ResocontiStasera a casa di Luca

Ripartire con Claudio Baglioni dopo tre anni

Di assenze e persistenze: ripartire con Claudio dopo tre anni

Mi appresto finalmente, stasera a Cremona, a rivedere Claudio dopo tre anni. Finalmente, dopo ben due rinvii: il primo rinvio per Covid, di Claudio, e il secondo rinvio per influenza, sempre di Claudio.

Ovviamente, due rinvii che seguono direttamente gli altri due rinvii per la pandemia della prima data dell’ex tour Dodici note (ora Tutti su) che ho acquistato nel lontano ottobre 2019, non molto tempo dopo l’ultima volta che avevo visto Claudio, nell’aprile dello stesso anno, per la reprise milanese di Al Centro. È stata, quella di Claudio, un’assenza fisica molto forte, colmata per fortuna da una presenza mediale che si è fatta particolarmente intensa grazie alla produzione e alla pubblicazione di In questa storia, che è la mia, e grazie ai tanti – forse troppi – filmati di Dodici note Solo: dal profilo Facebook, grazie ad amici, sono infatti riuscito addirittura a vedere addirittura tutto il concerto, praticamente in diretta – sono abbastanza sicuro che Claudio mi sgriderebbe, viste le tante tirate d’orecchie fatte ai fans e alla loro smania di ripresa e di condivisione (tranquillo Claudio, ti vengo a vedere ancora, lo stesso).

Un’assenza dunque colmata, seppur parzialmente, dal corpo mediale di Baglioni, ma sempre di assenza si parla: assenza di un incontro a tu per tu, fisico, che passa attraverso la sua voce non mediata (o mediata solo da un microfono e dagli altoparlanti); assenza di un incontro a tu per tu, fisico, che passa dal suo viso affaticato; assenza di due parole scambiate post-concerto, insieme al delirio di altri fan che lo vogliono incontrare per un autografo, una foto o anche solo per un saluto; assenza dell’esperienza del concerto, reale e vissuta: agitarsi la notte prima, prepararsi, vestirsi, muoversi verso la località, mangiare, bere, sedersi sulla poltroncina, e poi tac, inizia l’incanto. Ecco, tutto questo è mancato.

Un’assenza che si è fatta ancora più significativa, se penso che non hoin pratica assistito a nessun altro concerto in questi anni, a parte qualche rara eccezzione, purtroppo sempre molto lontana nel tempo: Vecchioni nel castello di Pavia, nel luglio 2019; Notre Dame de Paris all’Arena di Verona nell’ottobre 2019, con fresco il ricordo dell’anno prima con Al Centro, e I fio dlanebia, un gruppo dialettale locale, nel settembre 2021. Nel mezzo, il nulla più totale di eventi musicali.

Tre anni sono tanti – e li conto dall’aprile 2019. In tre anni si cambia: «sembra tutto cambiato, son cambiato io» direbbe Claudio stesso. La mia vita in tre anni si è totalmente rivoluzionata: tre anni fa non avevo ancora conseguito la laurea che mi avrebbe permesso di insegnare; non mi ero neanche mai seduto dietro una cattedra, e non avevo mai scritto un saggio scientifico e universitario: anzi, dovevo studiare per gli ultimi tre esami, e preparare la tesi (tre anni fa mi ero incagliato proprio sull’analisi del film Questo piccolo grande amore). Tre anni fa non avevo ancora una casa, e scrivevo per il (bellissimo) giornalino dell’Università. Claudio era il mio “tutto”: orientavo su di lui giornate intere o nottate, nonché weekend. Con dei limiti, certo: ricordo quando non potei andare ad un Raduno, mi sembra fosse il 2017 o il 2018, perché avevo un saggio di una delle scuole in cui lavoravo come maestro di musica. Però, dove potevo, andavo: così sono riuscito a portare a Claudio la mia tesi di laurea triennale in stazione centrale, a partecipare alla coreografia di Al Centro organizzata da Tony e da Doremifasol, e soprattutto riuscivo ad essere attivo tantissimo sui Social, nei gruppi, nel mio profilo. Dicevo sempre la mia, su Claudio. Appena avevo un momento, era per Claudio (e anche per tanti amici).

