Io non sono li – La recensione di Katia
“Io non sono lì” – Claudio Baglioni
Devo ammetterlo…
Al primo ascolto non ho colto l’intensità di questo nuovo pezzo (sigh!). Ho dato la colpa ad un mio calo di attenzione e soprattutto al disincanto che mi sta sopraffacendo, in questo periodo assurdo in cui pare che anche i sentimenti, ultimo baluardo di questa umanità sconfitta ed afflitta, ci possano venire strappati dal cuore da un momento all’altro.
In realtà, sotto c’è forse un motivo più “filosofico”: si, perché alla bellezza bisogna venire educati e la si deve assimilare un po’ alla volta, pena il rischio di restarne travolti.
E così, è successo nel mio caso. Devo dire che dopo innumerevoli, per non dire infiniti ascolti, ora sono totalmente ammaliata da questo brano dalle atmosfere morbide e raffinate, intriso di mistero e nostalgia.
Si, perché dietro l’apparente semplicità di Io non sono lì si cela un universo segreto, compresso in una sorta di big bang a ritroso. E l’implosione che si verifica nell’anima di chi ama da un’esistenza intera questo artista impeccabilmente virtuoso e dalle risorse sconfinate, non può che sfociare in lacrime di emozione e gratitudine.
Infatti, se andiamo a dipanare questo miracolo musicale e linguistico, ossimoro di sensazioni, che scivola giù come rigenerante acqua di fonte e riscalda il cuore come vino aromatico, ci rendiamo conto infatti che si tratta di una lucida sintesi della sua esistenza musicale.
Bignami dell’esistenza, arricchito però dalla consapevolezza dell’artista che è ancora una volta andato “oltre”, riuscendo a creare dal nulla un pezzo che sa di buono e di nuovo, senza rinnegare il suo passato musicale.
E lo ha fatto nel migliore dei modi, richiamando alla mente le immagini più suggestive dei suoi brani, per realizzarne un altro emblematico, un po’ come faceva Raffaello, quando astraeva dalla realtà i dettagli più incantevoli per ricreare la bellezza ideale nei suoi dipinti.
Ed è così che scorrono davanti ai nostri occhi le immagini di questa canzone, storie affrescate sulle pareti della vita che ci riportano alla mente le atmosfere nostalgiche di E tu come stai?, private però dello struggimento giovanile a cui si sostituisce una più pacata rassegnazione.
La costruzione del testo tramite delle immagini ben definite e legate alla vita quotidiana, ricorda molto bene, invece, Fotografie, anche se diverso è il linguaggio utilizzato: più allusivo in Fotografie e più concreto e viscerale in Io non sono lì.
Per quanto riguarda la decantazione del quotidiano, sembra essere più simile da questo punto di vista a Un po’ di più, dove i gesti abitudinari della donna amata e anche le sue peculiarità sembrano assurgere ad una “perfezione ideale” nella nostalgica evocazione del ricordo. Inoltre, la realtà quotidiana e i momenti privati di questa figura femminile vengono osservati un po’ come attraverso un buco della serratura, come avveniva letteralmente in Ragazza di campagna e con lo stesso tono complice e affettuoso.
Ed è così che, a mio avviso, molte altre immagini non sono poste lì per puro caso, ma per riagganciarsi a quelle di altre sue canzoni, come tasselli che uniscono passato e presente. C’è un’immagine, in particolare, quella della “maglia logora e bagnata” che non può non rammentare in un ascoltatore attento la “maglietta fina” di Questo piccolo grande amore. Come pure, “l’aurora” che “ci stupì” non può che parafrasare il “sole che ci sorprese addormentati” di Con tutto l’amore che posso.
E ancora, il “temporale che un’estate ci ammattì” rievoca abbastanza chiaramente “un cielo pesto e Dio se la mandava giù a dirotto” di Vivi, nello splendido parallelismo che accosta le intemperanze di un acquazzone al furore della passione amorosa. Come anche “i desideri e i giuramenti che il mondo non udì” potrebbero essere una versione più composta de “gli occhi allarmi a bestemmiarci io ti amo”, sempre in Vivi.
Dulcis in fundo, il passaggio “se tu mangi poco e non ti trovi dimagrita”, potrebbe rievocare vagamente il “mangia un po’ di più che sei tutt’ossa” di Solo, anche se magari con una accezione diversa, visto che quest’ultima espressione era una sorta di benevolo “abbi cura di te”, mentre in Io non sono lì vuole più che altro mettere in evidenza una certa ossessione per la forma fisica della donna amata.
La costruzione del testo delle strofe tramite proposizioni interrogative (“chi lo sa se…”) ricorda molto quella di Chissà se mi pensi (“chissà se…”), Mille giorni di te e di me (“chi ci sarà?”, “chi mi vorrà?”) e, perché no, anche quella di E tu come stai?, con i celeberrimi ritornelli gridati che consistono in una serie interminabile di domande (“tu come vivi?, come ti trovi?, chi viene a prenderti?, chi ti apre lo sportello?, chi segue ogni tuo passo?, chi ti telefona e ti domanda adesso tu come stai?” ecc…).
Inoltre, nel passaggio “a ridere di chi?” è riscontrabile, a mio avviso, una citazione, anche musicale, di Mille giorni di te e di me (una frazione di secondo in cui pare davvero che stia per partire il “chi ci sarà dopo di te?”), incastonata come una gemma negli alveoli di questo nuovo brano. Non solo: il “bacio eterno” del ritornello potrebbe essere un rimando a “quell’attimo di eterno che non c’è” di Mille giorni.
