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Polizia moderna intervista Claudio Baglioni

Un uomo di varie età

Claudio Baglioni, uno dei cantautori italiani più amati dal pubblico e dalla critica, racconta i suoi 50 anni “suonati” in un’intervista a Poliziamoderna in occasione dell’uscita dell’ultimo album

Annalisa Bucchieri e Chiara Distratis per poliziamoderna.poliziadistato.it

Musicista, compositore, autore, interprete, scrittore, architetto. Claudio Baglioni è uno degli artisti più amati dal pubblico e dalla critica nella storia della musica popolare italiana. Il suo album La vita è adesso è ancora oggi quello che in Italia ha venduto di più in assoluto, 4 milioni di copie: restò per 27 settimane consecutive primo e 1 anno e mezzo in classifica. In questa storia che è la mia, il suo sedicesimo album registrato in studio, ha conquistato in due settimane il Disco d’oro con 45mila copie vendute e più di un milione di streaming. Arriva sette anni dopo ConVoi e proprio da questo abbiamo iniziato la nostra chiacchierata con il cantautore romano.

I suoi fan hanno dovuto avere un po’ di pazienza…

È stato un periodo molto pieno. Ho curato per due edizioni la direzione artistica del Festival di Sanremo: è un evento molto impegnativo, il pubblico assiste solo alle serate di gara ma dietro c’è quasi un anno di lavoro, con tantissimi aspetti da curare dalla scelta delle canzoni e dei cantanti fino alle riunioni con i sindacati. Ho fatto anche due lunghe tournée in giro per l’Italia e altri piccoli progetti. Per preparare questo disco ho impiegato più o meno tre anni ma la cosa più difficile è stato iniziare. Ancora prima di scrivere e comporre ho compiuto un viaggio mentale alla ricerca dell’energia che avevo ai primordi della mia carriera, alla fine Anni ’60 inizi ’70, per tornare a fare un disco che avesse quei requisiti di vitalità e ingenuità di allora, per alcuni versi che fosse meno smaliziato. Volevo poi che l’album fosse suonato tutto da musicisti e che la parte delle timbriche digitali servisse solo a sottolineare alcune atmosfere virtuali. Abbiamo utilizzato due orchestre, tanti solisti, un coro lirico, coristi moderni e un gran numero di persone per mettere insieme un suono poderoso, esuberante, potente. Avevamo impostato il lavoro per suonare insieme, come si faceva tanti anni fa, e per gran parte lo abbiamo fatto ma quando è scoppiata l’emergenza pandemica ho temuto di non riuscire a finire l’album e quindi l’ultima parte è stata lavorata in “smart working”. Nonostante tutto ho ottenuto quello che cercavo: sonorità reali, acustiche e, come si diceva una volta, sono riuscito a “incidere”… spero anche nel cuore degli ascoltatori, nell’emozione delle persone.

Anche in questo, come in molti dei suoi dischi, è come ascoltare un racconto unico che si sviluppa brano dopo brano: un vero e proprio concept album.

Sì, spesso ho strutturato i miei lavori in questo modo. Questa volta poi si intitola In questa storia che è la mia, più storia di così non poteva essere. L’album si regge su un brano Uomo di varie età che fa un po’ da architrave (e qui esce l’architetto, ndr), da lì ho tirato fuori sia la ouverture che la suite finale, poi ci sono 4 interludi voce e pianoforte e 14 canzoni che raccontano una storia d’amore ideale con le sue curve, ascendente all’inizio, “dritta” nel momento massimo dell’affinità amorosa e sentimentale e infine discendente, con la possibilità che, come in tutti gli amori folli e impossibili narrati dai poeti e dai romanzieri, ci sia una risalita. Le canzoni partecipano al racconto di questa storia ma ognuna di loro ha una sua vita a parte, una sua caratteristica, un suo arrangiamento, un proprio mondo da descrivere.

A causa della pandemia Dodici note, i concerti alle Terme di Caracalla, sono stati rinviati a giugno 2021. Quanto le manca il contatto con i fan?

