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Santa musica leggera, perché domani sia migliore

Come si fa a morire per un concerto a quindici anni?

È questo l’interrogativo che molti di noi, in tutta Italia, si sono posti dopo quanto successo al concerto di Sfera Ebbasta. La notizia ha toccato in particolare tutti noi, fan di un artista musicale (nel nostro caso Claudio). Si sono avvicendate osservazioni di ogni tipo su questa che è a tutti gli effetti una tragedia, amplificata purtroppo da quanto successo pochissimi giorni dopo in una scuola di Pavia (tra l’altro, proprio l’istituto tecnico confinante con la mia vecchia scuola superiore, il liceo Copernico – Io sono ovviamente di Pavia). Tra le tante osservazioni e i tantissimi post, ce n’è uno che mi ha colpito più di tutti su Facebook: la condivisione del testo “Hey tipa” di Sfera, il quale sarebbe imputato (uno tra i tanti) di quel degrado musicale e soprattutto sociale/culturale che starebbe secondo alcuni alla base di azioni folli e delinquenziali come lo spruzzare uno spray al peperoncino in un luogo pubblico.

La relazione tra la musica e i giovani è (quasi) da sempre una relazione viscerale, maniacale e molto intensa. Dagli anni Sessanta, quando è nata la stessa categoria dei “giovani” (mentre precedentemente si parlava prima di bambini, e poi tutto d’un tratto di adulti), è subito nata questa relazione intrinseca con l’ambiente musicale, considerato dai nuovi giovani un qualcosa di profondamente identitario e di identificatorio. Noi fan di Claudio lo sappiamo benissimo. Avrete sicuramente anche voi tantissimi episodi da raccontare a tal proposito: io posso raccontarvi l’ultimo che mi è capitato in ordine cronologico.

Qualche giorno fa ho incontrato Nanni Moretti, a Pavia per presentare il suo ultimo film, Santiago; in quell’occasione gli ho fatto autografare il frontespizio della mia tesi di laurea magistrale (tra Storia del cinema italiano e Semiotica delle arti) dal titolo Nel segno del film, nel segno della canzone: la situazione italiana. I casi di Nanni Moretti e Claudio Baglioni (ve ne parlerò in un altro momento); non vi dico in quanti hanno visto il frontespizio, e sono inorriditi di fronte all’accostamento per loro «blasfemo» tra la profondità dell’artista-Moretti e l’inconsistenza del canzonettaro Baglioni, senza per altro capire le ragioni del mio accostamento (che poi, non è neanche un vero accostamento: anche questo ve lo spiegherò più avanti).

Morale di questo aneddoto?

I giovani degli anni Settanta (e anche quelli delle generazioni successive) sono coloro che hanno creato questo divario tra la cultura di sinistra (a cui si può ascrivere Moretti, e musicalmente parlando i vari De Andrè, Guccini o Vecchioni) o più genericamente “impegnata”, contro quella di destra oppure disimpegnata (su tutti Battisti e Baglioni): chi si sentiva parte di uno dei due gruppi, non poteva far parte dell’altro, con una strategia di etichettamento che ha invaso da subito anche gli artisti, e che è viva e vegeta, come il mio esempio ha dimostrato, ancora oggi a tantissimi anni di distanza.

La musica per i giovani è importante, anzi, è fondamentale nel creare un tipo di processo identitario e identificativo.

Ma torniamo al nostro Sfera Ebbasta, attaccato e criticato per i contenuti dei suoi testi, in particolare per “Hey Baby”. Che valori incarna questo testo? “Schifo”, così è stato bollato da tanti.

