In evidenzaStasera a casa di Luca

Perché ho provato a spiegare “La vita è adesso“ in classe

Può capitare che nella vita arrivi quel giorno che attendi da sempre, ma non ti senti pronto: non lo sei, e forse non lo sarai mai. Così è capitato a me, quando sono stato chiamato per la primissima supplenza in una scuola superiore nella città dove vivo, Pavia; supplenza breve, poco più di un mese, ma per iniziare mi andava benissimo: io, laureato a metà luglio, a fine settembre ero stato chiamato per iniziare a lavorare a scuola, a insegnare le “mie materie”, Italiano e Storia. Sognavo questo momento fin da quando ero piccolo, fin da quando mi divertivo a dare i voti ai giocatori e agli arbitri nelle partite di calcio: pensate, ero talmente fissato che mi ero fatto perfino un “registro” su un quaderno, e mi mettevo perfino a firmare i voti immaginandomi il “professore” dei giocatori o degli arbitri (sì, certo, mi divertivo con poco).

Quando arrivano questi momenti, non hai neanche il tempo bene di realizzarli fino in fondo: nel mio caso specifico, sono stato chiamato alle 14.30, e invitato a presentarmi l’indomani alle 7.45 per la presa di servizio alla scuola: alle 8.00 sarei entrato in classe a fare lezione. Sapevo le classi solo perché le avevo viste sul sito internet della scuola, ma non sapevo nulla di ciò che dovevo fare: programmi, materia, organizzazione, libri di testo…nulla. Nulla. “Vai in classe e presentati” mi era stato detto… ma potevo “sprecare” in questo modo un giorno così tanto importante per la mia vita? Giammai l’avrei fatto, per almeno tre ragioni: innanzitutto, non volevo dare un’impressione di fancazzista ai miei primi studenti, passando un’ora, la prima ora con loro (e si sa che l’impatto è molto importante), a parlare del nulla; poi, non volevo sprecare così il mio tempo: avendo solo un mese, avevo pensato di affrontare questo periodo come una sorta di “corso monografico” universitario, spiegando uno o più argomenti e poi verificandoli, esattamente come si fa in università, per dare una sorta di coerenza al mio percorso (ma come farlo se non sapevo nulla del programma? – soltanto il giorno dopo scoprii che la collega mi aveva lasciato un foglio con alcune più o meno dettagliate informazioni da seguire); infine, appunto, essendo un momento così “importante” per me (la prima lezione della mia vita), non mi andava assolutamente di sprecarlo così, in quattro chiacchiere. Alla fine, scelsi di commentare tre testi differenti, con l’obiettivo di illustrare ai ragazzi i differenti usi e registri linguistici dell’italiano di oggi in testi completamente diversi fra loro: una prosa letteraria (elaborata, colta, moderna ma anche molto brillante e originale, tale che potesse in qualche modo colpirli), un testo di canzone (un brano di Salmo, interprete che sicuro conoscono e apprezzano a quell’età) e una chat di WhatsApp (partendo dal presupposto che tutti i ragazzi usano questo mezzo).

Concluso il mese di supplenza, le cose sono sicuramente cambiate rispetto a quella prima lezione: ormai avevo conosciuto tutti i ragazzi, li avevo valuti, avevo instaurato con quasi tutti loro un bellissimo rapporto, ambientandomi sia nelle classi che con i colleghi. L’ultima lezione però, nondimeno dalla prima, come immaginavo, portava anch’essa con sé un importante carico emotivo, anche se differente dalla prima: come obiettivo, decisi per l’ultima lezione di “lasciare” qualcosa ai ragazzi, una sorta di messaggio. Dunque, esattamente come la prima, anche l’ultima lezione andava “pensata”, anzi, studiata quasi a tavolino. Forse sarà per via della mia formazione da uomo di spettacolo, ma in qualche modo volevo che quest’ultima lezione fosse teatrale, d’impatto, molto scenica. Da subito mi venne in mente di presentare una canzone (sfruttando il fatto che in questa scuola in quasi ogni aula è presente una Lim, lavagna multimediale – ai miei temi non era neanche lontanamente immaginabile una tale tecnologia!!!!), e non ebbi alcun dubbio: il brano doveva essere Sogna ragazzo, sogna di Vecchioni, l’ideale da dedicare ai “primi ragazzi” di (si spera) tanti, una sorta di messaggio di speranza e di fiducia nei loro confronti. Non so perché non mi venne in mente nessuna canzone di Claudio. Forse anche io sono stato vittima del pregiudizio che vige su di lui in ambito accademico e scolastico, ma non credo: a maggio di quest’anno all’interno del corso di Forme di poesia in musica all’Università di Pavia, come assistente del professor Paolo Jachia avevo spiegato e analizzato nel dettaglio Fotografie; poi, potevo avere io un pregiudizio su Claudio, io che avevo scritto su di lui due tesi di laurea, io che mi ero presentato a un convegno internazionale a parlare della sua scrittura, io che ho scritto un saggio in difesa della sua figura rispetto alla critica accademica ancora reticente a definirlo cantautore? Beh, nonostante questo, a Claudio non avevo pensato per nulla.

