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#StaseraAcasaDiLuca – Spingi il cuore su

Spingi il cuore su 

Libera riflessione sul Natale e sulle feste

Anni fa mi scagliavo con veemenza contro lo sfrenato consumismo del Natale, contrapponendolo al Natale “vero”, il Natale cristiano, quindi il Natale dell’essenza e non quello della sostanza. Ero innervosito e alterato dalle eccessive luci, dalla corsa all’acquisto e dall’interesse per tutte queste “cose materiali” che vedevo tanto lontane dall’essenza del Natale, dalla sua verità, ossia la nascita del figlio di Dio (io, cresciuto in una cultura cristiana e cattolica). Una sensazione ce l’avevo: ma esiste davvero qualcuno che, oggi (o meglio, dieci-quindici anni fa), riesce a vivere il Natale così, il Natale “spirituale”? Tutti quelli che lo predicano a gran voce riescono ad evitare regali, a non mangiare troppi panettoni o cioccolatini, a volersi davvero bene, a non cadere in frasi retoriche e altro ancora?

Con il passare degli anni ho maturato nuove idee e consapevolezze: ma davvero il Natale consumistico non è vero? Provo a riflettere. Il consumismo è una realtà della nostra società, che scandisce i ritmi di vita di ogni momento dell’anno. L’anno “vero” inizia a settembre, seguendo l’onda dell’inizio delle scuole e del post-vacanze estive: i negozi si riempiono all’improvviso di diari per la scuola, agende, astucci, cartellette, biro e molto altro, le città lentamente si ripopolano e ritorna il traffico nelle vie. Con ottobre, è subito Halloween: vetrine con streghe e zucche campeggiano ogni via delle nostre città; via Halloween, con novembre è già il tempo di Natale: ormai è una vera e propria moda iniziare a vendere i panettoni a inizio novembre, addirittura fare l’albero e il presepe (per chi ancora lo fa) ancora nel mese di novembre, ben prima che inizi sia l’avvento che il mese di Dicembre. Tutto questo, puntualmente, non riguarda solo il commercio, ma viene coerentemente condiviso sui Social. Finito il Natale, c’è una sorta di momento di pausa, forse perché serve riprendersi dopo due mesi di full immersion natalizia (alla fine, il Natale è la festa più “presente” e più “invasiva” ad ogni livello); certo, c’è anche da dire che il Natale è “allungato”: l’albero si toglie a metà gennaio, o a volte anche a fine gennaio, e non più all’Epifania come si faceva una volta. C’è qualche flebile sussulto del carnevale, qualche mascherina qua e là, qualche coriandolo, inframezzata da San Valentino, che riempie le vetrine (e non solo: anche i ristoranti, Amazon, i Social e le vie) di cuori e di sdolcinatezze varie. Niente in confronto alla Pasqua, certo, dove colombe, uova in generale colori primaverili prendono il sopravvento. In un attimo è maggio, ed è subito estate: compaiono costumi da bagno, occhiali da sole, sconti per minivestitini estivi e molto altro. L’estate, si sa, è il tempo delle vacanze, ed è un tempo “commerciale” già per sua natura: i Social si riempiono di foto di viaggi, ma anche di giornate al mare o in montagna (più che altri momenti dell’anno), i saldi ci spingono ad acquisti improbabili e non voluti e noi ci carichiamo per questo periodo, con la necessità di staccare dal resto dell’anno. Anche perché, in un attimo viene settembre, e si ricomincia da capo. Per quanto non ci piaccia tutto questo, questa è la realtà.

Ma questo “consumismo”, che ritma il nostro anno, siamo sicuri che non investa anche gli aspetti più strettamente religiosi delle feste (religiose)? Basterebbe fare un giro nei santuari mei giorni di ricorrenza per esempio delle apparizioni mariane, penso alla mia modesta chiesa di Santa Maria di Caravaggio, che nei giorni in cui si ricorda l’apparizione della Madonna (26 maggio) si veste a festa e compaiono miracolosamente banchetti con rosari, icone e immaginette (rigorosamente da vendere). Questa non è ovviamente una critica, ma una constatazione: il consumismo invade anche le feste religiose. E no, non è un peccato, è semplicemente il modo di vivere della nostra società. Perché la mia parrocchia, grazie a questi regalini a basso prezzo, indubbiamente guadagna, e si può permettere di fare lavori, sostenere i poveri, rinnovare gli ambienti, pagare gli affitti a chi non può permetterselo, e molto altro ancora. Questo vale, ovviamente, ed in maniera direi esponenziale, anche per la festa di Natale, toccando e coinvolgendo anche coloro che, oltre ai colori e ai regali, credono che dietro tutto questo ci sia, soprattutto e in primo luogo, la memoria della nascita del Figlio di Dio. Basti pensare, fra i tanti aspetti, al business sfrenato delle statuette del Presepe, agli alberi e alle luci di Natale che campeggiano dentro le case dei cristiani e dei cattolici, ai regali (utili e inutili) che anche i cristiani comprano, al ricorso a figure come Babbo Natale o gli Elfi che, prima ancora di essere figure “consumistiche”, sono figure profondamente culturali che hanno un significato piuttosto profondo all’interno della tradizione natalizia.

Sono quindi oggi dell’idea che non esista una contrapposizione fra il Natale cristiano e quello consumistico, anzi, credo fermamente che questi due aspetti del Natale si possano compenetrare l’un l’altro, e che possano convivere più o meno serenamente. Anzi. Il richiamo evangelico all’essenzialità (che nel Natale si manifesta più che in altri momenti grazie alla contestualizzazione della capanna di Betlemme, immagine per altro tanto cara all’inventore del presepe moderno, Francesco d’Assisi), può servire per vivere il consumismo natalizio nel modo meno sfrenato e più ragionato possibile (e, aggiungo, sarebbe salutare anche per i non cristiani: dopo due ore di centro commerciale in queste giornate, sfido chiunque ad affermare il contrario); per i cristiani invece il ricorso ai doni, ai regali, al cibo, alle luci possono essere occasioni privilegiate per festeggiare il proprio Gesù Cristo, ma anche per vivere una dimensione di comunione con i fratelli.

La differenza non la fanno le luci, babbo Natale, il cibo, i regali e il consumismo, ma la facciamo noi stessi.Siamo migliori se non cediamo al consumismo, ma manchiamo di rispetto ogni persona che incontriamo? Forse dovremmo “rassegnarci” al fatto che le feste oggi sono anche consumo: sta a noi cercare lo strato più profondo della festa, senza barricarci dietro l’etichetta del “siamo i migliori perché conosciamo il significato vero del Natale”.

Spingi il cuore su, diceva Claudio Baglioni nel 2012, traducendo un classicone natalizio. Ecco, spingiamo un po’ il cuore in su. Il resto, forse, sono parole di troppo (anche le mie).

Luca

Luca Bertoloni

Nato a Pavia nel 1987, professore di Lettere presso le scuole medie e superiori, maestro di scuola materna di musica e teatro e educatore presso gli oratori; svolge attività di ricerca scientifica in ambito linguistico, sociolinguistico, semiotico e mediologico; suona nel gruppo pop pavese Fuori Target, per cui scrive i brani e cura gli arrangiamenti, e coordina sempre a Pavia la compagnia teatrale amatoriale I Balabiut; è inoltre volontario presso l’oratorio Santa Maria di Caravaggio (Pv), dove svolge diverse attività che spaziano dal coro all’animazione.

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