riconfermato direttore artistico. Grande festa che ripercorre le tappe di un cammino artistico partito tra i fermenti di un anno come il ’68. «La “summer of love”, il maggio parigino, il ’68… – ricorda Baglioni -.

Per la prima volta la generazione giovane reclamava il diritto di parlare e, soprattutto, di essere ascoltata. La musica era la sua voce. La voce dei Beatles, dei Rolling Stones, di Jimi Hendrix, di Dylan, di Joan Baez…

Tutti ragazzi con la chitarra, armati di sogni ed emozioni che si chiamavano canzoni. Ragazzi come lo eravamo noi. Da lì all’idea di imbracciare una chitarra, il passo è stato brevissimo. Cantare significava contare. Essere ascoltati, essere visti».

Coma viveva Baglioni quell’epoca di rivoluzioni?

Sentivo il bisogno di uscire dall’invisibilità, ma ero troppo timido per farcela da solo. La chitarra è stata un po’ come la cabina del telefono per Clark Kent: entravo invisibile e uscivo supereroe. Le canzoni erano il ponte levatoio che mi permetteva di superare il fossato che mi separava dagli altri e scambiare con loro sguardi, parole, emozioni, ma anche paure, sogni. Una magia. Letteralmente. E grande anche, dato che il suo incanto è arrivato fino qui.

Com’è cambiato il suo modo di comporre da quegli anni?

Non è cambiato. Le idee, per fortuna, non si sono ancora stancate della mia compagnia e continuano a venirmi a trovare. Le note sono più puntuali. Le parole, invece, si fanno un po’ desiderare. Alla fine arrivano anche loro. E ogni cosa trova un suo equilibrio e un’armonia. Io cerco di farmi trovare pronto. Come diceva Picasso: “L’ispirazione esiste ma ti deve trovare al lavoro”. Forse per questo lavoro tanto: non vorrei che, non trovandomi, finisse con l’andare a cercare qualcun altro. Sto festeggiando le “nozze d’oro” con la musica, sarebbe davvero un peccato litigare e separarsi adesso.

Dopo un anniversario così impegnativo, c’è ancora qualche progetto o qualche sogno nel cassetto che vorrebbe realizzare?

Progetto significa “gettare avanti”. La vita è tutta un gettarsi avanti. Anche perché, per quanto il passato sia importante, è il futuro l’unico tempo del quale noi esseri umani non possiamo fare a meno. Senza passato, si vive. Senza futuro no. E progettarlo, immaginarlo è un modo per dargli forma e iniziare a costruirlo. Seneca ci ricorda che non è che abbiamo poco tempo ma che ne sprechiamo tanto. Ecco: io cerco di sprecarne il meno possibile. Sprecarne meno significa vivere di più. Soprattutto nei pensieri e nel cuore degli altri, che è il privilegio più grande che questo strano mestiere mi ha concesso. •

Claudio Andrizzi per BresciaOggi

Articolo del 20 Novembre 2018

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

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