Molto suggestivo è il riferimento al ciclo delle stagioni intese come ciclo di vita/morte dei sentimenti e della storia d’amore narrata, contenuto nel ritornello. Si tratta di un tema che ricorreva già vagamente anche in E tu, con l’accostamento della nascita di un amore all’estate, e che veniva svolto molto più dettagliatamente in Fotografie (con l’inizio della storia in primavera e la fine in inverno) e di nuovo accennato in Niente più, in cui i fenomeni atmosferici vengono utilizzati in senso metaforico per esprimere l’importanza di un amore indescrivibilmente unico (“E ho visto nubi andare altrove/E tu sei il cielo che è restato/La luce che piange negli occhi quando piove con il sole/Tu sei la neve che ha imbiancato i giorni grigi di una storia/La primavera che ha svegliato/Il tuo profumo che ho in memoria”).
Interessante è la contraddizione intrinseca che si va creare nel testo tra il concetto di presenza e quello di assenza. Il contrasto sembra apparentemente risolversi con la sovrapposizione dell’assenza fisica alla presenza spirituale, instillando tuttavia un voluto senso di smarrimento e di mistero in chi ascolta il brano. Non è la prima volta che Claudio basa una sua opera su un parallelismo tra due concetti opposti: ne è un esempio celeberrimo quello tra sogno e realtà che pervade l’album La vita è adesso, che come sottotitolo ha proprio Il sogno è sempre. Non solo, perché il parallelismo tra passato e presente, tra immaginazione e realtà che caratterizza Io non sono lì, era già la colonna portante dell’album Oltre, concetto poi ribadito dal confronto con il secondo album della trilogia del tempo Io sono qui.
È interessante notare, a questo punto, come il titolo Io non sono lì, si vada a contrapporre a Io sono qui, riproponendo ancora una volta la sfida passato vs presente. Se, infatti, il brano Io sono qui e l’album omonimo rappresentavano uno sguardo al presente e al mondo contemporaneo, Io non sono lì rappresenta invece quello sguardo al passato, intriso di nostalgia per un amore che rappresenta uno spartiacque tra due tempi dell’esistenza.
Messa su questo piano, Io non sono lì potrebbe porsi come punto di arrivo di una ipotetica trilogia iniziata da E tu come stai? e proseguita da Mille giorni di te e di me, in cui il tema della separazione e della lontananza viene riproposto e vissuto in momenti temporalmente diversi della vita.
Infine, il passaggio “se è meglio esserci o non esserci” non può che riportare alla mente il celebre monologo dell’Amleto di Shakespeare che iniziava proprio con “Essere o non essere, questo è il problema”.
A mio avviso, questa citazione non è casuale e, come spesso accadeva in Oltre, il pezzo potrebbe acquistare per questo una valenza semantica molto più ampia, in quanto andrebbe a ricollegarsi con uno dei temi più emblematici della cultura occidentale. Ho come l’impressione che questo testo, oltre al significato letterale della nostalgia d’amore filtrata attraverso la realtà quotidiana della donna amata, possa avere una seconda chiave di lettura di tipo esistenziale. Avendo Claudio scritto questo pezzo in età matura, si sarà sicuramente sentito in dovere di fare dei bilanci o meglio ancora, di porsi delle domande sul suo ruolo di artista nel mondo contemporaneo musicale. Un mondo musicale completamente mutato, in cui dominano generi totalmente inconsueti e -lasciatemelo dire -, spesso anche di dubbia qualità artistica.
È come se volesse chiedere, nascondendo però la sua domanda tra le righe di una canzone d’amore: “Vale ancora la pena fare musica di alto livello, con testi complessi e interpretazioni di qualità, rischiando poi di non essere apprezzati, di non essere compresi da una moltitudine che vuole tutto e subito e si accontenta di contenuti semplici e banali?”. Io non so se è davvero un’ipotesi pertinente, la mia, o più una proiezione del mio pensiero, ma una cosa la so di certo: la presenza di un artista del calibro di Claudio Baglioni è davvero indispensabile nel nostro panorama musicale e serve per ricordarci che la musica di alto livello non è mai tramontata, ma che purtroppo è calato il numero di persone capaci di cogliere tale grandezza e complessità. Per cui la mia risposta è “assolutamente, si”!
Grazie, Claudio, per non aver mai abbassato il livello delle tue creazioni ed esserti messo sempre in gioco per stupirci!
Nell’attesa spasmodica del nuovo album, non ci resta che goderci questo nuovo, incantevole pezzo.
Katia Picano
Ma!!!sinceramente del grande Baglioni credo che ci sia rimasto ben poco… solo un vecchio ricordo, lontanissimi i capolavori come oltre o la vita e adesso ,niente di eclatante per un artista del suo calibro, un album passato sotto traccia (come il penultimo del resto),amato solo dai fans club e dai nostalgici dei 40 in su,non un brano che brilla di più,tutti identici a se stessi,ricalcature melodiche di capolavori passati irripetibili che oggi sembrano un utopia di un Baglioni stanco e assopito nella sua stessa arte ….preferisco rimanere nel periodo da oltre a viaggiatore sulla coda del tempo,quando Baglioni era Baglioni e non la brutta copia di se stesso.
Caro Dario io ti inviterei a vedere il programma Radio Italia tv del 4-6-2013. Fan ’74.