Molto, specialmente per un artista come me che non ha più vent’anni. Lo spettacolo dal vivo è il momento più esaltante di questo mestiere, perché mi piace comporre, cantare, incidere dischi, però quando si fanno queste cose non trasmetti emozioni in tempo reale; nello spettacolo dal vivo convivono e c’è tanta adrenalina che si può spendere insieme. Naturalmente è stato un brutto periodo anche perché senza concerti purtroppo molte persone non hanno lavorato. I live sono stati spostati al prossimo giugno e spero che riusciremo a farli perché avremo la possibilità di distanziare le persone. Tengo a queste esibizioni in modo particolare perché la musica avrà il ruolo di prima attrice e con un gruppo musicale simile a quello che è stato utilizzato all’interno dell’album, sul palco ci saranno oltre 100 persone tra cantanti e strumentisti. Questo perché la musica è anche fisica, tante persone insieme che suonano strumenti acustici spostano l’aria e producono una vibrazione energetica enorme. Dopo le date di Roma ci saranno altri concerti all’Arena di Verona e al Teatro greco di Siracusa.

Lei ha citato Un uomo di varie età, con la quale ripercorre la sua storia dagli inizi… come è cominciato l’amore per la musica?

Questa canzone è una sorta di autobiografia senza date e senza luoghi che racconta il mio incontro con la musica che è accaduto “misteriosamente”, nel senso che a casa mia non c’era una tradizione musicale, nessun parente musicista, giusto mio padre che si dilettava a scrivere qualche poesiola in rima. Quindi ancora oggi, quando mi guardo indietro, mi meraviglio di fare questo mestiere… Credo che la maggior parte della “colpa” per questo incontro sia di una grande radio a valvole: era l’unico oggetto prezioso nella nostra casa nella periferia di Roma a Centocelle e emanava suoni e calori che arrivavano da tutto il mondo. La radio aveva le onde lunghe e riusciva a captare stazioni lontanissime con lingue incomprensibili e io, da ragazzino figlio unico, passavo pomeriggi interi a “guardare” la radio, nel senso che mi piazzavo là davanti e venivo investito da tutte queste suggestioni: è stata sia la mia bambinaia che la mia prima maestra di canto e credo che in questo modo io abbia subìto l’”incanto”. Verso i 13 anni, dopo aver partecipato a un piccolo concorso di voci nuove nel mio quartiere, qualcuno consigliò ai miei genitori di farmi studiare musica e dopo poche settimane mio padre acquistò, pagandolo credo con molte cambiali, un pianoforte verticale. Poi ho iniziato anche con la chitarra che era uno strumento facilmente trasportabile e che, per un adolescente che cresceva, era una sorta di lasciapassare tra gli amici. Ho fatto parecchia gavetta, tanti concorsi e audizioni quasi sempre con esito negativo. Nel 1967 feci anche i primi provini alla Rca di Roma che poi è stata la mia casa discografica per molti anni. Un giorno, dopo l’ennesimo rifiuto, mi scoraggiai completamente e pensai che fosse giunto il momento di scrivere il mio disco di addio, anche se di me non si era accorto nessuno. Venne fuori Questo piccolo grande amore, un concept album e che, nel giro di pochi giorni, arrivò con le sue forze in vetta alla classifica e poi al primo posto. Da allora la mia esistenza è cambiata.

La sua generazione per arrivare al successo ha dovuto effettivamente affrontare tanti sacrifici e rifiuti… oggi ci sono i talent e You Tube. Cosa ne pensa di questo percorso di formazione così diverso?

È proprio il concetto di tempo che è cambiato. Una volta per arrivare al successo serviva una fase preparatoria o come si usa dire una “gavetta” anche di molti anni. Era difficile che la popolarità arrivasse in età giovanissima, ma a me capitò. Oggi ci sono molte più opportunità perché la comunicazione multimediale è più rapida e più aperta. I talent, secondo me, hanno una prerogativa più televisiva che formativa: sono programmi confezionati apposta per catturare l’attenzione del pubblico. Hanno prodotto anche dei risultati interessanti, ma il vero problema è che nella natura del talent c’è la rotazione per cui ogni anno inizia una nuova edizione e questo rischia di non far durare le carriere. Uno dei lati positivi è che mostrano al pubblico che anche in questo lavoro, come in tutte le attività della vita, se si vuole migliorare ed essere all’altezza della situazione bisogna studiare e applicarsi.

La sua è una carriera lunga più di 50 anni, ma tra i suoi fan ha persone di ogni età. Qual è il segreto della sua trasversalità?