Personalmente, non posso che sottoscrivere un giudizio del genere, ma vorrei aggiungere una riflessione. Essendo così importante la musica per i giovani, credo sia fondamentale capire il perché ascoltino un determinato tipo di musica; questa riflessione per poter essere realizzata deve passare necessariamente da un ASCOLTO delle loro voci e delle loro ragioni, che deve precedere qualunque tipo di giudizio o di condanna. Una censura contro Sfera Ebbasata non credo possa aver senso, neanche in nome del buon senso, anche perché la notorietà che ha raggiunto l’artista è talmente vasta che è necessario chiedersene profondamente il perché; inoltre, proseguendo nella riflessione, Sfera non è soltanto la classica icona che viene data in pasto ai giovani (come non lo erano neanche i rockettari e i cantautori classici degli anni Settanta), ma è comunque un artista che mette in musica e parole (questo sono la trap, anche se non è la canzone d’autore) un proprio disagio e alcune vicende personali. Certo, il background culturale è decisamente diverso da quello dei cantautori: non credo che Sfera legga Dostoevskij, Thomas Eliot o Pasolini, come tanti intellettuali e cantautori degli anni Settanta avevano come prassi, ma sono pronto ad essere smentito nel caso scoprissi il contrario. Che poi, parliamoci chiaro: anche i cantautori “impegnati” erano icone. De André è diventato DA SUBITO un’icona, diversa da Claudio, ma sempre di icona si può parlare. Per non parlare di Guccini o dei Nomadi, o soprattutto il De André post mortem. Le trasformazioni ad icona non riguardano solo Bruce Springsteen o Vasco Rossi, ma riguardano TUTTO ciò che viene sottoposto al pubblico, ai suoi gusti e a processi e forme di riconoscimento e identificazione. Insomma, il problema di Sfera Ebbasta non è che è un’icona!

Al massimo possono esserlo i contenuti dei suoi testi, i messaggi che veicola. Ma d’altronde, sono contenuti figli di una generazione, i 25 enni circa di oggi, che hanno paura del domani, che vivono disagi a vario livello e che non hanno alcuna certezza neanche sul piano relazionale e sociale. È questa la ragione per cui Sfera OGGI funziona così tanto, e funziona il suo messaggio del “fai da te contro tutto e contro tutti”: un contesto dove la povertà culturale, sociale e relazionale dilaga (anche se tantissimi giovani potrebbero testimoniare il contrario, compreso tantissimi giovani che ascoltano Sfera).

Allora, che senso ha attaccarlo?

Non è meglio ragionare insieme a chi lo ascolta sui contenuti dei suoi testi?

Ovviamente mi riferisco in particolare a chi ha un ruolo educativo: genitori, educatori, insegnanti. Nell’oratorio dove lavoro mi è capitato quest’estate di tenere un laboratorio sui testi di Sfera Ebbasta con i ragazzi delle medie, senza demonizzare il loro idolo, ma cercando insieme a loro di sviscerare il messaggio di fondo dei suoi testi. Ho scoperto innanzitutto che NON Tutti i testi sono così negativi (anche se ce ne sono parecchi che lo sono), ma soprattutto ho scoperto che i ragazzi non ascoltano neanche le parole, un po’ come fanno con le canzoni in inglese. Con la differenza che l’inglese si può non capire, mentre l’italiano si capisce, si capisce eccome.

Il lavoro da fare, dopo l’ascolto dei giovani e delle loro ragioni, è l’educazione: un vero e proprio alfabetismo musicale (o meglio dire musicale-testuale). Il rischio è che i ragazzi crescano SOLO ascoltando Sfera Ebbasta. E, ripeto, intendiamoci: il problema non credo sia l’ascolto di un cantate iconico, né l’ascolto di qualcuno che incarna valori negativi, anche perché in passato quanti artisti hanno incarnato valori considerati da alcuni “negativi”, e non hanno “fatto danni”? De André pubblicizzava un anarchico che buttava una bomba nei palazzi del potere… diciamo che non era poi così positivo (anche se lo spessore culturale rispetto a “Hey tipa” non è neanche lontanamente accostabile). L’analfabetismo musicale è un grosso pericolo oggi, e se si ascolta solo un genere musicale di questo tipo, è anche dietro l’angolo: l’analfabetismo musicale porta all’analfabetismo culturale, visto che la musica è tra i prodotti culturali quello più diffuso oggi, e che più incarna una determinata idea di cultura pop (forse soltanto insieme ad un certo tipo di cinema). Dunque, che i giovani ascoltino pure Sfera Ebbasta, ma NON SOLO LUI, e che soprattutto sappiano riconoscerne i contenuti dei testi, differenziandoli rispetto ad altri e riconoscendo e distinguendo i valori in cui vale la pena riconoscersi e che sono da valutare come positivi, da altri invece che sarebbe meglio evitare. In poche parole: che imparino a ragionare con la propria testa, e non seguire la massa come dei pecoroni.