Accade in un attimo, come in un flash. Mi mancava la lezione nell’ultima classe, l’ultima lezione della mia supplenza: la classe era una seconda, a cui mi ero particolarmente legato (l’insegnante non deve fare preferenze, ma il feeling, quando scatta, scatta, e quando non scatta, non scatta); per la precisione, stavo camminando nel corridoio mentre mi avvicinavo nella loro aula, e come un fulmine mi è arrivato nella mente un pensiero: ma se facessi ascoltare loro La vita è adesso?Non avevo pronto nulla: non avevo stampato il testo (mentre l’avevo fatto con la canzone di Vecchioni), né avevo il tempo di farlo; non sapevo bene come commentarla (mentre invece il commento a Vecchioni l’avevo preparato nel dettaglio: l’ultima lezione doveva essere una lezione “vera”, non solo una chiacchierata, esattamente come la prima), insomma, non ero pronto. Eppure quel flash mi venne istantaneo, come una sorta di illuminazione: ero sicuro che quella canzone avrebbe avuto qualcosa da dire a quei ragazzi di Seconda del Grafico che nel giro di un mese erano diventati anche i “miei ragazzi”.

E così andò, in effetti. Dopo aver spiegato, ascoltato, letto e commentato Vecchioni, venne la volta di Claudio: alla Lim proiettai il video dell’Arena,daAl Centro, scelta non completamente felice, perché purtroppo alcune parole si persero nell’ascolto di un audio non proprio perfetto, anche se la performance venne senza dubbio apprezzata (nonostante l’immensa lontananza rispetto ai gusti degli adolescenti del 2019).

Poco dopo, smartphone in mano, ho chiesto ai ragazzi di recuperare il testo, che ho riletto recitandolo ad alta voce. Durante il mio mese di supplenza avevo letto di tutto: Grossman, Pessoa, Cicerone, Kafka, Svevo, Collodi, la Rowling, Bilenchi, Foscolo, Aretino, Parini, Baldini e altro che senza dubbio ora mi sfugge, ma l’emozione che ho provato nel leggere i versi di Claudio (e anche quelli del professor Vecchioni) è stata unica. Alzati gli occhi, ho visto le facce dei ragazzi visibilmente commosse su quel «non lasciare andare un giorno / per ritrovar te stesso».

E allora ho capito. Ho capito perché mi era venuto quel flash, perché avevo avuto proprio quell’illuminazione, e perché avevo scelto di spiegare e commentare quel testo, anzi, scegliendolo e offrendolo come saluto finale della mia esperienza in classe. Perché i ragazzi a quell’età tendono a «buttarsi via in sere qualunque», anche se in realtà sono tutti «figli di un cielo così bello»; perché hanno bisogno di sentirsi dire da noi adulti che «sono loro che porteranno l’amore per cento e mille strade», e che non devono avere paura, perché «non c’è mai fine a un viaggio / anche se un sogno cade»; che la vita è bella anche quando «piove sopra i tavolini dei caffè all’aperto», ma non bisogna mai dimenticarsi di chiedersi «chi sei tu»; che la vita va vissuta tutta, dai «mattini più leggeri» fino ai «pomeriggi appena freschi» e al «tramonto», senza mai distogliere lo sguardo dai «cieli smarginati di speranza / e di silenzi da ascoltare», quei cieli e quei momenti che ti fanno sorridere e cantare, e «non sai perché». Ecco perché ho provato a spiegare La vita è adesso. M., collega di sostegno con la quale ho lavorato molto bene, mi guarda e mi fa: «Ma questa non è una canzone, è un poesia! Hai capito Baglioni?Mica è solo quello della “maglietta fina”». Eh no, M., non lo è, per niente. E questo è ancora niente!

Da quest’esperienza ho capito almeno due cose sull’insegnamento della canzone in classe.

  1. Bisogna farla arrivare ai ragazzi, che non devono percepirla come qualcosa di vecchio, ma come qualcosa di “attuale”. Così, solo così sono riusciti a “capire” il brano e ad entrarci dentro, attraverso una comunicazione totalmente emotiva: sarebbe bello che fosse così anche per la storia e per la letteratura.
  2. Se nel pomeriggio diversi ragazzi hanno condiviso su Instagram le note de La vita è adesso (e del brano di Vecchioni), un grande risultato è stato raggiunto: giovani dai 14 ai 16 anni hanno scoperto che esiste questo brano e che esiste un autore che fino a pochissimo prima forse avevano solo sentito vagamente nominare; soprattutto, che oltre a Galhi, Capo Plaza e Marrakesh, esistono i cantautori, che non sono mummie lontane, ma uomini come noi, che ci parlano attraverso la semplice ma nobile arte della canzone.