In tre anni tutto è cambiato: in un attimo mi sono trovato immerso «in un’altra vita» (cit.), bellissima, ma in cui avrei dovuto accettare che non avrei più potuto prendere ed andare “da Claudio”, fisicamente o metaforicamente, ogni volta che avrei voluto. Così, mi trovo ora costretto a vendere quei biglietti per Tutti su, acquistati nel 2019, perché ora faccio altri conti, economici e di tempo, ed andare a Roma in mezza giornata da Pavia non riesce proprio a rientrarci (perché lavoro il giorno stesso, e pure il giorno dopo, ed il costo del treno non è proprio una bazzecola, soprattutto quando si hanno obiettivi diversi).

Una cosa, tuttavia, in questi tre anni non è mai mancata: Claudio e la mia passione per lui. «Le cose cambiano per vivere, e vivono per cambiare» mi ripete sempre Arianna, la mia compagna, e ha ragione più che mai: sono io che faccio fatica ad accettarlo, forse perché vorrei vivere in un eterno presente certi momenti in loop, pur sapendo che non è possibile. La passione per Claudio, tuttavia, è rimasta, è persistita. Ecco: assenza e persistenze: così sono stati questi tre anni.

È rimasta nelle notti insonni prima dell’uscita del nuovo album; è rimasta in tutte le sue dirette televisive, per le quali non ci doveva essere nessuno in casa, perché dovevo vederle – mi ricordo quando i poveri Letizia e Stefano, due nostri carissimi amici, si sono dovuti sorbire Claudio a Che tempo che fa nel dicembre 2021, mentre cantava Uomo di varie età, perché, anche se avevo ospiti, non potevo sentirla in differita; è rimasta in tutte le sere, tra cui ieri, in cui, dopo cena, mi metto al pianoforte, finalmente arrivato nella mia nuova casa, e attacco le note di Avrai, di Amore bello, di Amori in corso, di Le vie dei colori o di Mal d’amore, e via dicendo. È rimasta nella magia dell’attesa, che ora spero di provare senza una nuova disillusione.

Il baglioniano, direbbe qualcuno, non cambia, resta sempre lo stesso inside: folle e totalizzante. Beh, io sono sempre stato un baglioniano atipico: qualche anno fa mi definivo “ragazzo delle ultime file”; ora che ragazzo non sono più da tempo (visti i trentaquattro anni suonati), non saprei bene come definirmi, anche perché il cambiamento è sempre qui, dietro l’angolo, e ho tanti traguardi che sto cercando di raggiungere.

Ma lui, Claudio, c’è. Con me. E non vedo l’ora di rivederlo finalmente domani sera. E magari pure a luglio, a Verona. Non penso che aspetterò tutta la notte per poterlo vedere, e non potrò neanche fare altre follie, ma non ne sono pentito. Sono sicuro che, con me, è cambiato anche lui, e se potesse parlarmi, mi direbbe – col suo inconfondibile accento romano –: “Luca, hai fatto bene”.

Che Claudio possa colmare anche le vostre assenze con le sue persistenze, proprio come ha fatto con me.

E, per chi ci sarà, ci vediamo a Cremona. Lì sembrerà che il tempo non si sia mai fermato, e soprattutto, «che il tempo non ci ha sconosciuto», con tutti i visi e i volti che in 13 anni di militanza baglioniana porto con me: visi e volti di gratitudine, perché, anche io, «questa vita l’ho avuta già».

Luca Bertoloni

Luca Bertoloni

Nato a Pavia nel 1987, professore di Lettere presso le scuole medie e superiori, maestro di scuola materna di musica e teatro e educatore presso gli oratori; svolge attività di ricerca scientifica in ambito linguistico, sociolinguistico, semiotico e mediologico; suona nel gruppo pop pavese Fuori Target, per cui scrive i brani e cura gli arrangiamenti, e coordina sempre a Pavia la compagnia teatrale amatoriale I Balabiut; è inoltre volontario presso l’oratorio Santa Maria di Caravaggio (Pv), dove svolge diverse attività che spaziano dal coro all’animazione.

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