Il nostro Claudio Baglioni credo sappia tutte queste cose che ho messo ora in fila. Credo che dietro la scelta dello speciale “Sanremo Giovani”, che accompagnerà le serate pre-natalizie del 20 e del 21 dicembre, non ci sia soltanto un’esigenza commerciale, ma soprattutto un’idea di far lavorare i giovani sulla musica e sulla cultura musicale con un approccio non solo da talent show (quasi dal “si salvi chi può”), ma con un approccio il più possibile culturale.

Le sue parole di presentazione al Festival Giovani sono piuttosto eloquenti in questo senso.

Quando feci il mio primo provino, il Direttore Artistico della casa discografica scrisse di suo pugno sul foglio che riportava l’esito di quel provino: “Tanto questo non combinerà mai niente”. Visto come sono andate le cose a me, direi che l’augurio migliore che posso fare ai 24 concorrenti – ma anche a tutti gli altri giovani che non sono stati scelti – è che scrivano di loro oggi ciò che scrissero di me allora. Non tutti i direttori artistici ci prendono. E anche quelli che ci prendono, non ci prendono sempre. Quindi spero che i 24 facciano davvero un bel percorso, ma anche gli altri – che non parteciperanno a questo Sanremo – abbiano presto l’occasione di dimostrare ciò che valgano e possano ottenere il successo che meritano.

Un Festival PER i giovani, DEI giovani e CON i giovani, con la musica al centro. I brani sono stati scelti (non ho ancora avuto il tempo di ascoltarli, ma lo farò a breve), e settimana prossima è già la settimana del Sanremo Giovani: dopo gli eventi di Ancona, questo Sanremo Giovani è un’occasione eccezionale per parlare di MUSICA. Questa musica leggera che è così “santa” che ne hanno bisogno tutti, i vecchi come i giovani: non se ne può fare a meno. Questa musica che, come è risuonato in tantissimi luoghi in questi giorni, deve lasciare “senza voce e non senza vita”, ma a lasciare senza vita è stato il consumo alcolico di sostanze a minorenni, la vendita di troppi biglietti rispetto alla massima capienza del luogo, ed in generale un’idea di sballo totale e continuato che non permette soltanto una fuga dalla realtà, ma crea una dimensione parallela in cui tutto è lecito e tutto può succedere (anche spruzzare uno spray al peperoncino e seminare il panico). Non è la musica che ha lasciato senza vita in questo caso, per quanto la musica sia discutibile. Ma i giovani vanno educati alla musica, perché la musica leggera è importante, non sono solo canzonette.

È importante perché grazie alla musica i giovani possono immaginarsi un futuro migliore, e dopo averlo immaginato possono anche crearlo. Una musica leggera, perché il domani sia migliore. È quello che auguro a Claudio e a tutto lo Staff del Sanremo Giovani, ma che soprattutto auguro a tutti i giovani che si mettono a fare musica, o che in generale parteciperanno a serate musicali o a concerti. Una musica leggera, perché il domani DEVE essere migliore di oggi.

