Recensione di Sandro per album di Claudio Baglioni
In questa Storia che è la mia, è il titolo dell’ultimo Album del cantautore Claudio Baglioni, nel quale l’artista romano traccia un bilancio della sua carriera e al contempo questo lavoro è la messa in opera di una auto-biografia, la narrazione di una vicenda umana, la sua parabola esistenziale dove l’artista e l’uomo combaciano, sono la stessa cosa.
La storia è il teatro, la scena dove si svolge la vicenda di Claudio.
L’uomo sa che non è nel suo potere competere con il tempo, l’uomo sa che non può sconfiggere il tempo, l’uomo è consapevole che il tempo è più grande di lui.
All’uomo è solo consentito di scendere a patti con il tempo, non resta altro da fare che affiancarsi al tempo, percorrere un breve tratto di vita con lui. E’ qui che entra in gioco la musica, l’artificio, la creazione, come Prometeo dona agli uomini la tecnica per vincere le forze della natura, cosi l’artista visitato dagli dèi, regala sogni, la vita come favola. Dona l’incanto, l’esperienza unica di vivere la bellezza in un istante, illusione che permette agli uomini di vivere nel tempo finito, l’ebbrezza dell’infinito, di sentire il fascino dell’eterno nella vita.
L’artista costruisce un mondo, le sue opere fanno battere il cuore, regalano emozioni, la sua creazione colora sorrisi e disegna sguardi luce.
Nel brano Altrove e qui l’artista-Claudio disegna per gli uomini nuovi universi, l’artista con un battito di ali sorvola terre e città, per creare nuove attese, inseguendo mille anni, costeggiando le mura del cielo dove soffia un vento di stelle, corre lungo i brividi del mare per cantare le ruggini di voci, regalando giorni senza notti.
L’artista è anche l’uomo, è l’uomo che vede e sente il peso della terra, nel brano dice “uno specchio che lo spia”, l’artista è l’uomo che è consapevole del proprio gesto, è l’uomo sa che il suo è artificio e quindi finzione.
Se Prometeo viene punito dagli dèi per il dono che ha fatto agli uomini, così anche l’artista sconta pena di essere uomo e di non poter sfuggire alla legge tempo che tutto ricompone e che tutto consuma.
L’artista non può sfuggire al destino di essere uomo, che i sogni sono in realtà l’altra faccia dell’abisso, tutti i giorni hanno il colore della notte.
Nella corsa della vita sa di “essere chiunque ma non chi”, l’artista non ha nomi, non sa chi sia, vive sulla soglia, perennemente “tra una fuga e un rientro”, il mondo non lo riconosce, il suo cuore batte si perde in un altrove.
In un mondo che tutto divora e cancella, di “eterno rimane lo scontro”.
Ogni giorno si sporge verso la terra di nessuno, il suo posto è altrove, fuori, sempre in fuga, esposto sulla terra di confine. Vive lo spaesamento, il suo destino è di essere fuori-centro, è qui e altrove, come dice il brano.
Ogni giorno percorre terre e città, vede case e santuari, templi dove gli altari sono vuoti, e le speranze diventano fragili e mute, che salgono verso il cielo come fumo di incenso grigio.
In questa storia, se il tempo l’ha vinta sull’uomo, se il tempo fagocita con i su millenari artigli il corpo dell’uomo, se la storia estende le sue lunghe leve per cancellare nomi e volti, nulla può, invece, con quello che l’artista crea e dona agli uomini. L’artista-uomo ha vissuto per lasciare un segno, un resto, un rimando, un rilancio, un rimbalzo, di parole in note, di melodie e suoni di parole.
Allora il destino dell’uomo-artista diviene una missione, quell’impresa che conquista e commuove, non gli rimane altro che la sua musica, lascito di anima ribelle che si perde nella storia ma vince sul tempo.
Le parole dell’artista sono per gli altri, il loro destino è cercare altre parole, per costruire nuove storie, La musica rimarrà per sempre, anche quando l’artista che le ha create non ci sarà più, esse continueranno a vivere, a far battere i cuori, a regalare magie ed emozioni nuove, a scaldare mattini e a colorare i sogni di domani, perché il destino della musica è vivere, per questo è eterna.
Sandro De Bonis