Non credo ci sia un segreto e se anche ci fosse sarebbe un segreto professionale da non divulgare (ride, ndr). Penso che nei salti generazionali ci sia una specie di miracolo che accade, è come se si passasse la dogana del tempo, come se ci fosse un passaporto che ti desse la possibilità di andare dall’altra parte e continuare. Una delle motivazioni potrebbe anche essere quella di aver continuato a comporre e a fare spettacoli, a usare questo modo di comunicare con le persone cercando di essere sinceri, cercando di mettere a disposizione dell’ascolto degli altri quello che avevo realmente dentro. Poi il tempo passa e per fortuna non passa invano, nel senso che di certe cose non è nemico: a me ha dato una riconoscibilità anche da parte delle nuove generazioni. A chi mi dice di essere cresciuto con le mie canzoni rispondo: “Sai ti poteva andare meglio, ma anche molto molto peggio”.

C’è un brano tra tutti quelli che ha scritto che secondo lei non ha avuto il successo meritato?

Ho scritto circa 400 canzoni, è difficile che tutte possano avere lo stesso gradimento. Noi autori siamo i primi colpevoli, i primi a influenzare il pubblico mettendo in evidenza alcune cose piuttosto che altre. La maggior parte del pubblico conosce almeno una trentina delle mie canzoni, poi un pubblico sempre più ristretto, fino ai miei addetti ai lavori, le conoscono tutte, anche meglio di me. Alcune volte infatti, quando vado a perlustrare in quel repertorio meno conosciuto, rischio di fare delle figuracce perché incontro qualcuno che è più ferrato e ha più memoria di me. Non mi posso lamentare, gran parte di quello che ho fatto ha avuto la fortuna di restare e per me è un grandissimo risultato.

Quale è la sua canzone nella quale più persone si identificano?

Dai miei “sondaggi” ci sono delle canzoni più nominate come Mille giorni di te e di me, Strada facendo, Questo piccolo grande amore, La vita è adesso. Questi sono i titoli più ricorrenti, però ogni tanto ho delle belle sorprese: sentire citare dalle persone titoli meno famosi mi dà la speranza che alcune canzoni non siano rimaste intrappolate nei solchi dei vecchi Lp. Quindi ci sono dei titoli che danno una riconoscibilità oggettiva, ma poi c’è tutto un girotondo di altre canzoni, è come una sorta di flotta: ci sono portaerei, ma anche tutte le altre imbarcazioni che servono per far navigare tutto il gruppo.

Che rapporto ha con i social?

Qualche hanno fa cominciai a dedicarmici pur non essendo un nativo digitale, però finivo con lo scrivere cose lunghissime e ho capito di non possedere la capacità di riassumere che contraddistingue questi mezzi. Non sono un utilizzatore molto frequente, penso che per uno che fa il mio mestiere servano principalmente per informare e comunicare iniziative. Non mi interessa particolarmente condividere tutte le cose della giornata. Siamo già ingombranti perché raccontiamo le nostre storie e pretendiamo che gli altri le ascoltino e ci si riconoscano; credo che un artista si valuti per la sua opera non per il racconto sui social del suo quotidiano che comunque non è né migliore né peggiore di quello degli altri.

Ha partecipato a diverse iniziative della Polizia di Stato, da ultimo il concerto della Banda musicale dell’11 luglio scorso per ringraziare il personale sanitario che lavora in prima linea contro la pandemia da Covid-19 e per onorare la memoria di chi ha perso la vita, come è nata questa “amicizia”?

Sono cresciuto tra le uniformi avendo avuto un padre carabiniere, uno zio poliziotto e alcuni parenti in altri corpi. In più ho un rapporto di conoscenza con l’attuale capo della Polizia Franco Gabrielli e anche una amicizia musicale e stima reciproca con il maestro della Banda musicale Maurizio Billi. Per un compositore è comune lavorare e collaborare con un complesso bandistico potente come quello della polizia, ma per un cantante lo è meno: esibirsi con una banda è difficile, cantare con tutta la potenza degli ottoni, dei fiati e mettere in una partitura bandistica le canzoni è sempre un esperimento affascinante ma delicato. Però i risultati ottenuti fino a ora sono stati molto buoni, ne abbiamo combinate parecchie e credo che ce ne saranno delle altre.

The Godfather

The Godfather [Il Padrino] - Dietro questo nickname si cela il nostro fondatore e amministratore unico TONY ASSANTE, più grigio ma MAI domo. Il logo (lo chiedono in molti) è il simbolo dei FANS di Elvis Presley (Cercate il significato in rete).

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