Luca

Luca Bertoloni

Nato a Pavia nel 1987, professore di Lettere presso le scuole medie e superiori, maestro di scuola materna di musica e teatro e educatore presso gli oratori; svolge attività di ricerca scientifica in ambito linguistico, sociolinguistico, semiotico e mediologico; suona nel gruppo pop pavese Fuori Target, per cui scrive i brani e cura gli arrangiamenti, e coordina sempre a Pavia la compagnia teatrale amatoriale I Balabiut; è inoltre volontario presso l’oratorio Santa Maria di Caravaggio (Pv), dove svolge diverse attività che spaziano dal coro all’animazione.

5 Commenti

  1. bravo luca mi piace molto quello che scrivi io credo che questi ragazzini di oggi abbiano un modello di vita molto sbagliato ho visto quello che è successo nella discoteca e sono rimasto sconcertato noi abbiamo scelto claudio che parla dei buoni sentimenti ma in maniera interessante facendo un tipo di musica che segue una tendenza non è necessario fare cose sbagliate come hanno fatto i ragazzini della discoteca per poi rovinarsi si può anche fare un tipo di musica buona senza autolesionarsi grazie a claudio e a tutti gli amici che l’ho seguono come me.

  2. Qualcuno che ragiona e cerca di capire! Sempre più raro in una società di urlatori seriali, sgrammaticati, volgari, superficiali. Con l’ansia di cercare insieme un colpevole a tutti i costi. E mai a guardarsi dentro.
    Bravo, Luca.

  3. Caro Luca, scrivi bene e sono d’accordo con la quasi totalità delle tue teorie che anch’io ho spesso portato avanti in varie occasioni e anche in un mio libro. Però… scrivi troppo! Non tanto per me (che leggo molto volentieri), ma perché se si vuole arrivare a quel confronto che auspichi con i più giovani occorre anche adeguarsi ai loro codici. Sfera Ebbasta parla (e non è vero che i giovani non diano importanza a quello che dice) di nuove regole nelle relazioni sentimentali/sessuali fra di loro. Ritengono che quelle che hanno fatto crescere la tua e ancor più la mia generazione (io sono del 1967), magistralmente riassunte dal fulminante verso “io vorrei… cioè” siano eccessivamente imbalsamate e non più adeguate a tempi in cui i ragazzini si scambiano parole, promesse, corpi, anime e liquidi secondo un’altra sensibilità, un altro galateo, un’altra morale (essendosi praticamente polverizzate sia quella cattolica, sia quella ultrafemminista, sia ogni altra tipica del Novecento). E’ una situazione che si riconduce proprio alle inquietudini verso il futuro che descrivevi e che lasciano i ragazzini in balia di una ricerca di “godimento” a breve o brevissimo termine, privo di costruzione, di struttura e di “domani”. Sfera Ebbasta è fra i più bravi e i più spregiudicati ad interpretarla e perseguitare lui è del tutto inutile, perché i ragazzi cercheranno qualcos’altro di simile o andranno a cercare lui stesso di nascosto, come si faceva una volta con i testi di artisti maledetti o censurati, che però parlavano di noi e della vita più e meglio degli altri.
    Complimenti per i tuoi testi e per la tua ricerca su Moretti-Baglioni della quale mi piacerebbe sapere di più

    1. Ciao Marco, ti ringrazio molto per il commento, molto ricco e che condivido molto!
      Sulla lunghezza dei miei articoli, hai ragione. Credo che tu mi segua sempre, per cui sai che a volte scrivo poco, a volte (spesso direi) scrivo molto. Certamente quando mi rivolgo ai ragazzi, non uso questi linguaggi e neanche questa lunghezza: ti posso mandare se sei interessato il laboratorio che ho fatto quest’estate con i ragazzi delle medie del centro estivo, un piccolissimo tentativo per cercare di intercettare il loro linguaggio e metterli davanti a riflessioni su questo tempo che cambia, su questa inquietudine particolare del nostro tempo e della nostra società. Sono d’accordo che la censura non serve a nulla, mentre la riflessione può sempre aiutare.
      Per la tesi, arriverà il momento in cui la condividerò con tutti voi.

      Luca

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