Claudio Baglioni “L’ultima Arena”
Il cantante premiato a Verona dai “colleghi” architetti
Poi gli ultimi live in città prima dell’addio alle scene
“La mia prima volta qui nel 1975: e fu subito amore”
VERONA «Nel 1975, quasi cinquant’anni fa, sono entrato per la prima volta all’Arena di Verona provando la stessa emozione di gladiatori o artisti ai tempi degli antichi romani. Una felicità mista al timore perché in quegli anni il pubblico spesso contestava, entrava nei teatri auto riducendosi il biglietto, quando non faceva di peggio. Ricordo che quella volta prima di me, era una serata con molti artisti, cantò Charles Aznavour e fu fischiato. Si fiondò dietro le quinte arrabbiatissimo contro un pubblico imprecando in italiano. L’ansia mi divorava ma, una volta al pianoforte cantai Poster, tutti si zittirono e alla fine scoppiò un grande applauso. Da quel momento per me l’Arena è diventato un posto magico».
E oggi, quasi 50 anni dopo, la parola fine: otto concerti, dal 19 al 28 settembre, saranno gli ultimi in all’Arena per Claudio Baglioni che ha annunciato il ritiro dalle scene nel 2026 Ma prima del cantautore, a Verona è arrivato ieri l’architetto Baglioni per ricevere dai «colleghi» scaligeri il timbro ufficiale con cui è stato iscritto nell’elenco d’Onore dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, vent’anni dopo la laurea che ha preso nel 2004:
«Era una promessa fatta a mia madre – rivela –. Per anni quando le amiche le chiedevano cosa facessi per vivere rispondeva: il musicista. E loro: sì, ma di lavoro che fa? La laurea era un suo cruccio ma la passione per l’architettura l’ho sempre avuta».
Una passione che non è così lontana dalla musica come si potrebbe pensare:
«Ci sono molto punti in comune, la musica è architettura senza edificio perché prevede gli stessi passaggi. Molti termini si assomigliano, tra la strofa e il ritornello noi mettiamo un ponte. Da ragazzino pensavo che l’architetto fosse un supereroe che saliva sui tetti e lanciava dardi luminosi infuocati così la gente poteva vedere quanta bellezza c’è al mondo. Credo sia un mestiere sottovalutato». E poi spiega: «Io vengo da una periferia carina di Roma, Centocelle, ma le borgate spesso sono posti orrendi, e l’architetto sarebbe da formare in questo senso. Prima della finestrella, devi sistemare la vita, il parco dove giocano i bambini, i giardini, dove si svolgono i rapporti tra le persone».
Per la cerimonia da Roma è arrivato anche il sottosegretario della Cultura Gianmarco Mazzi.
«Sono senza parole e grato per questo premio – ha detto Claudio – ho preso tanti Telegatti ma un timbro mai. Le motivazioni hanno a che fare con il tour “Al centro” del 2018. Allora spostai il palco dell’Arena al centro dell’anfiteatro».
Fu il primo a farlo:
«Ho sempre avuto la sensazione che il posto subisse un tradimento perché dietro il palco vedevo le gradinate vuote, una grande sensazione di assenza e per questo mi è venuta una sorta di ossessione. L’idea di posizionare il palco al centro, una rivoluzione subito abbracciata dalla città e dai responsabili. Ripensare quello che sembrerebbe inamovibile».
L’architetto Baglioni risponde anche alle domande su altri luoghi sacri della cultura e del divertimento. Su San Siro dice:
«È un peccato se dovesse essere abbattuto, perché ad esempio per i concerti si presta bene. E mi sembra che già lavora molto». Poi parla anche della Scala, stavolta come artista: «Ho cantato in tutti i teatri lirici italiani, ma non alla Scala. Ma sono in grande compagnia perché, tolti Paolo Conte e Keith Jarrett, nessun altro ha cantato lì e forse anche giustamente. È un tempio sacro. La voglia c’è e l’ultima volta stavamo anche per chiederlo. Poi sono stato io a chiedere di non farlo. Viste anche le polemiche per il concerto di Paolo Conte, forse non vale la pena. Ma lo ammetto, la voglia c’è e sfido chiunque a dire no».
Chissà, forse la cosa si concretizzerà nel tour nei teatri che partirà il prossimo anno dopo l’uscita a dicembre di un album con degli inediti. Intanto, nell’immediato futuro ci sono i live all’Arena che al contrario della Scala consentono di osare e dove per allestire lo show Baglioni si è addirittura ispirato a Escher e alle sue scale impossibili. Claudio lo annuncia come
«uno spettacolo eccezionale con uno spazio teatrale permesso dallo studio sulla tridimensionalità. Il palco è sovradimensionato, molto sviluppato in larghezza e altezza. L’enorme gradinata su più piani permetterà lo spettacolo di 80 ballerini e performer ai quali si aggiungono 21 musicisti».
Il bello di tanti live di Baglioni è che danno l’opportunità di lavorare ed esprimersi a un esercito di artisti e tecnici: «Compreso me ci sono momenti in cui sul palco saremo 102. Vedrete una sorta di opera totale dove ho messo tutto quello che ho imparato in questi anni».
Le canzoni in scaletta saranno più o meno 40 tra le 350 scritte dall’esordio tra pezzi completi e accenni così che il pubblico possa godere di brani che sono ormai classici. E pensare che saranno gli ultimi a risuonare all’Arena non sembra vero, così il presidente dell’Ordine degli Architetti veronesi Matteo Faustini ci prova:
«Claudio, non è che prima del 2026 ci ripensi e torni a regalarci un altro spettacolo»?
Risposta:
«L’invito mi solluchera ma al momento credo di no. Anche se l’Arena è nel mio Dna»
La spiegazione è una lezione di Storia:
«Il padre di mia madre si chiamava Augusto, io mi chiamo Claudio, l’Arena è sulla via Augusta/Claudia ed è stata completata tra la fine dell’impero di Augusto e l’inizio di quello di Claudio. Direi che qui si spiega tutto».
LUCA DONDONI PER LA STAMPA
Grazie a Fabio per articolo e segnalazione
Un nuovo album a dicembre.Io spero che sia un album di nuove canzoni senza aggiungere canzoni gia’ sentite,se no che album nuovo sarebbe,chi vivra’ vedra’.Fan ’74.