Insomma, spiegare La vita è adesso in classe non solo è stato un successo, ma è stato pure bellissimo, decisamente utile e, per me, il coronamento di un piccolo sogno, all’interno di un sogno più grande. Un piccolo grande sogno, direi. Tornando a casa, nonostante la tristezza per la fine della supplenza, mi sono messo a cantare sorridendo. Ma, questa volta, a differenza di quanto dice Claudio nella canzone, il perché io lo sapevo benissimo.

Luca

Luca Bertoloni

Nato a Pavia nel 1987, professore di Lettere presso le scuole medie e superiori, maestro di scuola materna di musica e teatro e educatore presso gli oratori; svolge attività di ricerca scientifica in ambito linguistico, sociolinguistico, semiotico e mediologico; suona nel gruppo pop pavese Fuori Target, per cui scrive i brani e cura gli arrangiamenti, e coordina sempre a Pavia la compagnia teatrale amatoriale I Balabiut; è inoltre volontario presso l’oratorio Santa Maria di Caravaggio (Pv), dove svolge diverse attività che spaziano dal coro all’animazione.

6 Commenti

  1. Bravissimo! Sarebbe stato un peccato non averlo fatto. Sarà che ascoltando Claudio da sempre le sue canzoni ormai mi appartengono e questa, che è uscita ed ho amato quando avevo proprio la loro età, è una di quelle “un po’ di piu”, ma mi riempie di gioia sapere che questi ragazzi abbiano avuto l’opportunità di conoscere ed approfondire una delle opere più belle del nostro poeta, lo dico da una vita io che è un poeta…
    E quando il professore oltre a spiegare riesce a coinvolgere, appassionare e ad emozionare… (sai che non mi meraviglierei se a questo punto qualcuno di loro fosse in attesa di farsi un bel regalo con il nuovo disco?) cos’altro dire, ha fatto centro!
    Complimenti Luca, la partenza è stata ottima, e adesso avanti così, “per cento e mille strade”…

  2. Cosa vuoi che ti dica, mi sono commossa, anche conoscendo Claudio e le sue canzoni da decenni e amandole, sei riuscito a farmi riflettere. Complimenti, sarai sicuramente un grande insegnante. Bravo. Grazia.

  3. Ciao Luca! Bravo e preparato! Anche mia figlia ha avuto un professore di italiano che si è ispirato a Claudio. Ha dovuto presentare una tesina, ovviamente è stata la migliore perché aveva più dettagli… È inutile dire che ci ho messo lo zampino.

  4. Grazie, Luca, per questa magnifica testimonianza, per aver voluto condividere questa tua splendida esperienza.
    Grazie per la tua dinamica creatività nell’intraprendere un tanto fondamentale impegno professionale e per tenere in primo piano l’importanza di ciò che puoi “produrre” negli animi di chi sta nelle tue classi.
    Ti confesso che, non a scuola, ma in classi di catechismo, già al tempo dell’uscita di La vita è adesso, anch’io mi son trovata in situazioni “estreme”, con 35-40 ragazzi di scuola media da gestire e….ho “ripiegato” sull’analisi di alcuni dei testi di quell’album, dando anche una sfumatura religiosa oltre che calando sui valori umani. Ero partita con Un treno per dove….. Prova ad immaginare….
    Beh, sono passati decenni e, ti dico che qui ragazzi e finanche i loro genitori, ricordano quelle ore con me con tanta nostalgua e rimpiangono ancora adesso, che hanno i figli che frequentano catechismo…..
    Quindi sta’ pronto, perché avrai “strascichi” di queste tue lezioni per il resto della tua esistenza!
    Tant’è buone cose per tutto!

    1. Bravo Luca..nel leggerti mi immedesimavo…quest’anno ho avuto il mio primo incarico in un liceo classico..un incarico delicato…sostegno, e anch’io mandata in classe ho avuto il timore di non essere all’altezza..e anch’io ho cercato ispirazione nei testi di Claudio…mi piacerbbe trovare il titolo di un progetto in cui è coinvolto il mio alunno proprio nelle sue canzoni..

  5. Come già ho avuto modo di scrivere ho fatto di questo brano la mia filosofia di vita. Nulla da togliere alla tua capacità e professionalità nel fare insegnamento caro Luca ma basare una lezione su testi come questo non è difficile, è inoltre eccitante e sicuramente coinvolgente per orecchie anche se giovani. Come dicevo “La vita è adesso” è un dogma filosofico, un approccio dell’essere rispetto al mondo che lo circonda. Tra chi ci dice che è importante guardare al passato (giusto) e chi ci mette in guardia per un futuro sicuro c’è una Vita da godersi al presente, che sia nella tenera aria della sera o nella pioggia battente sul tavolo di un bar, che sia nella consapevolezza di un cielo limpido e bello o in un sogno appena svanito.

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