Claudio Baglioni «Il rap e la trap si dimenticheranno presto»
«Il rap e la trap di oggi si dimenticheranno presto»
Il cantautore alla vigilia dei suoi ultimi otto concerti all’Arena di Verona.
«Sanremo? Uno spettacolo tv»
Baglioni, le hanno mai proposto di girare un film?
«In realtà ho partecipato a un film, si intitolava Ipotesi sulla scomparsa di un fisico atomico, sul caso Majorana».
Com’è andata?
«Mi fecero un provino, capirono che non ero granché e quindi recitai solo la particina di un hippie che cantava una canzone. Però poi mi proposero un film con Lucio Battisti, una specie di Romanzo Criminale in due, non so chi dei due moriva prima. Ma non si è fatto nulla».
Tutto qui?
«A pensarci bene mi contattarono anche per un film che si intitolava Supersex, una sorta di fantascienza hard».
Ha avuto la tentazione di accettare?
«Naturalmente ho detto no».
Altro che attore, Claudio Baglioni è soddisfattissimo, ha unsorriso che fa luce qui nella sede dell’Ordine degli Architetti di Verona dove ha ricevuto l’iscrizione d’onore all’ordine degli Architetti di Verona per il legame con l’Arena, dove nel 2018 portò per la prima volta il palco al centro e dove, dal 19 al 28 settembre, terrà gli ultimi concerti della carriera nell’anfiteatro dove debuttò quasi mezzo secolo fa. Si intitolano A Tuttocuore plus ultra, sul palco portano 101 persone tra musicisti, ballerini e attori
«oltre a me che sono il 102esimo per evitare battute sulla Carica dei 101»,
e saranno un (altro) metaforico schiaffo a chi ha trasformato i concerti in una gelida parata di autotune e tecnologia da videogioco.
A proposito, com’è la musica che sente intorno in questo periodo?
«Beh quelli che capiscono meno le tendenze siamo proprio noi artisti. Ma ho il timore che poco di quello che si ascolta oggi resterà in futuro. Potrà interessare il momento attuale, ma non avrà la capacità di diventare un classico. Molto del rap e anche del trap non resterà, perché è legato veramente ad un momento particolare, e la vita cambia continuamente».
Tranchant.
«Lo dico anche con dispiacere, perché si perderà la memoria di un momento, si creeranno dei buchi storici e onestamente mi dispiace».
Lei ha avviato la «rivoluzione» di Sanremo che poi è proseguita con Amadeus.
«Già non volevo fare il primo, poi ho fatto pure il secondo. Il Festival di Sanremo è una “super trasmissione tv” che deve essere preparato da chi fa tv».
I concerti all’Arena sono un altro capitolo del «giro d’onore» della sua carriera, gli ultimi mille giorni del Baglioni sul palco.
«Ho cantato in tutti i teatri lirici italiani, tranne che alla Scala».
Ce la farà?
«La voglia di cantare alla Scala c’è. L’ultima volta stavo per chiederlo ma poi ho capito che, come è accaduto intorno all’esibizione di Paolo Conte, le polemiche sarebbero diventate grandi e, alla fine, il gioco non vale la candela».
Potrebbe portare questo concerto negli stadi?
«Non è fatto per gli stadi, anche se negli stadi ho suonato per decenni. Credo che il tour di Dalla e De Gregori con Banana Republic e i miei concerti negli stadi a supporto del disco Alè-oó siano stati utili a superare l’ostracismo verso la musica. Da allora tanto è cambiato».
Milan e Inter non vogliono ristrutturare San Siro.
«Mi dispiacerebbe che fosse abbandonato, per i concerti è un bel luogo».
Dà l’addio all’Arena di Verona. E cosa farà per dare l’addio a Roma? Un concerto al Colosseo? Al Circo Massimo?
«No, il Circo Massimo non mi rappresenta».
Allora non le resta che incidere un nuovo disco.
«Beh questa estate ho composto qualcosa. Diciamo che nel corso del tempo ho accumulato cinque o seimila microcanzoni di 20/30 secondi che, visti i tempi, andrebbero anche bene come durata… Ma non so che cosa accadrà».
A 73 anni chi è Claudio Baglioni?
«Sono sempre un “canzonettaro”. Ma la canzone popolare discende comunque dal melodramma».
Dal 2004 è anche architetto.
«La mia è una laurea vera e non telematica ed è stata voluta da mia madre perché voleva che suo figlio facesse un mestiere “vero” (sorride – ndr). Però l’architetto è una sorta di capo archi e, tra musica e architettura, ci sono molti punti in comune».
Ad esempio?
«La musica è architettura senza edificio perché prevede gli stessi passaggi. Molti termini infatti si assomigliano, tra la strofa e il ritornello noi mettiamo un “ponte”. Da ragazzino pensavo che l’architetto fosse un supereroe che saliva sui tetti».
E ora?
«Credo sia un mestiere sottovalutato».
Ci sono gli archistar.
«Ma non sono impiegati per risistemare le città, sono più che altro impegnati a fare opere che diventano “exploit” ma non sono strutturali».
Magari potrebbe fare l’assessore all’urbanistica in qualche metropoli.
«Non mi sembra proprio il caso».
Allora non rimane che concludere questo «giro d’onore».
«E io ho già in mente alcuni eventi per il 2025 e il 2026. Mica finisce qui, ho messo solo dei confini al mio percorso».
Grazie a Fabio per articolo e segnalazione