Nè là né qua “Ancora” nel mezzanino
Un anno fa scrivevo questo pezzo, sorpreso e arrabbiato del perché nessuno si accorgeva di quello che ogni giorno succedeva sotto gli occhi di tutti, in quel luogo dove non sai mai chi è di qua e chi è di là. Lo trovate QUI
Dopo un anno la situazione non è cambiata. I miei colleghi migranti sono “Ancora” là nel mezzanino, ma questa volta oltre a loro c’è anche l’attenzione della gente. Non si passa più diritto senza voltarsi, anzi si cercano con lo sguardo, si fanno le foto, si vuole stare dentro la notizia. Eh già perché oggi fanno notizia, oggi tutti i telegiornali hanno bisogno di loro per aprire le loro edizioni ed i giornali per riempire le loro prime pagine.
Oggi parlare dei miei colleghi è diventato persino top trendy nella classifica dei tweet e dei social più sociali che ci sono, ma l’importante è che ci sia uno schermo in mezzo, perché averli vicino è meglio di no, non si sa mai.
E la senti la gente parlare, tutti hanno un’opinione e tutti hanno sopratutto una soluzione. Sono seduto dentro una carrozza del ventunesimo secolo senza cavalli e sento parole:”Io non dico di sparargli, ma di non farli partire”, “Li vedono in mare? E che li respingessero indietro, mica possono stare tutti qui”. “I francesi? Fanno bene i francesi a non farli entrare”. “Ma mica dobbiamo tenerli solo noi, l’Europa deve darci una mano, e i francesi non possono fare così”. “In Trentino ne abbiamo già troppi, devono andare anche altrove, che poi entrano e tagliano le braccia alle brave persone”.
E allora decido di spegnere le loro voci e di accendere quella di un mio caro amico che ha sempre parole giuste per ogni cosa e lo ascolto mentre mi spiega chi sono per lui questi Uomini Persi:”…anche chi dorme in un angolo pulcioso…”
Con gli auricolari che mi estraniano dai commenti della “gente per bene” e che ha la soluzione per tutto, mi tuffo nella rete che di protezione ha ben poco, visto che anche lì mi saltano addosso parole scritte e dichiarazioni dei politici che tutto sanno e anche loro hanno sempre una soluzione per tutto: “Ci vogliono le ruspe”; “Lei è razzista”; “Abbiamo il piano B, l’Europa ci deve dare una mano”; “Pensiamo prima agli italiani e poi agli altri”; “Bisogna essere solidali con tutti”.
Ed io che non ho mai un’opinione e neanche una soluzione, cerco di capire e mi trovo a dar ragione prima ad una parte e poi all’altra. Si è vero, non possiamo lasciarli in mare, non possiamo non dargli cibo e una sistemazione. Sarebbe disumano fare il contrario, ma non possiamo neanche spostare un continente da noi. Non possiamo lasciare persone nella illegalità, ma non possiamo star lì pronti con i fucili spianati ad evitare l’illegalità.
Non possiamo,non possiamo. So solo cosa non possiamo fare, ma non ho proprio idea di quello che dobbiamo fare. Sono solo certo che questo non sia di mia competenza, ma di chi governa il mondo e quello che mi sembra più assurdo è che in 30 anni (lo stesso lasso di #tempo di vita del disco che sto ascoltando in questo istante) di barconi, di mezzanini e di parole, nessuno abbia trovato (o voluto trovare) una soluzione adeguata. D’altronde, come si fa a trovarla se tu stesso non trovi differenza tra le parole della “gente per bene” e quelle di chi invece la soluzione deve averla per contratto con le persone votanti?
Ad un certo punto succede una cosa inaspettata. Mentre sto scrivendo queste quattro parole e ascolto il mio amico cantare di un posto dove nessuno è un’isola e dove non c’è da scavalcare nessun muro, vedo salire nella mia carrozza una trentina di questi uomini in cerca di un posto. Oddio uomini, no forse li ho invecchiati un po’ troppo. Sono ragazzi, e ancora di più per questo, li considero miei colleghi migranti. Vedo gli occhi spaventati della “gente per bene” e vedo uno di loro e mentre lui mi ricambia gli occhi e capisce che ho una sguardo di chi un posto l’ha trovato, il suo di sguardo invece mi fa capire benissimo che lui lo sta ancora cercando. E come i suoi amici tiene in mano una busta con su scritto il nome di una città straniera sia per me che per lui e penso a tutte le pippe mentali che ci facciamo NOI GENTE PER BENE del Bel Paese, quando loro di stare in questo Paese proprio non gliene frega nulla.
Si siedono e continuano il loro viaggio, chissà ancora quanto lungo. Io invece scendo, devo tornare a casa a continuare la quotidianità. Torno in stazione e rivedo quel mezzanino e scopro che forse non rivedrò più nessuno in quel posto di mezzo.
I governanti hanno trovato la loro soluzione: una bella e nuovissima transenna che impedisce a chiunque di entrarci e di sostare. E mi sembra una incredibile metafora del nostro secolo. Hai un problema? Allora spostalo, non perdere #tempo a risolverlo, perché ci vuole #tempo e nessuno si accorgerà che sei stato tu ad iniziare il processo del cambiamento. Per cui non risolverlo e passalo a qualcun altro.
Mi accingo verso casa, è sera ma è ancora giorno e il mio amico nelle orecchie mi chiede se domani sarà un nuovo giorno o un giorno nuovo. E “senza ombra” di dubbio rispondo: domani sarà un nuovo giorno e basta.